(Tratto da GSA n7/, luglio 2012)
A fine aprile la legge n.44/2012, convertendo il Dl 16 del 2/3, ha chiarito che la responsabilità solidale sia da estendersi anche ai versamenti all’Erario. Ma qualche perplessità resta sempre…
Ed eccoci all’ennesimo “sequel” di quella che ormai ha assunto i contorni di una telenovela le cui puntate si susseguono a cadenza quasi regolare: ancora una volta torniamo sul tema della responsabilità solidale, per dare conto delle ultimissime in materia. In particolare, a fine aprile è uscita in GU una legge che prevede che la responsabilità solidale venga estesa anche ai versamenti all’Erario.
Prima gli stipendi, i contributi, l’Inail e il Tfr…
Riassunto dell’ultima puntata, recuperabile per intero sul numero di maggio (GSA n. 5, 2012): nel Supplemento ordinario n. 27 alla Gazzetta Ufficiale n. 33 del 9 febbraio scorso è stato pubblicato il Decreto Legge 5 del 9/2 recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”. Il Decreto all’articolo 21 tocca il tema della responsabilità solidale negli appalti ridefinendo e precisando l’ambito di validità della responsabilità in solido. Vi si prevede la seguente formulazione: In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Oltre ai contributi previdenziali, la responsabilità solidale si deve cioè intendere estesa ai premi assicurativi (Inail) dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto. Analogo discorso va fatto per il Trattamento di fine rapporto connesso alla prestazione svolta. Ma c’era un’altra novità, forse ancora più determinante, presente nella versione definitiva del Dl Sviluppo. Lo scorso 4 aprile, la legge 4 aprile 2012, n. 35 (in G.U. n. 82 del 6 aprile 2012 – Suppl. Ord. n. 69) ha convertito in legge, con modificazioni, il dl 9 febbraio 2012, n. 5. Tra le suddette modificazioni, occorre segnalare una migliore e più completa definizione della responsabilità solidale negli appalti in caso di inadempimento. All’articolo 21, al comma 1, capoverso, sono aggiunti infatti i seguenti periodi: “Ove convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore, il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di entrambi gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore. L’eccezione può essere sollevata anche se l’appaltatore non è stato convenuto in giudizio, ma in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare i beni del patrimonio dell’appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi. Il committente imprenditore o datore di lavoro che ha eseguito il pagamento può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali”. Veniva cioè definito un ordine di priorità per la responsabilità solidale negli appalti: prima l’appaltatore e solo dopo di lui il committente. Infatti, quando sia chiamato in causa con l’appaltatore per il pagamento di debiti relativi alla manodopera, il committente potrà chiedere la preventiva escussione del patrimonio del coobbligato; in tal caso, l’azione esecutiva nei suoi confronti potrà avvenire solamente nell’ipotesi di infruttuosa escussione.
… e ora anche Iva e Irpef
E ora arriva un’ulteriore novità: In GU n.99 del 28-4-2012 – Supplemento Ordinario n. 85 è uscita la Legge n. 44 del 26 aprile 2012, che converte in legge, con modificazioni, il Dl 2/3/2012 recante disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento. La conversione in legge del sopracitato decreto fiscale 16/2012, infatti, prevede all’articolo 2, comma 5 bis, la sostituzione del comma 28 dell’articolo 35 del Dl 135/2006. Ecco di seguito il testo della modifica:
“5-bis. Il comma 28 dell’articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e’ sostituito dal seguente:“In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, al versamento all’erario delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e dell’imposta sul valore aggiunto scaturente dalle fatture inerenti alle prestazioni effettuate nell’ambito dell’appalto, ove non dimostri di avere messo in atto tutte le cautele possibili per evitare l’inadempimento”.
Le nostre impressioni
Dopo quest’ultimo atto, quindi, il quadro è completo (e… complicato!). Cerchiamo dunque di fare chiarezza, per quanto possibile. Partendo da un presupposto: nel metaforico “gioco a tre” fra ditta appaltante, impresa appaltatrice e dipendente di quest’ultima, la responsabilità solidale dovrebbe andare nella direzione (se non ne stiamo travisando lo spirito di fondo) di tutelare quest’ultimo, che è l’anello più debole della catena. Vediamo se, alla luce dei più recenti cambiamenti, le cose stanno di fatto così.
Ora, ripartiamo dai mesi scorsi, quando la responsabilità solidale fu nuovamente ridefinita e si precisò l’ordine di escutibilità: risultano inclusi nella responsabilità in solido i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto. Nel caso di “infedeltà” dell’impresa appaltatrice, si prevede poi che il datore di lavoro possa eccepire il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di entrambi gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore. Al committente, anzi, spetterebbe addirittura il compito di verificare le disponibilità dell’appaltatore. Tutto ciò, commentammo (e ribadiamo), non fa che rendere più complicata la situazione, allungando i tempi di risoluzione del contenzioso a tutto detrimento del lavoratore stesso, che coi tempi della giustizia italiana non potrebbe verosimilmente ottenere le spettanze se non dopo anni di botta e risposta nelle aule di tribunale.
E oggi anche l’Iva e l’Irpef finiscono nel mirino delle modifiche alla legge: premesso che questi aspetti non hanno direttamente a che fare con il lavoratore, e che quindi ci sembra che l’Erario si preoccupi più che altro di tutelare un proprio credito (interpretando latamente, per dirla così, lo spirito della responsabilità solidale), la situazione si complica ulteriormente. Giusto un esempio: poniamo che l’appaltatore “infedele” incassi l’Iva dal committente e non la paghi all’Erario. E immaginiamo che questo appaltatore lavori, come di fatto succede, per una pluralità di committenti, dai quali incassa l’Iva: ora, nel caso di evasione parziale dell’Iva, sarebbe complicato risalire a quale Iva sia stata sottratta, e in che misura. In pratica: se l’impresa A lavora presso i committenti B e C ed evade il 50% dell’Iva dovuta all’Erario, come verificare se si tratti dell’Iva relativa al rapporto con B o di quella di C? Tutto questo mentre, sia detto per inciso ma non troppo, come spesso succede in Italia le regole sembrano valere, di fatto, soltanto per il cliente privato e non nel caso di commesse della Pubblica Amministrazione.
Più attenzione nella scelta dei fornitori
Qual è il punto, quindi? Il punto è che, ben lungi dal semplificare le cose, le nuove formulazioni sembrano al contrario complicarle un po’ per tutti. Preoccupante è il fatto che, comunque la si guardi, aumenta il rischio che le aziende private che appaltano si assumono nel momento in cui scelgono un fornitore. Il che spinge le aziende stesse a pretendere, da parte del fornitore, ingenti fideiussioni a garanzia del rischio.
Va detto, d’altra parte, che la nuova formulazione della responsabilità solidale potrebbe anche, se ben interpretata e correttamente applicata, avere ricadute positive. Una risposta virtuosa, ad esempio, potrebbe partire dalla committenza stessa, che in luogo di pretendere fideiussioni a volte in modo arbitrario e, diciamolo, vessatorio, dovrebbe premurarsi di selezionare fornitori solidi, seri, presenti da anni sul mercato e che lavorino a prezzi congrui e non al massimo ribasso. Sempre che, ribadiamo, il comportamento del committente non assuma rilevanza penale, in barba ai codici etici aziendali e alle normative sulla responsabilità d’impresa.
Umberto Marchi