(tratto da “GSA” n. 5, Maggio 2010)
A distanza di più di sei mesi torniamo ad occuparci di responsabilità solidale e Documento Unico di Regolarità Contributiva, di seguito DURC, argomenti che ormai costituiscono un appuntamento fisso (è già la sesta volta!) di questa nostra rubrica.
Occorre subito notare una evoluzione significativa: dopo un periodo iniziale in cui l’approfondimento traeva origine da un’evidente sovrapproduzione legislativa, gli ultimi contributi fortunatamente intendono limitarsi a commentare – sempre ben accetti – chiarimenti ministeriali in materia.
In questo caso, l’occasione è stata fornita da una risposta ad interpello fornita – in data 2 aprile 2010 – dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, ad istanza della Confederazione Libere Associazioni Artigiane Italiane (C.L.A.A.I.), secondo la procedura prevista dall’art. 9, d.lgs. 124 del 2004.
In particolare, l’Interpello in esame – rubricato al n. 3/2010 – interviene su una problematica di grande interesse: la definizione dell’ambito oggettivo della responsabilità solidale[1].
Ma andiamo con ordine.
La risposta vale a chiarire – in modo si spera definitivo – l’ambito oggettivo della responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore.
Com’è noto, una estesa forma di responsabilità solidale era stata introdotta dall’art. 35, commi 28-34, d.l. 223 del 2006, c.d. decreto Bersani, il quale aveva integrato quanto disposto dall’art. 29, comma 2, d.lgs. 276 del 2003, c.d. legge Biagi.
Successivamente, il legislatore, con il comma 8 dell’art. 3, d.l. 3 giugno 2008 n. 97, ha abrogato i commi da 29 a 34 dell’art. 35, d.l. 223 del 2006, nonché subitaneamente il decreto ministeriale 74 del 2008 che implementava la normativa abrogata.
La disciplina attualmente vigente è, pertanto, la seguente.
E’ vigente il comma 28 dell’art. 35 del decreto Bersani, il quale prevede che “l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore della effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a cui e’ tenuto il subappaltatore”.
E’ inoltre in vigore il già citato comma 2 dell’art. 29, della legge Biagi, il quale prevede che “in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”.
Graficamente, la situazione può riassumersi nel seguente modo:
Responsabilità solidale | Committente | Appaltatore | Subappaltatore | Norma |
Retribuzione | Sì, nel limite di 2 anni | Responsabilità diretta o solidale entro 2 anni | Responsabilità diretta | Legge Biagi |
Contributi previdenziali | Sì, nel limite di 2 anni | Responsabilità diretta o solidale | Responsabilità diretta | Legge Biagi |
Ritenute fiscali | No | Responsabilità diretta o solidale | Responsabilità diretta | Decreto Bersani |
Contributi assicurativi | No | Responsabilità diretta o solidale | Responsabilità diretta | Decreto Bersani |
Il chiarimento, pertanto, non riguarda i soggetti coinvolti – che continuano ad essere committente ed appaltatore in uno schema di appalto bipartito e committente, appaltatore e subappaltatore in uno schema tripartito – e neppure le dinamiche operative e temporali della solidarietà, bensì, opportunamente, l’oggetto della solidarietà.
In breve, l’interpellante richiedeva se, oltre che gli oneri retributivi, contributivi e fiscali previsti dagli artt. 29, comma 2, legge Biagi e 35, comma 28, decreto Bersani, la responsabilità si estenda anche a somme aggiuntive quali “interessi, sanzioni civili e/o oneri accessori ed eventuali sanzioni amministrative connesse all’inadempimento contributivo o fiscale”.
Il quesito è invero interessante.
Non di rado, infatti, l’inadempimento dell’obbligato principale è collegato all’insorgere di un debito – retribuiti, contributivo e fiscale – e di somme a tale debito legati da vincoli di accessorietà.
Si pensi, infatti, in ambito fiscale agli interessi sulle ritenute ovvero, in ambito contributivo, alle sanzioni c.d. civili, per i casi di omesso o ritardato versamento dei contributi il cui regime è contenuto nell’art. 116, comma 8 e ss., l. 388 del 2000.
Altre somme collegate al debito principale sono gli oneri accessori – quali per esempio aggio per riscossione – e sanzioni amministrative, tipicamente quelle previste dal decreto legislativo 471 del 1997 in tema di omesso versamento di ritenute fiscali.
Ebbene, la posizione ministeriale in merito all’estendibilità della solidarietà a tali somme è, invero, articolata.
In particolare
– con riferimento agli interessi, il Ministero afferma la sussistenza del regime di solidarietà, in quanto “trattasi di somme dovute in stretto rapporto con gli stessi debiti previdenziali o fiscali, volte a mantenere inalterato il valore reale di quanto dovuto alle Amministrazioni”;
– con riferimento alle sanzioni civili, l’interpello giunge alla medesima conclusione in stante “l’evidente natura risarcitoria” anche di tali somme;
– con riferimento ad altre tipologie di sanzioni e/o oneri accessori, invece, il Ministero fornisce una risposta negativa, ritenendo impossibile “ricostruire un regime di solidarietà tra i componenti della filiera, se non nei casi espressamente previsti dal Legislatore”.
Chiariamo subito che la posizione ministeriale non è del tutto convincente.
E se – infatti – l’esclusione della solidarietà con riferimento alle sanzioni amministrative appare condivisibile, non del tutto appagante ci sembra la motivazione qui espressa.
In particolare, secondo il Ministero, le somme dovute a titolo sanzionatorio sarebbero escluse “dalla ratio di garanzia del lavoratore che presiede alla disciplina in esame”, laddove le sanzioni sarebbero “riconducibili, invece, ad un inadempimento nei confronti della Pubblica Amministrazione”.
In effetti, invece, l’estendibilità della solidarietà alle sanzioni amministrative è preclusa – sic et simpliciter – dalla presenza del principio di legalità previsto in tale ambito dall’art. 3, d.lgs. 472 del 1997.
Sotto altro aspetto, invece, proprio il richiamo ad un interpretazione teleologica della norma appare in conflitto con l’estensione della solidarietà – operata dal Ministero – ad interessi e sanzioni civili.
Se la ratio della norma è, infatti, la tutela degli interessi dei lavoratori, non si comprende allora perché l’obbligato solidale dovrebbe versare anche interessi e sanzioni civili.
La verità è che, sotto questo profilo, è proprio inclusione di interessi passivi e sanzioni civili nel vincolo solidale a non essere condivisibile.
L’interesse dei lavoratori è, infatti, tutelato nel momento in cui il coobbligato solidale ripiana il debito non assolto dal coobbligato principale, laddove appare evidente come le altre componenti mirino a tutelare esclusivamente gli interessi degli enti creditori.
E’ manifesto, infatti, come gli interessi tutelino l’integrità patrimoniale – lesa dal trascorrere del tempo – del credito vantato dagli enti pubblici laddove le sanzioni civili si caratterizzino esclusivamente come componente di natura affittiva[2].
Ma l’estensione della solidarietà ad interessi passivi e sanzioni civili si scontra, in verità, anche con un altro ostacolo di carattere sistematico.
Interessi e sanzioni civili, infatti, decorrono dal momento di inadempimento dell’obbligato principale, momento che è evidentemente sconosciuto e non passibile di controllo da parte dell’obbligato solidale (che magari viene a sapere del vincolo solidale due anni dopo).
In questo senso, non solo si addossano all’obbligato solidale oneri che nascono direttamente dal comportamento dell’obbligato principale, ma si finisce con il discriminare tra obbligati solidali tempestivamente informati (che quindi possono versare meno interessi e sanzioni ridotte) e obbligati solidali non informati (che quindi pagheranno interessi e sanzioni maggiori).
Economicamente, infine, tale interpretazione finirà con il costringere gli obbligati solidali a pretendere clausole fideiussorie – passi già comune in questo settore – che comprendano anche eventuali interessi passivi e sanzioni civili, con conseguente maggiore onerosità del rapporto fideiussorio anche in capo di appaltatori diligenti.
[1] Il secondo argomento – relativo ai requisiti di rilascio del DURC in capo al debitore in solido – sarà trattato in separata nota.
[2] Tale critica è, peraltro, condivisa anche dalla Fondazione studi dei Consulenti del Lavoro nella Circolare 7 del 22 aprile 2010.
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Scomposto “l’effetto domino” – Ancora chiarimenti sul Durc
Il chiarimento del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali in data 2 aprile 2010 ha, però, interessato – sia pur brevemente – anche un altro tema: quello del Documento Unico di regolarità Contributiva, detto DURC.
Com’è noto, il DURC – la cui disciplina applicativa è ora contenuta nel decreto ministeriale 24 ottobre 2007 – è l’attestazione dell’assolvimento, da parte dell’impresa, degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di INPS, INAIL e Cassa Edile.
In particolare, il DURC è obbligatorio per tutti gli appalti e subappalti di lavori pubblici, come anche, per i lavori privati soggetti al rilascio della concessione edilizia o alla DIA, per le attestazioni SOA.
Il DURC, pertanto, attesta la regolarità dei versamenti dovuti agli Istituti previdenziali e, per i datori di lavoro dell’edilizia, la regolarità dei versamenti dovuti alle Casse edili: in estrema sintesi, si può affermare che solo chi è in regola con gli obblighi contributivi può svolgere determinate attività.
Ebbene, la risposta all’interpello qui in esame analizza, brevemente, la problematica del rilascio del DURC nei casi di responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore prevista dall’art. 35, commi 28-34, d.l. 223 del 2006, c.d. decreto Bersani, il quale aveva integrato quanto disposto dall’art. 29, comma 2, d.lgs. 276 del 2003, c.d. legge Biagi.
Concretamente, l’inadempimento sotto il profilo contributivo dell’obbligato principale ha due effetti:
– costituisce causa ostativa nei suoi confronti per il rilascio del DURC;
– costituisce titolo per l’azione di tutela solidale nei confronti dei coobbligati.
In uno schema bipartito (committente e appaltatore), pertanto, l’inadempimento dell’appaltatore nel versamento dei contributi previdenziali preclude a quest’ultimo l’ottenimento del DURC e determina l’insorgere dell’obbligazione solidale in capo al committente.
In uno schema tripartito (committente, appaltatore e subappaltatore), l’inadempimento del subappaltatore nel versamento dei contributi previdenziali preclude a quest’ultimo il rilascio del DURC e determina l’insorgere dell’obbligazione solidale in capo agli altri due soggetti.
Nell’istanza qui in esame, invece, era stato chiesto un chiarimento ministeriale circa la possibile esistenza di un “effetto domino” sul DURC.
Si chiedeva, insomma, se l’inadempimento dell’obbligato principale determinasse la preclusione al rilascio del DURC non solo di tale soggetto, ma anche degli altri soggetti eventualmente obbligati solidali.
In altri termini, in tale interpretazione l’esistenza del vincolo di solidarietà comporterebbe che l’inadempimento da parte di un soggetto dello schema negoziale avrebbe determinato un effetto preclusivo nei confronti di tutti i soggetti dello stesso schema, con evidente effetto rafforzativo relativamente all’aspetto indirettamente sanzionatorio del vincolo di solidarietà.
Ebbene, secondo il Ministero, tale interpretazione sarebbe da rigettare, posto che “il d.m. 24 ottobre 2007, nell’Allegato A, elenca le disposizioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro, la cui violazione è causa ostativa al rilascio del Documento escludendo le ipotesi esaminate”.
In altri termini, la “sanzione impropria” determinata da vincolo di solidarietà con riferimento al DURC – c.d. effetto domino – non è prevista legislativamente e, pertanto, costituirebbe una inaccettabile interpretazione estensiva di stampo analogico.
La posizione del Ministero appare, in questo caso, del tutto condivisibile.
E non perché tale interpretazione attenui i vincoli di solidarietà (che invece svolgono la funzione di limitare il ricorso al dumping contributivo mediante subappalto), ma per meri motivi di ordine sistematico.
L’inadempimento dell’obbligato principale, infatti, è rilevato immediatamente dal DURC, laddove la responsabilità solidale è attivata solo su richiesta di parte (ed entro due anni nel caso del committente).
In altri termini, applicare l’effetto domino sul DURC significherebbe applicare una sanzione impropria nei confronti di un soggetto che tecnicamente potrebbe essere inconsapevole della propria posizione di obbligato in via solidale e, pertanto, del tutto incolpevole, anche in via mediata.
Più logico sarebbe prevedere come causa ostativa al rilascio del DURC l’inadempimento dell’obbligato solidale successivo all’esperimento del vincolo di solidarietà.
In questo caso, si contempererebbero i differenti interessi: la tutela rafforzata nei confronti dei meccanismi di regolarità contributiva ed i principi di certezza e conoscibilità che debbono necessariamente costituire il fondamento dell’applicazione della normativa in oggetto.