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RCM ancora “in cattedra” per insegnare l’innovazione

La storica azienda modenese ha collaborato con il Politecnico di Milano per il Laboratorio di Sintesi Finale in Design &Engineering. In mostra fino al 25 giugno i progetti realizzati su prototipi RCM da 11 gruppi di studenti coordinati dal professor Francesco Trabucco. Centrale il ruolo di Afidamp, che ha fatto da trait-d’union fra mondo accademico e produzione.

Lavasciuga automatiche a larghezza variabile, gruppi lavanti dal design futuristico e dall’efficienza potenziata, telai ingegnerizzati di ultima generazione, spazzole iper resistenti, batterie al litio per garantire autonomie da favola. E tanto, tanto altro. Chi dice (con buona dose di retorica) che in Italia non c’è collaborazione fra ricerca e produzione, fra mondo accademico e industria, tra teoria e pratica sul campo, e sostiene che in fondo l’università è una cosa e il mondo delle aziende completamente un’altra, farebbe bene a farsi un giro dalle parti del Politecnico di Milano, Campus Bovisa, Scuola del Design. Motivo? Qui, da anni, si coltiva una stretta collaborazione tra il Polimi e il mondo dei produttori di macchine per la pulizia industriale.

Una mostra didattica… ma non troppo

E anche quest’anno accademico che si avvia alla conclusione, il 2011-2012, non ha fatto eccezione. Ilprimo semestre del 2012 ha coinvolto 25 studenti del Laboratorio di Sintesi Finale in Design&Engineering, guidato dal prof. Francesco Trabucco, che hanno sviluppato un brief fornito da RCM. Con questa iniziativa l’associazione intende sottolineare come l’innovazione, ottenuta attraverso la ricerca, sia l’unico strumento efficace per aumentare la competitività delle aziende e affrontare la complessità economica attuale. Al primo piano dell’edificio N, dal 6 al 25 giugno, sono in mostra i progetti e i prototipi che gli studenti della laurea magistrale in Design&Engineering hanno realizzato sulla base di modelli e macchine RCM. Una mostra che vuole essere didattica, e senz’altro lo è, ma che offre anche importanti spunti di riflessione ai produttori. E’ stata la storica azienda emiliana, quest’anno, la co-protagonista del progetto che ha permesso un concreto avvicinamento fra i centri di ricerca e le aziende di produzione. E come prevedeva espressamente l’accordo stipulato tra Politecnico e RCM, infatti, l’azienda modenese avrà l’opportunità di sviluppare le idee in reali progetti industriali ai quali gli studenti stessi potrebbero essere chiamati a partecipare.

Polimi, Afidamp, Rcm: il “triangolo dell’innovazione”
Il 14 giugno, nel corso di un incontro con le testate del settore, il professor Francesco Trabucco, tutor del Corso, i vertici di RCM e i rappresentanti degli studenti hanno tirato le somme del percorso, facendo un bilancio complessivo dell’esperienza: undici, in tutto, sono stati i gruppi di studenti che, partendo dal “concept”, hanno sviluppato veri e propri progetti supportati da studi di fattibilità tecnico-economica e analisi specifiche di componenti. Oltre a Trabucco i docenti coinvolti sono stati Marinella Levi, Barbara Previtali, Roberta Gorno e Claudio Bellotti, mentre Sara Colombo, PhD candidate, ha seguito i lavori dei singoli gruppi. Da sottolineare anche l’importante ruolo di Afidamp, che come sempre si è fatta mediatrice tra il centro di ricerca (in questo caso la Scuola Design del Politecnico, appunto) e le aziende. Stefania Verrienti, segretario di AfidampFab, ha espresso l’auspicio che “sempre più aziende si rendano conto dell’importanza di investire in ricerca, importante fattore di competitività. L’Università è il luogo ideale perché possa svilupparsi innovazione reale e pertanto l’associazione promuoverà anche per il prossimo anno accademico un laboratorio di progettazione che consenta ad altre aziende associate di ripetere l’esperienza di RCM. Purtroppo non tutte le aziende riescono a comprendere appieno quali possano essere i vantaggi strategici che scaturiscono da un’esperienza di questo tipo e con il Politecnico diMilano, riconosciuto come “Università di Eccellenza”. Tra gli obiettivi storici di Afidamp, non a caso, c’è proprio quello di fare innovazione attraverso la ricerca”.

Idee fresche e originali
Comprensibile la soddisfazione di Trabucco e di Riccardo Raimondi, direttore generale di RCM Spa, che hanno mostrato di apprezzare la qualità dei progetti presentati. “Nonostante io abbia la fama di professore severo -ha scherzato Trabucco– sono riuscito a non bocciare nessuno, proprio perché i partecipanti hanno profuso tutto il loro impegno e tutte le loro competenze per fare ottimi lavori”. Con buoni risultati didattici e non solo. “Penso che alcuni dei progetti possano effettivamente offrire spunti concreti ai produttori”. Romolo Raimondi, di Rcm, ha apprezzato la ventata di freschezza e originalità dei progetti: “Forse nessuno dei progetti presentati è pronto all’uso, ma questo non importa. Già il solo entrare qui al Campus significa, per noi imprenditori assillati da mille problemi, respirare un’aria stimolante, piena di entusiasmo, in grado di darci l’ottimismo giusto per guardare avanti. Soprattutto in questi tempi non facili. E poi ho visto buone idee, da cui partire per ulteriori sviluppi progettuali”. Sono quelli meno facili, infatti, i momenti in cui si dovrebbe investire in ricerca e vera innovazione per garantirsi vantaggi competitivi e strategici nel presente e per l’avvenire: “Non l’innovazione fasulla -ha precisato Trabucco-, ossia quella tanto sbandierata ma di fatto vuota di contenuti. Parliamo di un’innovazione concreta, fatta di continua ricerca, di idee, insomma di un percorso costante che parta da solide basi culturali. L’innovazione non è un’idea, ma una conquista il più delle volte faticosa”.

Come si fa vera ricerca?
Innovazione, appunto: la presentazione si è presto trasformata in una preziosa occasione per riflettere su questo concetto spesso abusato, o ridotto a mero strumento di marketing. Qual è la vera innovazione? E come si declina nel nostro settore? Trabucco ha proseguito il ragionamento operando la distinzione fra due tipi di innovazione: “C’è l’innovazione radicale e istantanea, che gli americani chiamano disrupting, quella che fa improvvisamente compiere alle tecnologie, ai prodotti e agli interi settori grandi balzi in avanti, impensabili fino al giorno prima, e c’è poi l’evoluzione continua, fatta di un lento ma inarrestabile cammino di innovazione. Mi sembra di capire che nel settore delle macchine per la pulizia industriale prevalga quest’ultima, e molti sono gli aspetti “innovabili”: oggi su questo tipo di macchine si può fare innovazione sulle tecnologie dei materiali, sull’accumulazione di energia, sull’elettronica, sull’usabilità, sulla resistenza, sull’impatto ambientale: potremo avere, e di fatto stiamo già avendo, macchine più semplici da usare, più sostenibili, più versatili, più resistenti anche nelle singole componenti come le spazzole, in grado di assicurare tempi di lavoro più lunghi e fermi minimi”. Sulla stessa linea si pone Romolo Raimondi, che ha visto l’evoluzione degli ultimi decenni da un osservatorio -si può dire- decisamente privilegiato. “Le innovazioni in grado, da sole, di imprimere un’accelerazione notevole al segmento si contano sulle dita di una mano, e a distanza di decenni. Questo anche perché il nostro mondo muove investimenti infinitesimi rispetto ad altri settori in cui le innovazioni significative si susseguono a ciclo continuo. C’è da dire, però, che le cose piano piano stanno cambiando, e una macchina di oggi non è uguale a un’omologa di dieci o vent’anni fa”.

Tanti i progetti in cantiere per RCM
Davvero molti, e a volte inattesi, gli ambiti sui quali i ragazzi hanno lavorato. Tra i grandi temi di ricerca spicca quello dell’usabilità, con accorgimenti che rendono le macchine ancora più intuitive e facili da impiegare. Si è poi lavorato sull’efficacia delle macchine, cercando di estendere la portata dei gruppi pulenti per arrivare laddove non è semplice giungere con le macchine tradizionali, e sulla loro resistenza, con l’introduzione di sensori in grado di captare gli ostacoli e prevenire l’impatto. Non male anche l’idea di macchine che si “restringono” accorciandosi in fase di trasporto (per consentire un risparmio di spazio); oppure la ricerca sul versante energetico, con la proposta di batterie innovative al litio, comunque sempre semplici da estrarre e sostituire per una più agevole manutenzione. Poi bisogna pensare anche a chi, effettivamente, queste macchine le utilizza: ergonomia, comfort, visibilità, facilità di impiego. “Bisogna ricordare -dicono in RCM- che a volte queste macchine vanno in mano a personale non sempre adeguatamente preparato. Realtà triste, ma vera. E proprio per questo, notizia in anteprima, il Gruppo Macchine di Afidamp presieduto da Riccardo Raimondi sta lavorando a un protocollo per un “patentino” ad hoc per le macchine del cleaning industriale. Bello il commento che, durante la fase di valutazione dei progetti, ha fatto il presidente di RCM Roberto Raimondi: “Abbiamo sempre sostenuto l’importanza di una politica che ristabilisca quella continuità storica tra scuola e azienda che ha fatto crescere le piccole e medie imprese modenesi e che da troppotempo ormai attende un rilancio. Questa nostra convinzione è dimostrata dalla vicinanza all’Ipsia di Maranello da ormai oltre quindici anni, e lo conferma oggi questa esperienza che presto verrà ripetuta con un progetto sulle nuove fonti energetiche in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio”. E alla domanda se si sente di consigliare anche ad altre aziende la collaborazione fattiva con il mondo accademico, Riccardo Raimondi ha scherzato: “È un’esperienza che consiglierei a chiunque, perché rispetto alle indicazioni di sviluppo di alcune caratteristiche delle macchine, il risultato è stato davvero sorprendente. Sì è sentita la voglia di guardare avanti e di proporre soluzioni intelligenti e funzionali, piccole nella loro manifestazione, ma che possono realmente cambiare il modo di operare. Ma prima di tutto… lo riconsiglierei a RCM!”. La strada è ben segnata, ci pare di capire.

Simone Finotti

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