Homeimprese & dealersPanoramica sul cleaning nel mondo: le tante facce della crisi

Panoramica sul cleaning nel mondo: le tante facce della crisi

UK: ama il green cleaning e teme l’informal economy

Anche il Regno Unito condivide la particolarità del mercato tedesco: non esistono contratti collettivi nel settore del cleaning. «La sindacalizzazione – afferma Chris Cracknell, Direttore Generale dell’OCS e tesoriere del WFBSC, avviene appalto per appalto e le relazioni sindacali sono piuttosto rarefatte. Il salario minimo legale si attesta a circa 5,80 sterline/ora che corrispondono a 6,61 euro». La recessione fa decrescere il PIL di 4,9 punti percentuali mentre sale al 7,3% il tasso di disoccupazione; si registra una forte richiesta di abbassamento dei prezzi e le aziende britanniche, pur avendo accesso al credito, fanno fatica a venire incontro alle richieste dei clienti. «C’è poi un aspetto non secondario da considerare – spiega Cracknell. Si è infatti registrato un incremento dell’economia sommersa che  ha raggiunto il 10% delle attività economiche, riscontrando un certo favore anche nel settore della pulizia professionale creando una distorsione nelle dinamiche che regolano la concorrenza di mercato». Parallelamente alle richieste di abbassamento dei prezzi c’è anche una spinta verso le attività sostenibili e la formula del day cleaning, aspetti che peraltro aiuterebbero ad aumentare il fascino di un comparto spesso negletto, che tutt’oggi riscuote ben poco appeal tra le fila degli aspiranti dipendenti. Un veloce accenno anche alla pandemia influenzale A(H1N1) «che  – come ricorda Cracknell –  rappresenta al contempo una sfida ed un opportunità per il settore della pulizia professionale: un’opportunità per diffondere la cultura dell’igiene, per svincolarsi da quel preconcetto banalizzante che svilisce (quando non annichilisce) il ruolo di un comparto che opera in sordina, e talvolta nel disinteresse generale, per il bene della collettività».

Brasile: S.O.S. formazione

Il penultimo intervento vede protagonista il direttore dell’associazione brasiliana del cleaning FEBRAC, Adonai Arruda, che descrive un paese in cui il sindacato è molto forte e può contare su un’altissima percentuale di affiliati (70% ed in costante crescita) e con cui il settore si mantiene in ottimi rapporti. Il salario minimo garantito è di 1,20 dollari/ora che equivalgono a 0,83 euro me è in costante incremento; i ritardi medi nei pagamenti variano dai 15 ai 30 giorni. Anche in Brasile la  clientela spinge per costi inferiori ma soprattutto richiede un generale innalzamento qualitativo del servizio reso. «Al momento c’è un clima fortemente competitivo – spiega Arruda – e i clienti richiedono costi sempre più bassi. Per garantirli è necessario aumentare la produttività, intervenendo sulla formazione del personale non qualificato ed offrendo possibilità di formazione complementare agli addetti già specializzati. La formazione è l’unica premessa per la professionalizzazione e noi stiamo seguendo un percorso che vada in questa direzione».

Francia: tanta scuola di pulizia e un sindacato…emancipato

Gli ultimi a prendere la parola sono Carole Sintès, e Yves Cambay, due rappresentanti dell’associazione del cleaning francese FEP. La prima ci introduce al discorso sul sistema formativo francese, di cui GSA riporta in altra parte di questo numero (vedi  pag. ). Attualmente sono 6.000 i ragazzi in formazione, che tra qualche anno saranno i tecnici ambientali di domani. Dalle parole della Sintès emerge un profilo particolare del sindacato francese che, nonostante goda di una bassa rappresentatività (2%), s’impegna a negoziare non solo  sulle questioni prettamente salariali ma anche sui temi di interesse generale, come il trasporto, i termini dei periodi di prova, l’impiego giovanile, la formazione e naturalmente salute e sicurezza.

L’era del quarto d’ora

Cambay mette in luce come in Francia il comparto del cleaning abbia saputo assecondare i clienti nel momento di difficoltà molto meglio di altri comparti. Il sindacato francese lotta strenuamente per l’abolizione del part-time, che tuttavia rimane lo zoccolo duro tra le formule d’impiego. Inoltre, il contratto di Multiservizi applicato in Francia sul modello italiano ha permesso l’ulteriore sviluppo delle imprese di pulizia che, grazie alle loro dimensioni (le prime due con circa 50.000 dipendenti a testa), non sono intermediate dalle società di Facility Management. Si registra una lieve flessione verso l’insourcing ma, come afferma Cambay «i casi in cui si ritorna all’autoservizio nel privato sono da considerarsi  provvisori e finalizzati al recupero del personale interno all’azienda». Infine Cambay propone un’interessante spunto di riflessione in merito all’evoluzione dell’organizzazione del lavoro nel comparto: «Per risolvere le problematiche connesse all’ottimizzazione di tempi e costi è necessario entrare nell’ era del quarto d’ora: solo le imprese che riusciranno ad avere una gestione approfondita ed integrata del lavoro saranno infatti in grado di assicurare costantemente gli utili alla propria azienda. è importante dunque puntare sulla formazione del proprio personale, un addestramento declinato ai vari comparti di mercato (scuola, sanità etc.) che insegni agli operatori come disciplinare le operazioni generali di pulizia, dai preparativi da svolgere nella fase pre-lavorativa alle operazioni di riordino e pulizia a lavoro ultimato». Solo codificando quali siano le operazioni di pulizia più importanti e in che ordine debbano essere eseguite, si insegnerà all’addetto a gestire, anzi ad ottimizzare il tempo a sua disposizione, senza inficiare la qualità del servizio.

Diversi paesi…stessi problemi

L’evento è stato un successo che ha riscontrato un grande favore di pubblico: oltre 120 rappresentanti hanno apprezzato lo sforzo congiunto delle due federazioni e già chiedono conferma del prossimo incontro, che si svolgerà in Nuova Zelanda presumibilmente tra l’autunno venturo e il gennaio 2011. «Ad ogni modo – conclude Lill – dal dibattito sono emersi due punti importanti:  innanzitutto che le sfide da affrontare sono molto simili anche se si tratta di Continenti, culture e quadri legislativi diversi. In secondo luogo è emerso che il profilo che identifica il comparto è pressoché identico a qualsiasi latitudine: il cleaning soffre sempre di un’immagine negativa nonostante l’importanza del lavoro che svolge. Naturalmente, ci sono delle differenze sostanziali da Paese a Paese, che vanno dal costo del lavoro al quadro di riferimento legislativo, ma altrettanti sono i problemi condivisi».

Nel dibattito che ha concluso la mattinata, al quale è intervenuto anche  Pedro Childichimo, il Presidente EMA della Johnson Diversey , è emerso con grande chiarezza che il comparto, per reggere le spinte alla riduzione dei canoni provenienti dalla clientela sia pubblica che privata, deve necessariamente puntare, ove possibile, alla meccanizzazione delle attività manuali, alla loro razionalizzazione, all’utilizzo di attrezzi e prodotti chimici efficaci.. Ma per ottimizzare le risorse umane è essenziale dotare tutte le classi del personale non solo di adeguati strumenti di lavoro, ma in primis di un solido supporto formativo che chiarisca all’operatore l’importanza del suo ruolo che sottende a precise competenze professionali. In altre parole, se l’obiettivo è quello di razionalizzare le operazioni, l’imperativo categorico riecheggia nelle parole di Cambay: insegnare agli addetti a “gestire il quarto d’ora”, codificando l’importanza e disciplinando l’ordine delle operazioni di pulizia, dalla fase pre-lavorativa e quella finale. Ci sembra dunque di aver per le mani l’ennesimo uovo di Colombo: una soluzione evidente ad un problema apparentemente insolubile. Ma è ovvio che, in un comparto in cui l’85% del costo è dato dall’attività umana, è fondamentale intervenire su questa risorsa, aumentarne gli standard di prestazione, per ottimizzare gli sforzi. Su questo fronte, fatta eccezione per alcune eccellenze, il panorama italiano sembra ancora ai piedi della salita, sia nell’area della formazione pubblica (la scuola professionale e la formazione regionale, finanziata dalla 236/96 e altri) che in quella aziendale. Grosse responsabilità sono anche degli imprenditori del comparto che in molti casi non comprendono che la formazione di ogni addetto è il principale strumento per l’efficientamento dei cantieri. Quindi…formazione, formazione e ancora formazione.

Chiara Bucci

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