(tratto da “GSA” n.8, Agosto 2010)
L’Osservatorio Bilaterale ha commissionato una ricerca sulle imprese di pulizia e servizi integrati. Interessanti i risultati emersi.
L’Organismo Nazionale Bilaterale per i Servizi Integrati (ONBSI) ha commissionato una ricerca sulla consistenza e le caratteristiche delle imprese di pulizia e servizi integrati, elaborando dati Unioncamere, che è stata presentata lo scorso maggio a Milano in occasione dell’incontro “Servizi in appalto e rispetto delle regole”, svoltosi presso l’auditorium Gio Ponti di Assolombarda (vedi GSA giugno 2010).
Contestualmente sono stati elaborati i dati degli addetti delle sole attività di pulizia risultanti iscritti all’INPS (per gli anni 1996-2004-2008), con il numero di imprese con addetti che versano contributi.
Si delinea un trend
I due dati, seppure non omogenei, se elaborati insieme possono dare un quadro aggiornato della situazione del settore. I dati sulle imprese sono ancora frutto di un’elaborazione parziale che va completata, ma indicano già elementi importanti di tendenza del mercato del settore. Il campione scelto per la ricerca è limitato a due regioni (Lombardia, Emilia-Romagna) e a tre grandi città (Roma, Napoli, Palermo), ma può essere considerato significativo per delineare i trend del settore.
Le tipologie societarie
E’ il caso di vederci più chiaro. Il settore dei servizi di pulizia descritto dai dati di UnionCamere risulta composto da un mosaico di organizzazioni con diverse finalità: sono molti i codici Ateco che affiancano quelli ufficiali del settore. L’eterogeneità delle strutture coinvolte ha ovviamente un’immediata ricaduta sui profili organizzativi, a partire dalle forme giuridiche e dagli assetti societari.
Dai dati emerge che, considerate le 2612 organizzazioni registrate, le forme più diffuse sono le Srl, le Società cooperative e le cooperative a responsabilità limitata. Semplificando ancor di più il dato, si può dire che rispetto alle forme cooperative (39,5%), la distribuzione è sbilanciata a favore delle organizzazioni di altra natura, che rappresentano il 60,5% del totale.
Gli addetti
Veniamo ai dati relativi agli addetti: in queste aziende sono coinvolti circa 318.588 addetti, di cui 1.467 non dipendenti, con una media di 48 addetti per azienda. Al di là del valore medio, le aziende sono comunque in gran parte di piccole dimensioni: ordinando infatti la distribuzione in senso non decrescente per il numero di addetti e sezionandola in gruppi omogenei, si osserva che il primo 25% delle aziende non supera i 3 dipendenti; in corrispondenza della linea mediana (50%) si situano le imprese con 9 addetti e fino al 60% non superano i 14 dipendenti. Le dimensioni, poi, crescono sensibilmente negli ultimi tre gruppi (70, 80 e 90%), in corrispondenza dei quali le organizzazioni hanno dichiarato, rispettivamente, 22, 38 e 85 addetti.
Il profilo aziendale
Ragionando su scala territoriale, si rileva che il profilo delle aziende coinvolte è egualmente eterogeneo. In ultima analisi, le proporzioni fra le forme giuridiche assunte dalle organizzazioni coinvolte rispecchiano quelle già viste nel quadro nazionale. Anche per ciò che riguarda il confronto fra le forme cooperative e le altre forme societarie, non si rilevano grossi scostamenti dalle proporzioni già osservate sul piano nazionale. Le sole eccezioni si evidenziano nell’area di Roma, dove le coop sono decisamente meno diffuse (-13% rispetto al dato nazionale), e nella provincia di Palermo, dove il rapporto è ribaltato a favore delle coop, con il 60,1% a fronte del 39,5% del totale nazionale.
Le dimensioni
Per ciò che riguarda le dimensioni aziendali, è possibile confrontare le principali statistiche tra i diversi territori: le dimensioni delle aziende in Emilia Romagna più che raddoppiano, così come nelle province di Roma e di Napoli, mentre le aziende della Lombardia e della provincia di Palermo non si discostano molto dal dato nazionale. Suddividendo in quattro gruppi omogenei la distribuzione delle aziende ordinate in senso crescente per numero di addetti, si possono osservare meglio le variazioni indicate: in particolare si nota come, rispetto al territorio nazionale, nei territori esaminati sono registrate aziende sensibilmente più grandi. Infatti, tranne che nel Palermitano, dove si segnala la forte presenza di aziende con un solo addetto, negli altri territori si notano differenza che aumentano di quarto in quarto, rispetto al territorio nazionale. Il picco si ha nella provincia di Roma, dove almeno il 25% delle imprese ha oltre 67 addetti.
Le differenze tra le medie si giustificano comunque nei livelli delle massime dimensioni aziendali per le province di Roma e Napoli, e soprattutto per l’Emilia-Romagna. Infatti si deve tenere conto che l’ultimo gruppo, per dimensione delle imprese (il 10% delle aziende romane e napoletane), ha dichiarato rispettivamente oltre 430 e 290 addetti, valori molto distanti da Palermo (44), Emilia-Romagna (138) e Lombardia (112). In Emilia-Romagna, tuttavia, si trovano come è noto le aziende più grandi in assoluto (fino a 10.339 addetti), mentre altrove non si arriva a 3.000 unità.
Dichiarazioni in utile/perdita dei bilanci
Se si passa a considerare le dichiarazioni di utile/perdita, alcuni dati emergono con chiarezza (in riferimento all’anno 2008). Le sette fasce individuate appaiono piuttosto omogenee, sebbene si rilevi la differenza fra territori provinciali e regionali. In particolare, per Lombardia ed Emilia la fascia relativamente più diffusa è quella di utile minimo (1-5000 euro), mentre a Roma e Napoli sono quelle in cui l’utile è massimo, vale a dire sopra i 20000 euro. Diversa ancora è la situazione delle aziende palermitane, in cui la dichiarazione più diffusa è quella di minima perdita: tra 4999 e 0 euro. I dati possono essere sintetizzati in due grandi fasce: di utile o di perdita, con la massima diffusione di perdite in Emilia (33,33%), e quella minima in provincia di Roma (30,68%). Valori diversi sono stati rilevati nelle province di Napoli e Palermo: rispettivamente il 39 e il 46% di aziende con bilancio in perdita.
Mobilità economica, area per area
Anche per gli anni precedenti, a partire dal 2004, si riscontra una situazione simile: incrociando i dati del triennio 2006-2008, si ha la possibilità di osservare i passaggi delle aziende da una fascia a un’altra, con un quadro della “mobilità” delle situazioni economiche delle aziende coinvolte nei diversi territori.
Lombardia
Sempre dai dati Unioncamere emerge come in Lombardia tra le aziende in perdita nel 2008 il 64,13% di quelle che lo erano nel 2007 lo erano anche state nel 2006. All’opposto, l’80,33% delle aziende attive nel 2008 lo erano anche nel 2007 e nel 2006.
Tra le aziende invece che erano attive nel 2008 ma passive nel 2007, il 50% era in passivo anche nel 2006. Solo il 19,67% delle aziende che hanno avuto utili sia nel 2008 sia nel 2007, invece, hanno migliorato la loro condizione rispetto al 2006. Tra le imprese in perdita nel 2008 ma in attivo nel 2007, il 70% provenivano da una condizione positiva nel 2006.
Emilia
Un’analoga disamina sulla mobilità economica delle imprese dell’Emilia-Romagna offre dati analoghi. Fra le differenze, si può notare come il 45,83% delle aziende attive nel 2008 e passive nel 2007 hanno avuto la stessa situazione nel 2006. La differenza con la Lombardia (quasi il 20% delle esperienze negative protratte nel tempo), può essere letta come maggiore dinamicità –in negativo, ovviamente- del settore in Emilia-Romagna. Molto simili invece, tra le due regioni, i dati che fanno riferimento alle situazioni positive per l’intero triennio 2006-2008: il 77,87% in Emilia, contro l’80,33% in Lombardia.
Roma, Napoli e Palermo
Nelle province di Roma, Napoli e Palermo le cose vanno in modo relativamente diverso: a Roma è massima la capacità delle aziende di mantenere un trend positivo nel triennio (80%), mentre a Napoli si abbassa (73,68%) e scende ancora a Palermo (64,71%). Più costanti le proporzioni fra le aziende che hanno rilevato una chiusura in perdita nell’intero triennio: solo il 33,33% e il 25% delle aziende, rispettivamente napoletane e palermitane, che hanno sperimentato nel 2007 una situazione negativa, provenivano da una chiusura positiva ed hanno poi chiuso utilmente il 2008. Lo stesso valore, negli altri territori, non scende mai sotto il 50%. Tuttavia il 2006 e il 2007 hanno messo a dura prova il settore nel territorio palermitano, visto che più del 50% delle aziende registrate in quegli anni hanno chiuso in rosso. E’ il caso di notare come, pur nella sua negatività, il 2008 sia stato un anno nel complesso positivo.
I progetti dell’organismo paritetico
per gli anni 2008 – 2011
L’ONBSI è stato costituito da FISE-ANIP, ANCST – LEGACOOP, UNIONSERVIZI – CONFAPI, FEDERLAVORO – CONFCOOPERATIVE, PSL – AGCI e da FILCAMS – CGIL, FISASCAT – CISL e UILTRASPORTI–UIL in attuazione del CCNL di settore.
Contestualmente alla stipula del CCNL le parti hanno concordato di definire gli obbiettivi di attività dell’organismo paritetico da finanziare con le modalità previste nel CCNL.
L’articolo 66 del c.c.n.l. rinnovato il 19/12/2007, stabilisce che dal 1° Gennaio 2008 l’ONBSI è finanziato mediante l’attribuzione di un contributo stabilito nella misura di € 0,50 mensili a carico del datore di lavoro e di € 0,50 mensili a carico del lavoratore, per 12 mensilità, da versare trimestralmente. Per i lavoratori a part-time inferiore a 20 ore settimanali gli importi di cui sopra sono ridotti a € 0,25 mensili.
I progetti che si propone di attuare nel periodo sono così sinteticamente definiti:
Mercato e regole e monitoraggio appalti
Osservatori del settore
Sicurezza sul lavoro e del servizio
Monitoraggio e interventi di contrasto all’assenteismo
Sviluppo dei contenuti formativi e professionali del settore
Diffusione territoriale dell’Organismo paritetico e delle sue attività
Umberto Marchi