A Roma Consip, lo scorso 21 settembre, ha parlato di Green Public Procurement (GPP) in un convegno, dal tema: “Lo sviluppo del GPP alla luce del nuovo codice degli Appalti”, che rientra tra le iniziative promosse proprio dagli Stati generali della Green economy. E’ tempo di accettare la sfida e di condurre a dritta verso l’assunzione di una mentalità nuova che guardi agli acquisti con un approccio, o forse meglio, una sensibilità diversa verso l’ambiente. Questo in sostanza il messaggio lanciato durante i lavori. Consip si è detta pronta a centrare questo obiettivo, anzi con la voce del suo AD Luigi Marroni, ha ribadito come questo cammino lo abbia iniziato, nel 2006, quindi ancor prima che l’ultimo Codice degli appalti (D.Lgs.50/2016) mettesse l’accento sull’importanza, o meglio sull’obbligatorietà, dell’uso della GPP nelle gare, istituendo un Ente al suo interno al quale è stato assegnato lo specifico scopo di verificare che in ogni gara tutte le norme green vengano applicate e salvaguardate. Solo negli ultimi tre anni la Consip è riuscita a fornire prodotti e servizi verdi per circa 11miliardi di euro. Dalle considerazioni è emerso però come il cammino sia in parte ancora in salita visto che non si può certo dire che sia semplice fare acquisti verdi né tantomeno che sia il nuovo Codice a semplificarli, anche se va detto che il lavoro svolto sui CAM (criteri ambientali minimi) rende più facile individuare i requisiti green, in particolare quelli legati al ciclo di vita, che permettono di avere una identificazione chiara di un criterio ambientale. Il nuovo Codice degli appalti ha reso i CAM obbligatori per tutti gli acquisti, in misura del 100% in quelli che riguardano il consumano di energia, e del 50% per tutti gli altri. Consip, come ha spiegato Lidia Capparelli, responsabile GPP Consip,:“(..) quel 50% ha fatto la scelta di leggerlo comunque come 100%, e questo almeno per due motivi: l’impossibilità di identificare all’interno di una gara una partita di prodotti verdi rispetto ad una partita di prodotti “non verdi” e successivamente poi per il disagio nel trovare il criterio con cui assegnare i prodotti verdi e quelli non verdi”. Tutti i lavori della giornata, arricchiti anche dalle esperienze interessantissime, di applicazione di green economy, presentate tra gli altri dalla Regione Sardegna e dalla Città Metropolitana di Torino, hanno preso in esame le direttive del nuovo Codice degli appalti che oltre all’obbligatorietà dei CAM e all’introduzione del nuovo criterio di aggiudicazione del “ciclo vita”, che andrà a determinare il prezzo complessivo, diretto e indiretto di un prodotto o di un servizio, presentano nella norma riduzioni che potrebbero andare a svilire l’istituto della fidejussione, sia quella provvisoria che quella definitiva. C’è poi ancora il tema dell’esternalità e delle certificazioni di prodotto che potrebbero andare a corrodere la segretezza dell’offerta. La sensazione è stata quella che un po’ perché ormai imposto dal Codice ma soprattutto per una coscienza nuova di rispetto dell’ambiente che sta maturando, nonostante le difficoltà di “assestamento” la volontà condivisa sia quella di indirizzare sempre più gli acquisti su politiche di green economy. A questo proposito Marroni nel concludere ha ricordato che: “Il green public procurement è una leva enorme se indirizzata allo sviluppo industriale. I soldi che oggi si spendono, o che comunque verrebbero spesi anche se non fossero applicati in politiche economiche green, dirottati su filoni industriali dedicati creerebbero industria”.
EC