Homeimprese & dealersGreen Procurement: arrivano i criteri per gli appalti verdi

Green Procurement: arrivano i criteri per gli appalti verdi

(Tratto da GSA n.10,ottobre 2011)


Stretta finale per la definizione dei CAM (Criteri Ambientali Minimi) da inserire a integrazione del Testo unico per gli appalti. Il Ministero dell’Ambiente ha  presentato una bozza di  documento elaborata in questi mesi. Ne commentiamo i contenuti generali, fra passi avanti e (non poche) perplessità. Entro fine anno il testo definitivo.

Un documento per gli “appalti verdi”

Quando un appalto può, a tutti gli effetti, essere definito “verde”? Quali sono i requisiti cui deve ottemperare, quali i prodotti, gli strumenti, le attrezzature, i sistemi e le prassi più adeguate per fare di una commessa un processo ecocompatibile, dal momento dell’assegnazione a quello della cessazione? Il concetto di sviluppo sostenibile, teorizzato negli anni Ottanta dall’ormai celebre “rapporto Brundtland”, si deve applicare infatti non solo ai processi produttivi, ma anche ai servizi, che costituiscono ormai una fetta importantissima del mercato a livello planetario. E deve essere applicato in modo “quantificabile”, oggettivo, senza che nulla sia lasciato al caso o alla eventuale buona volontà di imprenditori, committenti e clienti finali particolarmente illuminati.

 

Verso un cleaning sostenibile

E così la sostenibilità, in tutte le sue declinazioni teoriche e pratiche, ha assunto rapidamente un importante valore strategico anche nel nostro settore; non si tratta di un mero fatto di marketing, ma di responsabilità nei riguardi del presente e delle generazioni future. Oltre che, è scontato, di qualità della vita di tutti noi. Per questo l’intera filiera della pulizia professionale, ma soprattutto le imprese, che vivono di appalti, non possono più permettersi di ignorare che non poche cose, a brevissimo, sono destinate a cambiare proprio in direzione della sostenibilità. Sul fronte legislativo sono stati molti e molto chiari, nell’ultimo decennio, i provvedimenti varati in Europa in questa direzione, recepiti dai singoli paesi dell’Unione con leggi nazionali.

 

Lo stato dell’arte

In Italia nell’aprile 2008 è stato approvato, con il Decreto Interministeriale 135, il cosiddetto PAN GPP (Piano d’azione nazionale sul Green Public Procurement, o Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione), attuato lo scorso marzo, che ha recepito la direttiva comunitaria 302/2003 “Politica integrata dei prodotti- sviluppare il concetto di ciclo di vita ambientale”. Si tratta ora di integrare il Testo unico degli appalti di lavori, servizi e forniture con un documento relativo, appunto, ai requisiti ambientali negli appalti che segua le indicazioni relative al Green Procurement.

A questo punto, e veniamo all’oggi, la palla è passata al Ministero dell’Ambiente che ha deciso di avviare una consultazione presso diversi soggetti interessati, i quali hanno inviato le proprie osservazioni in materia, appunto, di appalti “verdi”.

 

Il tavolo di lavoro

Per ciò che concerne il settore dei servizi ambientali, è stato quindi aperto un gruppo di lavoro di cui fanno parte,tra gli altri, Anip-Fise, Legacoop Servizi, Assocasa e Afidamp (come operatori economici, insieme a personale tecnico del MATTM, ARPA, ISPRA), al fine di studiare l’elaborazione di un documento sui CAM (Criteri Ambientali Minimi) che divenga parte integrante del PAN GPP per gli aspetti relativi alle forniture di pulizie e servizi, e tenga conto inoltre di quanto proposto nelle Comunicazioni su Consumo e Produzione Sostenibile (COM -2008- 397) e sul GPP (COM -2008- 400), adottate dal Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea. Allo stato attuale, terminata una prima fase di consultazioni, è stato attivato un tavolo di lavoro permanente per giungere, entro fine anno, alla definitiva versione dei CAM.

 

I contenuti del documento 

Il documento contiene appunto i “criteri ambientali minimi” elaborati nell’ambito del PAN GPP per l’affidamento del Servizio di pulizia e per le forniture di Prodotti per l’igiene  (categoria J “Servizi di gestione degli edifici”) prevista appunto dal Piano. Oltre a questo, il documento riporta anche alcune indicazioni generali che sono, in pratica, suggerimenti finalizzati alla razionalizzazione degli acquisti, richiami alla normativa ambientale ed eventualmente sociale di riferimento ed ulteriori suggerimenti proposti alle stazioni appaltanti in relazione all’espletamento della relativa gara d’appalto. Un passo in avanti, certamente: ma non è tutto rose e fiori: nell’ultima versione oggi disponibile, risalente a pochi giorni fa, non mancano elementi contraddittori e indicazioni tecniche di difficile comprensione, che non mancheranno di far preoccupare imprese e case produttrici e che metteremo più avanti sotto la nostra lente d’ingrandimento.

 

Gli obiettivi del PAN GPP…

E’ lo stesso PAN a prevedere espressamente l’introduzione dei Criteri Ambientali Minimi nelle gare d’appalto, che regolino e indirizzino tutte le fasi del processo. “Il Green Public Procurement –recita l’EU Take 5 Report– è l’approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo d’acquisto incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile  sull’ambiente nel loro intero ciclo di vita”. Il Piano ha diversi obiettivi, tra cui: ridurre gli impatti ambientali legati alla domanda pubblica dei beni, servizi e opere mediante anche un effetto-leva sugli operatori economici dei settori coinvolti; favorire obiettivi di sviluppo sostenibile, tutelando la competitività e stimolando l’innovazione; razionalizzare la spesa pubblica evitando gli sprechi. Il “come” è declinato in una serie di punti che vanno da indicazioni generali relative all’appalto ai criteri più dettagliati su prodotti, macchinari, sistemi, aspetti organizzativi e gestionali, ecc.

 

… e i target del settore

Il primo, tangibile obiettivo proposto per il nostro settore è quello di raggiungere, entro il 2012, la quota del 50% di appalti verdi sul totale degli appalti stipulati per le categorie di affidamenti e forniture (che rientrano, come detto, nella categoria J del documento). Tale percentuale verrà valutata sia sulla base del numero che del valore totale degli stessi. Come previsto dal PAN GPP, l’introduzione dei Criteri Ambientali Minimi nelle gare d’appalto sarà monitorata dall’Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici attraverso il Sistema informativo di Monitoraggio Gare (SIMOG). I criteri, selezionati secondo quanto stabilito nel codice degli appalti, in relazione anche alla tutela della normativa sulla concorrenza e par condicio, si suddividono in criteri ambientali “di base” e “premianti”. Le stazioni appaltanti che seguono le indicazioni per la razionalizzazione dei fabbisogni e che introducono i “criteri ambientali” indicati nel documento nelle proprie procedure d’appalto sono considerate in linea con i principi del PAN GPP e contribuiscono a raggiungere gli obiettivi ambientali dallo stesso definiti.

 

Le criticità, punto per punto. Per i fornitori…

Arriviamo adesso agli elementi del documento che suscitano, a una prima lettura, le maggiori perplessità.

Per ciò che riguarda i prodotti chimici (punto 5.3.1, detergenti), comprensibile e molto positivo insistere sull’impiego di prodotti Ecolabel, che “si presumono conformi ai criteri ambientali minimi”: un concetto espresso e più volte ribadito in varie parti del documento, che però appare in contrasto con le indicazioni (punto 5.4.1) relative ai sistemi di dosaggio dei formulati stessi, se non altro perché fra le caratteristiche dei prodotti Ecolabel c’è appunto quella di avere una quantità minima di principio attivo e di essere, pertanto, già in diluizione. Se io utilizzo (come caldamente consigliato) prodotti Ecolabel, dunque, come potrò indicare, nel Piano gestionale del servizio previsto appunto dal 5.4.1, i sistemi di dosaggio? Ma ce n’è anche per le macchine, che si vedono addirittura… estromettere dagli appalti verdi! Nella tabella esemplificativa per l’attribuzione dei punteggi ai criteri ambientali, infatti, si incontrano a un certo punto (e precisamente nelle Misure C e D) indicazioni sorprendenti: nel punto C, dove si tratta di apparecchiature e macchinari per le pulizie, il massimo punteggio viene attribuito all’offerente che ha i macchinari meno energivori (e fin qui niente da obiettare) o… che non impiega macchinari! Stessa cosa per le operazioni di aspirazione. Resta da chiedersi, perlomeno, in che modo si possa garantire uno standard minimo di qualità senza impiegare macchinari! Un ragionamento analogo si può fare per la carta (5.3.3).

Sempre per ciò che riguarda i prodotti, è da osservare con attenzione quanto prevede il punto 5.5.2 (prodotti e attrezzature di lavoro), dove si vieta l’impiego di scope, segatura, piumini e stracci per pavimenti, da sostituire con gli strofinacci (sic) in microfibra. Il termine strofinacci appare quantomeno generico, e poi che dire del tessuto non tessuto (tnt) e dei panni-carta? Vietati anch’essi? E perché mai?

 

… e per le imprese

Per le imprese, poi, stando a quanto previsto dal documento sarebbe in arrivo una vera e propria montagna burocratica ardua da scalare: inapplicabile appare ad esempio, sempre restando sulle macchine, l’indicazione di dichiarare, prima dell’inizio dei lavori, il numero di serie del macchinario che verrà impiegato sul cantiere e la relativa scheda tecnica con indicazione della potenza. Ma diciamocelo chiaro: chi mai, all’atto dell’acquisizione di una commessa, è in grado di indicare con precisione queste cose?

Veniamo poi, ancora per le imprese, al capitolo formazione: un diritto/dovere sacrosanto, l’abbiamo ribadito più volte. E infatti il punto 5.5.3 ribadisce il dovere, da parte dell’impresa appaltatrice, di garantire l’adeguata formazione del personale. Quello a cui non si è pensato è però forse il caso, alquanto frequente, del cambio d’appalto. In quel caso potrebbe non esserci, concretamente, il tempo per riorganizzare un percorso di formazione e il rispetto della norma diventerebbe estremamente difficile. Si potrebbe poi rivedere anche, poco sotto, il punto 5.5.5, che prevede che l’aggiudicatario di una commessa produca, ogni 4 mesi, un rapporto sui prodotti consumati per la sanificazione e detergenza. Un’indicazione che sembrerebbe muoversi in direzione opposta al tanto agognato snellimento procedurale. Tanto più in un momento come questo, già di per sé non facile per chi si trova a gestire un’impresa. 

 

Da preferire l’offerta più vantaggiosa

Per ciò che riguarda la formula dell’appalto, il punto 4.2 lascia pochi dubbi: è da preferire quella dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con punteggio tecnico alle prestazioni ambientali (e sociali). Tale sistema consente di qualificare ulteriormente l’offerta rispetto a quanto indicato come requisito base attribuendo un punteggio tecnico a prestazioni ambientali e, ove possibile, sociali più elevate, tipiche di prodotti meno diffusi o di servizi più innovativi (talvolta più costosi) senza compromettere l’esito della gara. In questo modo si favorisce e si premia l’ecoinnovazione del mercato. Il criterio del prezzo più basso quale parametro con cui selezionare l’offerta, infatti, tende ad annullare la propositività delle imprese e i loro percorsi di qualificazione. E’ altresì opportuno riconoscere un “giusto prezzo” agli operatori economici in modo da consentire una equa remunerazione dei lavoratori coinvolti nella commessa pubblica e l’innalzamento del profilo qualitativo della stessa, fattori che andrebbero entrambi monitorati dall’amministrazione aggiudicatrice durante l’esecuzione contrattuale.

 

Un documento in “chiaroscuro”

Senza entrare nel merito delle singole parti del documento, peraltro tuttora in fieri, qualche indicazione se ne può trarre. Positivo, innanzitutto, appare il fatto che, per la prima volta, vengano presi in esame in modo accurato tutte le fasi e tutti gli aspetti dell’appalto, dalla selezione dei candidati all’impiego dei prodotti, fino ad arrivare alle verifiche finali. Si tratta di un’innovazione che interessa tutti gli attori della filiera: dai fornitori, che dovranno essere consapevoli che l’impiego di alcuni tipi di prodotti, macchine e attrezzature potrà risultare premiante nell’ottica di un appalto “verde”, alle imprese, che dovranno selezionare attentamente i fornitori, fino al cliente finale, che sarà chiamato, a propria volta, a rivolgersi a imprese responsabili. Si chiude, insomma, un circolo virtuoso che ha come fine ultimo quello della responsabilizzazione dell’intero settore. Un settore che, in Italia, sta facendo passi da gigante per colmare lacune ataviche, e che oggi è pronto a guardare agli scenari futuri con spirito innovativo e responsabile.

 

I requisiti di un appalto “verde”

Torniamo alla domanda di partenza: quando un appalto può essere definito “verde”? Ebbene, un appalto è verde quando integra tutti i criteri “di base”. I criteri ambientali sono collegati alle singole fasi di definizione dell’appalto in modo da facilitare il compito della stazione appaltante: in particolare si parte dall’oggetto dell’appalto, in cui si evidenziano la sostenibilità ambientale e, ove presente, sociale in modo da segnalare la presenza di tali requisiti nella procedura di gara. Le stazioni appaltanti dovranno indicare nell’oggetto dell’appalto il decreto ministeriale di approvazione dei criteri ambientali utilizzati. Si prosegue poi con la selezione dei candidati: vi sono riportati i requisiti di qualificazione soggettiva atti a provare la capacità tecnica del candidato ad eseguire l’appalto in modo di recare i minori danni possibili sull’ambiente. Per ciò che riguarda le specifiche tecniche di base, nella parte del documento ad esse dedicata sono riportate le specifiche tecniche di carattere ambientale che, unitamente alle “condizioni di esecuzione”, devono essere rispettate per poter qualificare l’appalto come “verde”. Vi sono poi le specifiche tecniche premianti: in questa parte del documento sono indicate le specifiche tecniche di carattere ambientale atte a selezionare prodotti/servizi con prestazioni ambientali migliori di quelle garantite dal rispetto dei soli criteri di base. Tali criteri potranno essere utilizzati nei casi di aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta “economicamente più vantaggiosa”, come avremo modo di vedere. Infine sono analizzate le condizioni di esecuzione e le clausole contrattuali dell’appalto di carattere ambientale che, unitamente alle “specifiche tecniche di base”, devono essere rispettate per poter qualificare l’appalto come “verde”.

Per ogni criterio ambientale, inoltre, vengono indicate le “verifiche”, ovvero: la documentazione che l’offerente o il fornitore è tenuto a presentare per comprovare la conformità del prodotto o del servizio al requisito cui si riferisce; ove esistenti, i mezzi di presunzione di conformità che la stazione appaltante può accettare al posto delle prove dirette. Laddove trattasi di impegni futuri, si fa riferimento alla “dichiarazione semplice del legale rappresentante” dell’offerente. In quest’ultimo caso, qualora non fosse già prassi contrattuale della stazione appaltante, si suggerisce di collegare sempre l’inadempimento di quanto dichiarato a sanzioni e/o se del caso, alla previsione di risoluzione del contratto.

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