(Tratto da GSA n 8, agosto 2012)
Forte sarà l’impatto della spending review sul settore dei servizi. Tanto che la “pulizia”viene addirittura citata tra le categorie sulle quali intervenire. Lo si può evincere già dal testo di presentazione del provvedimento diramato dal Governo e consultabile sul sito dell’Esecutivo. Ecco i punti più interessanti, con le nostre prime impressioni.
Come andrà a finire nessuno può dirlo, anche perché il decreto deve essere convertito in legge. Ciò che è certo è che il mese di luglio dell’anno in corso verrà ricordato a lungo come quello della “spending review” (più tecnicamente Decreto legge 95 del 6 luglio 2012), espressione che, come molte altre sue degne compari (lo spread, il rating e compagnia bella) è ormai entrata a pieno titolo nel (mesto) vocabolario della recessione. Un lessico monopolizzato, guarda caso, da termini anglosassoni, quasi che (ma sono già in parecchi ad averci fatto caso) l’evidenza linguistica renda tangibile il fatto che il nostro bel Paese stia arrancando come poche volte in passato.
Tagliare sì, ma dove?
In questo contesto di difficoltà siamo un po’ tutti d’accordo: eliminare gli sprechi si deve. L’univocità di visione, tuttavia, si ferma qui. Quando si ragiona sul come, e soprattutto sul dove tagliare, i coltelli rispuntano fra i denti, e –cosa ben immaginabile- iniziano i distinguo. Tanto che lo stesso Governo ha ritenuto opportuno presentare il provvedimento di razionalizzazione nel dettaglio pubblicando un testo di presentazione sul suo sito istituzionale. Vi si spiega, innanzitutto, che i servizi per i cittadini rimarranno invariati (La riduzione della spesa non incide in alcun modo sulla quantità di servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni a favore dei cittadini ma mira a migliorarne la qualità e l’efficienza), e che “fin dall’insediamento, il Governo ha deciso di procedere non mediante tagli lineari, bensì con interventi strutturali rivolti a migliorare la produttività delle diverse articolazioni della pubblica amministrazione: Poi si dà qualche numero: “Con gli interventi odierni il risparmio per lo Stato sarà di 4,5 miliardi per il 2012, di 10,5 miliardi per il 2013 e di 11 miliardi per il 2014”. E ancora: “L’eliminazione degli eccessi di spesa produrrà una serie di benefici concreti per i cittadini. Permetterà, anzitutto, di evitare l’aumento di due punti percentuali dell’IVA per gli ultimi tre mesi del 2012 e per il primo semestre del 2013.” Che ce ne sia bisogno è fuor di dubbio, anche alla luce delle ultime catastrofi naturali che hanno colpito l’Emilia, e per le quali sono garantiti fondi per 1 miliardo per il 2013 e 1 miliardo per il 2014.
Le pulizie citate tra le categorie “sensibili”
Ma l’aspetto della spending review che interessa più da vicino il nostro comparto è il cosiddetto “terzo provvedimento”. Esso riguarderà le agevolazioni fiscali, la revisione strutturale della spesa e i contributi pubblici. E qui sarebbe il caso di vederci un po’ più chiaro, anche perché il comparto dei servizi di pulizia viene citato tra le categorie sensibili, e quindi interessate dal provvedimento: “L’analisi ha permesso di individuare un benchmark di riferimento – o indicatore di valore mediano di spesa – in base al quale stimare l’eccesso di spesa in capo alle amministrazioni. L’indicatore costituisce la base analitica per superare una metodologia di riduzione della spesa che colpisce nella stessa proporzione i soggetti virtuosi e quelli meno virtuosi, disincentivando il perseguimento di comportamenti efficienti”. Non resta che aspettare di saperne qualcosa di più su questo fantomatico “benchmark” sul quale ancora non è stata fatta luce. L’idea degli indicatori torna anche poco più in basso nel testo, più specificatamente legata alle categorie merceologiche prese in considerazione: “Per calcolare la mediana sono state prese in considerazione 72 merceologie. Tra queste, ad esempio, le spese di cancelleria e quelle per i carburanti; il consumo di energia elettrica; le spese di pulizia e quelle postali, i buoni pasto, le spese per pubblicità, quelle per la somministrazione di pasti nelle scuole e ospedali”. Si sottolinea poi il ruolo attivo di enti e cittadini, che hanno inviato oltre 135.000 messaggi, con un primato di segnalazioni per le regioni Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Campania e Sicilia.
Consip dovrà essere una vera “centrale acquisti”
Procediamo con la lettura commentata del testo di presentazione della “spending”, che passa poi ad analizzare, punto per punto, gli interventi previsti dal decreto. Al punto A si parla proprio della riduzione per l’acquisto di beni e servizi, e della trasparenza delle procedure. Il primo insieme di interventi, infatti, riguarda l’attività negoziale delle pubbliche amministrazioni, riducendo la spesa per l’acquisto di beni e servizi e incentivando la trasparenza delle procedure. Questo il testo, che parte da una considerazione di fondo: ancora troppi sono gli acquisti che le singole amministrazioni fanno in deroga alle procedure Consip: “Dall’analisi svolta dal Commissario Enrico Bondi è emerso un divario significativo tra il volume di acquisti presidiati da Consip e gli approvvigionamenti che le amministrazioni effettuano in autonomia”. Ecco alcune misure: viene stabilita la nullità dei contratti che non siano stati stipulati attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip. Sono naturalmente fatti salvi i contratti stipulati tramite diverse centrali di committenza, se questi prevedono condizioni più favorevoli per le Amministrazioni pubbliche. Ma la parte da leggere più attentamente è la seguente: “Nei contratti in essere, validamente stipulati, viene inserita ex lege una clausola che attribuisce alle amministrazioni il diritto di recesso, qualora le imprese non adeguino il contenuto delle prestazioni ancora da effettuare alle migliori condizioni previste in convenzioni Consip successive alla stipula dei contratti stessi. Il mancato esercizio del diritto di recesso è comunicato dalla Amministrazione alla Corte dei Conti al fine del controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio”. L’idea, insomma, è quella di “centralizzare” il più possibile le procedure di approvvigionamento nella Pubblica Amministrazione, lasciando meno autonomia alle amministrazioni. In questo modo, evidentemente, si pensa di avere un controllo maggiore degli sprechi. Ciò, tuttavia, non avviene in modo del tutto indolore. A preoccupare è soprattutto la clausola relativa al diritto di recesso, sulla quale sono già stati avanzati dubbi di legittimità, e che in ogni caso non sarà facile da mandare giù, come tutti i provvedimenti che di punto in bianco cambiano la situazione in essere. Viene poi introdotto un meccanismo di riduzione delle condizioni economiche in favore delle amministrazioni che fanno ricorso alle convenzioni-quadro Consip e delle centrali di committenza regionali. E anche in questo caso i punti di domanda sono quasi d’obbligo: come funzionerà, nel concreto, tale meccanismo?
Dotazioni organiche, pubblico impiego e immobili
E mentre in materia di riduzione delle dotazioni organiche delle PA (punto B) vengono previsti importanti provvedimenti per la gestione del personale in soprannumero e in tema di riduzione delle spese nel pubblico impiego (punto C) si interviene, fra l’altro, sulla riduzione del parco auto, sui buoni taxi e sui contratti di locazione, noleggio, sulle consulenze e così via, altri aspetti che in una certa misura possono riguardare il nostro comparto si trovano al punto D, sulla razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per le locazioni passive. Per il triennio 2012 – 2014 non si applica l’aggiornamento all’indice Istat del canone dovuto da tutte le amministrazioni pubbliche per l’utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzionali, prevedendo la facoltà del locatore di recedere dal contratto; si riducono gli spazi ad uso ufficio a disposizione delle amministrazioni statali. Si avvia inoltre la rinegoziazione delle locazioni passive di immobili a uso uffici di proprietà di terzi. Cambierà, dunque, anche il quadro degli immobili destinati alla pubblica amministrazione, che, di fatto, sono per le imprese i “luoghi di lavoro”.
Il caso della sanità, fra tagli e… perplessità
Tutto ciò, però, è ancora sulla carta. Che cosa accadrà in concreto? La situazione è ancora in via di definizione, ma in qualche caso si potrebbero già azzardare alcune considerazioni: un esempio potrebbe essere ciò che è previsto per la sanità, settore nell’occhio del ciclone per ciò che riguarda le forniture di servizi (sono appena stati pubblicati, dall’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici – Avcp, i parametri per l’acquisto di beni e servizi). “I tagli ai servizi -dicono dal Governo- non penalizzeranno i cittadini”. Se questo sia vero, staremo a vedere: noi, che il settore dei servizi lo conosciamo da 15 anni, cerchiamo di farci un’idea, passando per un attimo, alla lettura diretta del provvedimento, e concentrandoci in particolare sul titolo III (razionalizzazione e riduzione della spesa sanitaria), articolo 15, capo 13. Al comma a si legge: “… gli importi e le connesse prestazioni relative ai contratti in essere di appalto di servizi e di fornitura di beni e servizi, con esclusione degli acquisti dei farmaci, stipulati da aziende ed enti del SSN, sono ridotti del 5% a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto per tutta la durata dei contratti medesimi”. Ora, qui si potrebbe aprire una questione non semplice: la rinegoziazione potrebbe determinare effetti a discapito della qualità e quantità del servizio difficili da valutare. Una parziale risposta, per il futuro, potrebbe arrivare dal capo e, in cui le stesse aziende sono chiamate ad essere più virtuose: “Costituisce adempimento ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del SSN la verifica della redazione dei bandi di gara e dei contratti di global service e facility management in termini tali da specificare l’esatto ammontare delle singole prestazioni richieste e la loro incidenza percentuale relativamente all’importo complessivo dell’appalto…”. Staremo a vedere.
Simone Finotti