E’ importante segnalare che nel decreto – legge n. 76/2013 (il cosiddetto “decreto del fare”), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 28 giugno u.s., all’articolo 7 recante “Modifiche alla legge n. 92/2012” è stata stabilita, in presenza di un passaggio di appalto, l’esclusione dall’obbligo di avviare la procedura di conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, procedura come noto introdotta dalla “Riforma Fornero” con finalità di deflazione del contenzioso giudiziale.
L’ambito di applicazione di tale procedura, come noto, è limitato ai licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo (fino ad un massimo di quattro nell’arco di 120 giorni – cfr. Circolare Ministero del Lavoro n. 3/2013 – poiché sopra i quattro, come noto, si applica la normativa in tema di licenziamenti collettivi), tra cui rientra pacificamente il licenziamento per cessazione di appalto, anche quando è prevista la successiva riassunzione presso il datore di lavoro subentrante; tuttavia, era stata fin da subito rilevata da più parti l’inutile e dannosa sovrapposizione con quanto previsto dall’articolo 4 del c.c.n.l. di categoria, evidenziando l’incompatibilità tra la procedura legale che si propone di conciliare o comunque di gestire un potenziale contenzioso per licenziamento (e conseguente disoccupazione del lavoratore) e la procedura contrattuale che al contrario si propone di salvaguardare quanto più possibile l’occupazione.
Consideriamo pertanto positivamente che sia stato raggiunto tale obiettivo attraverso un intervento legislativo che toglie eventuali margini di incertezza che sarebbero derivate da soluzioni di altra natura e con minore efficacia vincolante, come possibili interpelli o circolari ministeriali.
Per completezza, aggiungiamo che lo stesso articolo 7 del decreto – legge n. 76/2013 ha inoltre previsto l’esclusione dell’obbligo della procedura per i licenziamenti comminati a seguito di superamento del periodo di comporto, che, sia pure qualificati “per giustificato motivo oggettivo” dalla prevalente giurisprudenza, non presentano di certo le stesse caratteristiche dei licenziamenti per “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento della stessa” di cui all’articolo 3 legge n. 604/1966.
Detta precisazione legislativa è quanto mai opportuna se si considera che, nonostante la circolare del Ministero del Lavoro n. 3/2013 avesse escluso il licenziamento per superamento del comporto dall’obbligo della procedura, già le primissime sentenze di merito sul tema apparivano contraddittorie.