(tratto da “GSA” n.6, Giugno 2010)
Un progetto sinergico fra Politecnico di Milano, Afidamp e Aziende promuove l’innovazione e mette i ragazzi a confronto con progetti concreti. Ne parlano i docenti Davide Bruno e Giuseppe Andreoni, che coordinano e seguono l’iniziativa.
Al Politecnico di Milano, facoltà di Disegno industriale, corso del professor Davide Bruno, ha preso vita un’esperienza destinata, letteralmente, a “fare scuola”.
Merito del “triangolo” virtuoso fra Politecnico di Milano, Afidamp e aziende del cleaning, ma anche di una cinquantina di studenti del secondo anno che hanno accolto il progetto con lodevole entusiasmo e partecipazione.
Di che cosa si tratta, in pratica? Davide Bruno, che insegna Disegno industriale e crede molto nella collaborazione con le aziende e, quindi, nel lavoro “on field”, spiega: “Il progetto parte da un’idea relativamente semplice: cinque aziende attive nel campo del cleaning professionale, ciascuna con le sue specificità tecnologiche e produttive, hanno consegnato a gruppi di otto ragazzi un brief (un tema di progetto, ndr) relativo a una macchina, a un’attrezzatura, a una soluzione da studiare e da sviluppare in senso migliorativo rispetto all’esistente. Fra gli esempi concreti: una cabina di guida ergonomica per una spazzatrice, la componentistica di un carrello, un’idropulitrice user friendly, un aspiratore innovativo, una lavasciuga più funzionale”. Poi c’è stata Afidamp che ha chiesto a un gruppo di studenti di ipotizzare un futuro scenario del cleaning fra 20 anni, cercando di seguire con largo anticipo i principali filoni di innovazione che si svilupperanno nel corso dei prossimi, decisivi anni.
Il lavoro
A questo punto i ragazzi, divisi in microgruppetti di due persone ciascuno, si sono rimboccati le maniche ed hanno cominciato a studiare nuove soluzioni.
Va detto, fra l’altro, che si tratta di un settore che la quasi totalità di loro non conosceva, se non per sentito dire (il che, fra le righe, la dice lunga sulla percezione del comparto presso i non addetti ai lavori…). E’ stata quindi necessaria una fase preliminare di inquadramento del settore e delle sue problematiche, molto interessante per diversi studenti, che per la prima volta (parole loro) si sono trovati faccia a faccia con i reali problemi del design e della progettazione per la vendita e l’uso (prime fra tutti le esigenze di contenimento dei costi). Le aziende, dal canto loro, si sono impegnate a seguire passo passo i progetti, mandando personalmente i propri tecnici nelle aule del Politecnico a istruire ed affiancare
Obiettivo centrato!
Ebbene: l’esperimento, che si sta concludendo proprio in questi giorni, sembra proprio essere riuscito appieno. Le aziende hanno elogiato la competenza e l’entusiasmo dei ragazzi, che hanno sempre rispettato le scadenze per la consegna dei lavori, e soprattutto ne hanno apprezzato la capacità di suggerire idee nuove provenendo dall’esterno del settore. Molte ditte, infatti, hanno sottolineato l’importanza, solo all’apparenza paradossale, di non avere già una forma mentis rivolta al settore: una “verginità”, se così si può dire, che in molti casi si è rivelata foriera di spunti degni di maggiore sviluppo.
Afidamp e Polimi, sinergie virtuose
Ma come è avvenuto il contatto fra Afidamp e questa facoltà del Politecnico? Ancora una volta la persona-chiave è il professor Bruno, che da anni collabora con l’associazione dei fabbricanti del pulito: “Conosco Afidamp praticamente dalla sua costituzione. E’ dunque un rapporto di fiducia, prima ancora che una collaborazione professionale. Credo molto nella collaborazione con le aziende, perché sono convinto che solo in questo modo gli studenti, e non solo, riescano ad avere un rapporto diretto con la realtà, comprendere le problematiche concrete, acquisire la flessibilità giusta per passare da un settore merceologico a un altro e sapersi anche ben spendere sul mondo del lavoro. Nella fattispecie di questo progetto, l’idea è nata insieme a Stefania Verrienti e Toni d’Andrea, sempre molto attenti all’innovazione. Quello del cleaning, si sa, è un settore importante in Italia, è stato per diverso tempo un comparto florido e ancora adesso, crisi permettendo, lo è. Bisogna però comprendere che l’innovazione deve essere perseguita anche in questo comparto produttivo, e che non ci si può accontentare, se si vuole mantenere una posizione di leadership, di andare al traino. Non a caso seguo con interesse tutte le iniziative Afidamp volte alla promozione delle novità, e ho fatto parte anche della giuria dell’Innovation Award a Pulire, dove già nel 2001 –e sono ormai quasi 10 anni…- avevamo presentato un allestimento realizzato dai nostri studenti”.
Obiettivo brevetto, ma non solo
La scelta del Politecnico, per Afidamp, non poteva essere più azzeccata. “Qui –dice Bruno- esistono tutte le strutture adeguate per sviluppare un progetto come questo. Abbiamo laboratori in cui abbiamo investito 40 milioni di euro, grazie ai quali i nostri studenti hanno tutto ciò che serve per realizzare le loro idee. L’obiettivo è quello di mettere a confronto la realtà imprenditoriale e il mondo accademico, una sinergia imprescindibile in un mercato che vuole mantenersi all’avanguardia. I vantaggi sono molteplici: al di là di indirizzare gli studenti a un metodo di lavoro, l’idea è quella di arrivare allo sviluppo di veri e propri brevetti, protetti da un centro di eccellenza”. Dal 2002 Bruno è infatti è membro della Commissione Brevetti del Politecnico di Milano come delegato del Dipartimento INDACO. Aprendo una parentesi: negli ultimi 10 anni il nostro Paese ha depositato 36 mila brevetti presso l’ufficio europeo Epo (European patent office), collocandosi all’ottavo posto nella classifica internazionale. Non solo: anche se davanti a noi in classifica restano mostri sacri della ricerca come Stati Uniti, Germania e Giappone, se si misura la crescita annua media del numero di brevetti depositati l’Italia mostra un dinamismo invidiabile (+4,6%, meglio del +2,6% della Gran Bretagna, del +3,8% della Germania e del +4% messo a segno dalla Francia). Ed è davvero bello che anche il settore del cleaning si stia muovendo in questa direzione.
Ergonomia e innovazione: il ruolo del design
Davide Bruno non è solo in questa avventura: collabora con lui Giuseppe Andreoni, ricercatore al Dipartimento di Disegno industriale che ha fra i suoi ambiti di interesse l’ergonomia e lo sviluppo di sensoristica indossabile per il monitoraggio delle funzioni vitali. “Per questo progetto –precisa- mi occupo degli aspetti ergonomici e dell’integrazione pratica fra uomo e prodotto-. L’obiettivo è sviluppare la facilità di utilizzo ed evitare fattori di discomfort che possono produrre, a lungo andare, patologie da lavoro. Due sono le linee di lavoro: metodologie di ricerca e fattori umani, e le due cose devono muoversi di pari passo. Nel designer, infatti, c’è un comprensibile anelito a prendere la matita e mettersi a disegnare, ma ciò è un errore. Prima bisogna costringersi a fare un passo indietro con mentalità analitica, perché si progetta sempre in relazione a fattori umani. Occorre infatti capire prima le specificità di un prodotto attraverso un’attenta valutazione, poi valutare l’applicabilità di estendere la soluzione stessa a settori contigui, sempre guardandosi intorno e sviluppando analogie a volte impensabili. Faccio un esempio: il sistema di aggancio di un mop può ricordare quello degli scarponi da sci nello sci. A partire da queste considerazioni si possono sviluppare progetti innovativi”.
C’è innovazione e innovazione
E poi c’è innovazione e innovazione: “L’innovazione –continua Andreoni- può essere incrementale o radicale. L’ultima è in genere migliorativa del già esistente, mentre l’innovazione radicale scardina le basi di un concetto: la moto a tre ruote, ad esempio. Ora siamo a un punto del lavoro in cui la fase di analisi e del primo concept è terminata, per lasciare spazio allo studio dell’effettiva fattibilità produttiva.
Ritengo questa un’esperienza molto interessante per i ragazzi, che così avranno modo di applicare ciò che studiano al mondo reale e, perché no, verificare le discrepanze fra realtà e studio teorico. Gli studenti possono così apprezzare cosa significhi lavorare in un’azienda e anche in team, requisito sempre più necessario oggi se teniamo presente che non tutti finiranno in uno studio privato, ma molti di essi approderanno nei settori di ricerca e sviluppo di aziende.
Il margine per innovare non manca
Ma nel cleaning c’è margine di innovazione? Incrementale o radicale? “C’è sicuramente molto margine incrementale -conclude Andreoni- perché i segni di innovazione non mancano. I ragazzi si stanno rendendo conto che c’è spazio per l’innovazione, ma anche in questo caso è necessario un cambio di prospettiva: si tratta di immaginare non tanto la macchina del futuro, quanto la società del futuro. Il progetto, poi, verrà da sé. E non escluderei innovazioni rivoluzionarie, radicali”.
Simone Finotti