Il D.Lgs. 115/2008 introduce importanti misure riguardo all’efficienza negli usi finali e ai servizi energetici, fornendo tra l’altro un’articolata serie di linee guida tecnico-procedurali che spaziano dall’attività settoriale delle PA e delle società di servizi energetici all’applicazione del “Servizio Energia”, dalla normazione delle ESCO alla qualificazione degli Energy Manager, fino alla certificazione energetica degli edifici. L’intento sembra quello di promuovere le condizioni per favorire lo sviluppo anche nel nostro paese di un mercato dei servizi energetici, stimolando al contempo comportamenti virtuosi specie da parte delle PA. Ma bisogna anche che l’offerta di mercato possa rispondere adeguatamente: sono in grado oggi di farlo le imprese che operano nella filiera dei servizi energetici integrati?
Il D.Lgs.115/2008 – che ha recepito la Direttiva 2006/32 CE – introduce una serie di indirizzi e misure che hanno l’obiettivo di migliorare l’efficienza energetica negli usi finali. In Italia si parla di efficienza energetica da diverso tempo: la L. 10/1991 titola infatti “Norme in materia di uso razionale dell’Eenergia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”; a ciò si aggiunga il DPR 412/1993 che ha introdotto il “Servizio Energia” e la figura del “Terzo responsabile” ed il successivo DPR 551/1999. E poi ancora il D.Lgs 192/2005 sui criteri generali per la “certificazione energetica degli edifici” e, a seguire, il D.Lgs 311/2007 che pone alcune disposizioni correttive del D.Lgs 192/2005. Di servizio energia, di Energy Manager,di efficienza energetica, così come di servizi integrati di Facility Management se ne parla quindi da anni e le stesse PA, attraverso la CONSIP, hanno fatto quanto possibile per cercare di ottenere una riduzione dei consumi energetici primari attraverso iniziative di approvvigionamento che prevedono la gestione integrata degli impianti tecnologici al servizio degli immobili dei vari enti. Purtroppo, sotto l’aspetto legislativo, siamo un paese a dir poco “prolifico”, perdendoci spesso nel dedalo delle numerose norme direttive, circolari e disposizioni che fra l’altro vengono emesse non solo a livello centrale ma anche regionale, provinciale e comunale: non siamo in grado di produrre leggi più semplici di indirizzo, da integrare con norme attuative puntuali ed aggiornate. Per fare un esempio, lo stesso D.Lgs. 115/2008, così come emesso, richiede ancora una serie di decreti attuativi, disposizioni, procedure e norme da parte dell’ENEA, dell’AEEG, dell’UNI e dello stesso Ministero dello Sviluppo Economico, nonché l’ emissione di norme sulla certificazione delle ESCO, sui requisiti dell’”Esperto in gestione dell’energia” (EGE), sui “Sistemi di Gestione dell’Energia” (SGE), sulle diagnosi energetiche e sulle metodologie per la misurazione del risparmio energetico.
Atti questi che logica vorrebbe venissero emessi se non in parallelo, perlomeno in un tempo “definito”. Come conseguenza di questa situazione, a quasi un anno di distanza dall’ emanazione del D.Lgs. 115 non siamo ancora in grado di applicare quanto da esso, mancando alcune fondamentali modalità applicative. Per contro la necessità di interventi per migliorare l’efficienza energetica e per riqualificare il patrimonio esistente sono particolarmente urgenti ed alcuni improcrastinabili. Recentemente l’ENEA ha presentato uno studio effettuato su un campione significativo di strutture pubbliche dal quale si evince quali siano le dimensioni degli investimenti necessari se si volesse operare con interventi importanti di riqualificazione energetica, così come previsto dal D.Lgs 115: per un campione di edifici con consumi stimati su base annuale di 15 milioni di MWh termici e 6 milioni di MWh elettrici, occorrerebbero investimenti per oltre 8 miliardi di euro. Rispetto a questa stima, appare evidente che – non consentendolo le disponibilità finanziarie pubbliche del nostro paese – si debba pensare ad una significativa presenza anche di investimenti privati: rispetto a questa esigenza nazionale, le imprese di settore dovrebbero e potrebbero svolgere un ruolo importante se supportate da un sistema bancario disponibile ad intervenire in tali operazioni. In questa direzione, le Imprese aderenti ad AGESI sono pronte a continuare ad operare ed ad implementare ulteriormente le iniziative per interventi di razionalizzazione strutturale ed impiantistica mirate al miglioramento dell’ efficienza energetica; ciò anche attraverso il ricorso alle energie da fonti rinnovabili, dove possibile e tecnicamente ed economicamente praticabile, ed il prefinanziamento diretto e/o con ricorso al FTT degli interventi necessari a fronte di contratti pluriennali di Servizio Energia.
Con altrettanta determinazione le nostre imprese sono pronte ad intervenire per proporre “sistemi efficienti di utenza”, anche mediante sistemi di cogenerazione ad alta efficienza, con la possibilità di prefinanziare, a secondo delle circostanze, una parte o la totalità delle opere necessarie, ovviamente anche nel quadro degli incentivi esistenti e/o futuri che saranno varati dal Governo in questo settore. In tal senso la nostra Associazione sta lavorando nell’ambito della task force “Efficienza Energetica” di Confindustria per predisporre una serie di proposte che potrebbero consentire, se recepite dalle istituzioni competenti, l’attivazione immediata di un’ulteriore serie di investimenti con ritorni economici, crescita dell’indotto e del PIL, nonché una consistente riduzione delle emissioni in atmosfera. E’ da sottolineare che lo spirito con il quale ci proponiamo di lavorare è assolutamente costruttivo in quanto convinti che le risorse dello stato abbiano un limite: conseguentemente, per le iniziative volte a migliorare l’efficienza energetica nel settore pubblico, anche le imprese devono svolgere un ruolo-chiave per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie, purché ciò sia consentito da leggi chiare ed applicabili e con la garanzia che le PA “paghino” i fornitori come contrattualmente previsto e in tempi adeguati.
Il quadro normativo di riferimento per il mercato degli appalti pubblici ha subito numerose modifiche negli ultimi anni, pervenendo solo nel 2006 all’introduzione del “Codice unico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”, che peraltro ha dovuto subire ben tre “correzioni” in poco più di due anni di vita. Ritiene adeguato l’attuale impianto normativo alla realtà del mercato degli appalti pubblici di servizi integrati?
L’introduzione nel nostro ordinamento del Codice dei contratti pubblici ha certamente avuto il merito di far sì che per la prima volta tutte le norme riguardanti gli appalti pubblici, diffuse in vari provvedimenti, siano state riunite in un unico testo legislativo, agevolando così il lavoro di tutti coloro che operano in questo ambito. Ritengo però che per adeguare l’attuale impianto normativo alla realtà del mercato degli appalti pubblici di servizi integrati il legislatore debba ancora compiere un passo fondamentale: è infatti assolutamente necessaria l’immediata emanazione del Regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici, emanazione che è stata più volte differita in questi ultimi tempi; il Regolamento dovrà avere il compito, tra l’altro, di definire con precisione alcuni “tecnicismi” riguardanti, ad esempio, nel caso di partecipazione alle gare di un RTI ovvero di un Consorzio, il possesso dei requisiti tecnici, economici ed organizzativi tra i diversi membri. In assenza di specifiche indicazioni al riguardo si è signficativamente innalzata la conflittualità tra i concorrenti alle gare pubbliche, con la conseguenza che sempre più spesso le stesse gare si concludono non più con il giudizio di una commissione giudicatrice e l’approvazione della stazione appaltante, bensì con il giudizio di un TAR o del Consiglio di Stato.
Il Regolamento dovrebbe inoltre curarsi di indicare qual è la concreta applicazione e portata dei requisiti di ordine generale, tema quest’ultimo di forte attualità nel nostro settore. E’ sconcertante constatare come, proprio nell’ambito in cui operano le imprese dei servizi, in quest’ultimo anno, ci sia stato ed è tutt’ora in atto un ritorno all’applicazione del peggiore formalismo con gare che ormai di fatto non si disputano più sulla base dei progetti presentati o degli sconti offerti, bensì sul rispetto pedissequo di sentenze e pareri dell’Autorità di settore riguardanti la presentazione di documentazione amministrativa. E’ noto che diverse gare per l’affidamento di lavori, servizi, forniture per centinaia di milioni di euro sono bloccate presso le rispettive commissioni giudicatrici per cavilli procedurali e formali riguardanti la presentazione della documentazione amministrativa. E’ auspicabile che l’approvazione e l’entrata in vigore del Regolamento possa servire a scongiurare per il futuro quello che oggi sta accadendo; per far si che ciò accada è però necessario che il Regolamento disciplini quanto sopra evidenziato. Ritengo infine che il mercato degli appalti pubblici di servizi integrati e il mercato degli appalti pubblici in genere trarrebbero giovamento dalla drastica correzione di alcuni “istituti”: l’”avvalimento”, ad esempio, dovrebbe essere consentito soltanto tra soggetti appartenenti al medesimo gruppo industriale, per scongiurare così un mercato del “requisito”.
Infine, una domanda che FMI ha sempre inteso porre a tutti gli organismi associativi interpellati. A livello di rappresentanza, la filiera delle imprese interessate al comparto dei servizi per i patrimoni immobiliari e urbani appare assai eterogenea e per certi versi ipertrofica. AFED, ANCE, ANCST, ASSISTAL, ASSOIMMOBILIARE, FISE ANIP, FISE ASSIOMA, oltre ad AGESI, sono tutte associazioni che, sia pur con diversa storia e finalità, intendono rappresentare gli interessi di categoria delle imprese che operano o che intendono operare nel settore. Pur mantenendo autonomamente le diverse rispettive peculiarità e rappresentatività, non sarebbe opportuno tentare di promuovere un processo mirato di federazione tra questi soggetti al fine di dar voce più incisiva ed efficace alle esigenze dell’intera filiera di imprese nell’ambito del mercato?
La risposta non può che essere positiva. Dal nostro punto di vista si dovrebbe/potrebbe iniziare ad operare una serie di “fusioni” e semplificazioni o quanto meno iniziare a lavorare seriamente assieme su tavoli interassociativi – con la presenza qualificata di organismi tecnico-scientifici, di università, di strutture tecniche delle PA, di enti normativi – per proporre alle istituzioni linee guida ed indirizzi pratici ed applicabili che consentano una semplificazione, una riduzione e, soprattutto, una maggiore snellezza ed applicabilità delle leggi emanate. Su questo fronte AGESI è aperta a qualsiasi confronto con tutti gli interlocutori del settore in quanto riteniamo sia l’unica strada da percorrere se si intende veramente fare “sistema” e trovare delle sintesi condivise sui temi e sui nodi più importanti, proponendo quindi alle istituzioni proposte e soluzioni organiche e condivise a monte per rendere più efficace ed efficiente il lavoro di tutti gli operatori del mercato.