I punti deboli della proposta
Innanzitutto, almeno per quanto concerne il progetto di ACEA spa – e stando sempre a quanto la stampa tecnica specializzata ha riportato del meccanismo – è lecito dubitare che si tratti propriamente di un sistema di aggiudicazione in base all’“offerta economicamente più vantaggiosa”.
Difatti, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa prevede obbligatoriamente l’individuazione di elementi di attribuzione del punteggio che ineriscano direttamente alla qualità dell’offerta, in quanto il criterio stesso è diretto all’individuazione del miglior rapporto qualità-prezzo. In questo caso, tuttavia, non si tratterebbe di qualità della specifica offerta (della quale in effetti non si conoscerebbe il livello) ma del solo prezzo, corretto in ragione dell’affidabilità presunta dell’offerente, misurata in base a verifiche effettuate nel corso di rapporti negoziali del tutto diversi.
Tuttavia, poiché i criteri di aggiudicazione degli appalti sono tassativi, nel senso che può essere prescelto unicamente il prezzo più basso o l’offerta economicamente più vantaggiosa, un criterio ulteriore, fondato sul prezzo più basso corretto in ragione di un requisito di natura dichiaratamente soggettiva – ovvero l’affidabilità del concorrente misurata in rapporti contrattuali diversi e precedenti – potrebbe essere ritenuto radicalmente illegittimo.
In ogni caso, se anche si ritenesse che il meccanismo potesse essere comunque ricondotto al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, resterebbe il problema già accennato della sicura commistione di requisiti oggettivi e soggettivi; commistione che, salvo rare pronunce di senso opposto, è generalmente ritenuta illegittima sia a livello europeo che a livello nazionale.
Inoltre, il meccanismo in esame appare ideato per un sistema chiuso. Difatti, la stazione appaltante attribuirebbe al concorrente un indice reputazionale basato sul comportamento precedente, il che presuppone che i contratti futuri vengano affidati ai medesimi operatori del passato, per i quali tale indice è stato calcolato ed è disponibile.
Non essendo però legittimo un sistema che non ammetta la possibilità di ingresso di nuovi operatori economici, anche nel caso in cui è consentito agli enti aggiudicatori istituire propri sistemi di qualificazione e un albo fornitori, comunque si porrebbe il problema di attribuire un indice attendibile ai nuovi iscritti.
Allo specifico riguardo, non è noto quale sia la soluzione in concreto prescelta da ACEA spa, ma qualunque che essa sia, dovrebbe necessariamente presupporre un indice iniziale stimato (la media degli indici reputazionali, oppure l’indice minore) il che significa che uno degli elementi che potrebbe risultare decisivo nella concreta aggiudicazione del contratto, per i concorrenti “nuovi” sarebbe frutto di una mera ipotesi, la quale potrebbe avvantaggiare o penalizzare il concorrente rispetto agli altri offerenti in modo del tutto casuale, con forti dubbi di legittimità anche sotto questo aspetto.
Peraltro, questi punti deboli non sembrerebbero poter essere superati neppure da una copertura normativa che preveda l’istituzione di un sistema unificato di attribuzione dell’indice reputazionale, su base nazionale, a tutte le imprese.
Un indice generalizzato, difatti, non risolverebbe il problema lamentato dalle PA e si tradurrebbe in un ulteriore elemento etero-determinato che le stazioni appaltanti pubbliche finirebbero per “subire”.
È assai probabile, peraltro, che una norma nazionale che legittimasse l’utilizzo dell’indice reputazionale come elemento di valutazione dell’offerta ed attribuzione del punteggio in fase di aggiudicazione risulterebbe contrastante con il diritto comunitario con conseguente obbligo di disapplicazione.
Prospettive di applicazione
Al di là dei problemi giuridici, l’utilizzo di uno strumento quale l’indice reputazionale non sembrerebbe essere comunque una risposta risolutiva ai problemi lamentati dalle stazioni appaltanti pubbliche, soprattutto se applicato alla fase di valutazione delle offerte.
L’indice dovrebbe, in buona sostanza, misurare la capacità del contraente di ottemperare a tutte le norme vigenti in materia di esecuzione dello specifico contratto aggiudicatogli, nonché di rispettare puntualmente quanto previsto in fase esecutiva dai documenti di gara.
Ad esempio, nel caso del “Vendor Rating” di ACEA spa l’indice si baserebbe sui risultati di una serie di verifiche dirette ad accertare la conformità/non conformità di una serie di parametri (attrezzature impiegate, documenti di cantiere, ecc.).
Non si può fare a meno di osservare, tuttavia, che, indipendentemente dalla creazione di un indice reputazionale, la stazione appaltante ha sempre il potere – e il dovere – di effettuare i necessari controlli sull’esecuzione della prestazione e che, in particolare nel settore dei lavori, tali controlli dovrebbero essere già costantemente garantiti dalla direzione lavori e dal responsabile del coordinamento per la sicurezza.
L’art. 38 del Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 163/2006), oltre a prescrivere l’esclusione per le imprese che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio (lett.e), nonché per quelle che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti, prevede che l’amministrazione possa escludere dalla partecipazione alla gara il concorrente che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, abbia commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara, oppure che abbia commesso un errore grave nell’esercizio della propria attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante.
Quindi, l’appaltatore che non svolge correttamente la prestazione affidatagli già con il sistema vigente rischia, oltre all’applicazione di penali, alla risoluzione del contratto, all’irrogazione di sanzioni, anche l’esclusione dalle gare successive. Il che dovrebbe rappresentare un deterrente molto più significativo rispetto all’attribuzione di un “indice negativo” che, salva la verifica di anomalia, potrebbe essere sempre compensato dall’offerta di un prezzo più basso.
È opportuno in questa sede sottolineare che, più che aggiungere un ulteriore elemento di dubbia legittimità al complesso meccanismo dell’aggiudicazione dei contratti pubblici (con la probabile conseguente pioggia di ricorsi la cui fondatezza non è affatto da escludere), occorrerebbe una maggiore attenzione delle stazioni appaltanti pubbliche alla fase esecutiva del rapporto: dalla stesura di contratti maggiormente cautelativi anche nella prospettiva della possibilità di far legittimamente valere nelle successive gare le negligenze eventualmente accertate nell’esecuzione delle prestazioni, all’effettivo e costante controllo delle stesse, con correlativa contestazione formale e irrogazione delle necessarie sanzioni.
Infine, ma questa non è purtroppo una novità, il punto realmente nodale resta la necessità di garantire tempi molto più brevi per i contenziosi afferenti all’esecuzione dei contratti pubblici, consentendo così alle PA di far valere senza timori la negligenza e la malafede nei precedenti contrattuali al fine di escludere le imprese non affidabili dalle gare pubbliche.
Note
1 Cfr. a questo riguardo:
– R. Mangani, Il caso ACEA: anche con le leggi bisogna superare i formalismi per avere qualità negli appalti, in “Il Sole 24 Ore Edilizia e Territorio – Commenti e Norme”, n.11/2009;
– V. Uva, La sfida di ACEA: ”Il voto all’impresa peserà in gara”, in Il Sole 24 Ore Edilizia e Territorio, n.4/2009.
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Paola Conio*
Luca Leone**
* Senior Partner Studio Legale Leone – Roma
** Titolare Studio Legale Leone – Roma