“Le nostre aziende rientrano tra i servizi essenziali, ma il paradosso è che, quando si tratta dell’approvvigionamento di dispositivi di protezione personale destinati ai lavoratori, fatalmente non veniamo considerati tali. Per questo è accaduto di vedere sequestrati ingenti quantitativi di mascherine destinati alle nostre aziende, e non perchè qualcuno si è avvalso di forniture poco affidabili, bensì per una ambiguità di fondo che non si ancora dissolta, neanche agli occhi degli operatori doganali.
Le imprese dei Servizi sono in prima linea nella lotta al rischio infettivo, negli ospedali e in generali in tutti quei luoghi di lavoro che oggi necessitano di un massiccia opera di sanificazione. Perciò, ascoltare le parole del Direttore delle dogane che adombra da parte delle nostre imprese l’utilizzo di importatori ‘improbabili’, desta non poche perplessità. Ricordiamo, in primis, che l’allarme è lanciato non da un qualsiasi cane sciolto, ma da una associazione confindustriale, e che una fornitura ‘improbabile’, la maggior parte delle volte già pagata dalle imprese, è un rischio economico e per la salute dei nostri lavoratori che le aziende della nostra associazione non possono permettersi. Rappresentiamo oltre 500mila lavoratori nel Paese, con una grande parte di questi impiegata nell’ambito di pulizia, igiene e sanificazione.
Non possiamo rischiare alcuno stop per la mancanza di mascherine, tute o calzari. Auspichiamo, dunque, che tutte le articolazioni impegnate nell’emergenza, dal commissario sino al soggetto attuatore individuato nell’agenzia delle dogane, dialoghino al meglio per garantire le forniture a chi ne ha bisogno. Ovviamente sanzionando chi specula”. Lo dichiara in una nota il presidente di ANIP-Confindustria, associazione nazionale imprese di pulizia e servizi integrati Lorenzo Mattioli.