Sono tantissime e possono causare danni alla salute e alle attività dell’uomo: sono le specie alloctone, cioè quegli organismi trasportati dall’uomo intenzionalmente o accidentalmente al di fuori del loro areale naturale, che hanno o possono avere effetti negativi sulla biodiversità e sulla salute e le attività dell’uomo.
Dall’Ambrosia artemisiifolia, una specie vegetale nordamericana che può causare asma e riniti, all’Ostreopsis ovata, un’alga tossica che popola il bacino del Mediterraneo; dalla Xylella fastidiosa, tristemente famosa per la strage di ulivi nel Salento, fino allo scoiattolo grigio e alla nutria, che minacciano le specie originarie e la salute degli ecosistemi. Sono dappertutto e appartengono ai più diversi gruppi animali: anche se non tutte le specie alloctone causano impatti, in alcuni gruppi – come negli invertebrati – la proporzione di specie invasive dannose è del 15%, talvolta con effetti diretti sulla salute umana (specie vettrici di infezioni o direttamente patogene); in altri gruppi – come nei vertebrati terrestri – la percentuale è ancora più elevata e gli effetti ancora più evidenti.
Prima causa di estinzione di specie animali nel mondo, le invasive rappresentano una minaccia particolarmente grave per il nostro Paese: per questo motivo il 23 febbraio scorso, nell’aula del rettorato dell’università La Sapienza di Roma, la Fisna (Federazione italiana di scienze della natura e dell’ambiente) ha promosso il convegno “Specie aliene in Italia. Emergenze e ri-emergenze per ambiente e salute”.
«L’attesa per l’evento era alta, perché la lotta alle specie alloctone invasive è una delle sfide più grandi che oggi ci troviamo ad affrontare: richiede interventi urgenti, ma anche approcci differenti. È dunque davvero incoraggiante che a Roma si siano riuniti, per trovare soluzioni condivise, 4 ministeri della Repubblica (Ambiente, Salute, Politiche Agricole, Università e ricerca), l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e quasi tutte le società scientifiche italiane», dichiara il presidente dell’ATIt (Associazione Teriologica Italiana), Adriano Martinoli.
Oltre ai danni ambientali, le specie invasive, o aliene all’ambiente in cui vengono trasportate dall’uomo, provocano peraltro elevati impatti sulla vita e sulla salute dell’uomo e determinano danni economici ingenti, che in Europa sono superiori ai 12 miliardi di Euro all’anno.
«Per quanto riguarda i mammiferi, in Italia si contano 19 specie introdotte, di cui 5 alloctone invasive – racconta Martinoli – Un numero allarmante, soprattutto in virtù del fatto che alcuni interventi di contrasto a queste specie indigene si scontrano con l’emotività dell’opinione pubblica: basti pensare a quanta contrarietà suscita la proposta di eradicare lo scoiattolo americano o altre specie dall’aspetto gradevole». Proprio per questo motivo, tra le misure da adottare per rispondere alla minaccia posta dalle alloctone, è essenziale promuovere una rigorosa ed efficace comunicazione verso il pubblico, finalizzata ad incentivare comportamenti responsabili da parte di tutti i cittadini, a partire dalle categorie più direttamente coinvolte nei processi, diretti o indiretti, di introduzione di specie fino agli operatori ambientali e sanitari, a quelli commerciali e del turismo, alle aree di protezione naturalistica. E’ infatti importantissimo comprendere che, alla base di comportamenti che determinano l’introduzione di specie alloctone, con tutti i problemi gravissimi che ne derivano, vi è la mancanza di informazione e di programmi specifici di prevenzione ed educazione anche sanitaria.
Ma sensibilizzare, ovviamente, non basta: ecco perché, nel documento condiviso alla fine dei lavori da tutte le realtà presenti al congresso (e disponibile sul sito Fisna) si auspica “l’adozione di azioni di prevenzione, intervenendo sui vettori di introduzione delle specie invasive, di rilevamento precoce e risposta rapida nel caso di nuove invasioni, o di eradicazione e controllo delle specie già insediate in natura” nonché “una attività di ricerca sostenuta […] ed un’effettiva collaborazione tra i ministeri competenti e la comunità scientifica nazionale, implementando programmi di prevenzione, sorveglianza e controllo del problema, nei diversi ambiti”.
Un approccio che non dovrebbe restare sulla carta, dal momento che anche una recente normativa europea (il Regolamento UE 1143/2014) impone di adottare misure restrittive su una lista di specie invasive. Per il nostro Paese, la speranza è che il confronto organizzato a Roma rappresenti un passo deciso e sinergico tra tutte le realtà coinvolte, nella direzione di dare vita ad una politica coerente ed efficace su questo tema.
di Filippo Zibordi – Ufficio Comunicazione ATIt per greenreport.it