Nel rapporto “qualità percepita della vita e pulizia percepita nel proprio territorio”, il fattore “pulizia-igiene” pesa per il 47%, contro il 14% della sostenibilità, e il 13% della sicurezza. E’ quindi la pulizia delle strade e il decoro di quartieri e spazi pubblici la prima preoccupazione degli italiani.
E’ quanto emerge dal Report “Pulizia urbana e qualità del vivere” presentato il 3 ottobre a Verona al Centro Congressi Veronafiere. La ricerca, commissionata da Afidamp (Associazione fabbricanti italiani macchine, prodotti ed attrezzi per la pulizia professionale e l’igiene ambientale) all’istituto demoscopico Coesis Research, è stata illustrata nell’ambito della presentazione di Pulire Outdoor, il nuovo salone dedicato ai servizi per il sistema urbano che si svolgerà alla Fiera di Verona dal 21 al 23 maggio 2013.
Afidamp, in collaborazione con l’istituto demoscopico Coesis Research, ha realizzato nel mese di settembre 2012 uno studio d’opinione (1.433 interviste totali, con metodologia telefonica CATI, su un campione rappresentativo nazionale, con approfondimenti specifici su Milano e Bari) riguardante in particolare l’impatto della pulizia urbana sulla qualità percepita della vita.
Esaminando i rapporti fra qualità percepita della vita e pulizia percepita del territorio in cui si vive, si è scoperto che il peso che ha il fattore «pulizia-igiene», nel determinare la percezione complessiva di qualità della vita, è davvero molto alto: la sua misura di “impatto” è infatti pari al 47%. Ciò significa che alzando di un punto percentuale la percezione di pulizia del proprio territorio si alza automaticamente di mezzo punto percentuale la percezione generale di qualità della vita.
Nessuno degli altri fattori studiati ha un peso così elevato, e il distacco è notevole anche su fattori tradizionalmente considerati, dagli osservatori e dai decisori politici, molto importanti. A fronte del 47% di peso della pulizia-igiene, abbiamo la sostenibilità al secondo posto col 14% e la sicurezza al terzo posto col 13%. Nonostante l’ampio risalto mediatico dato da anni al tema della sicurezza, essa pesa poco più di 1/3 della pulizia-igiene nel determinare la percezione complessiva di qualità della vita.
Dunque, investire in micro-cura del territorio, investire in pulizia e igiene delle nostre città, è un ottimo modo, uno dei modi più efficaci possibili, per far sentire gli italiani soddisfatti della loro qualità della vita. Questo è il dato che sale con forza dalla ricerca, e che aiuta a rivalutare fattori di qualità del vivere che forse sono rimasti per troppo tempo nell’ombra.
L’altro contributo rilevante dato dalla ricerca è la costruzione di due specifici indicatori: quello di qualità della vita generale (QLI, Quality Life Index), e quello di pulizia percepita del territorio (CFI, Clean Factor Index).
Questi due indicatori standardizzati ci consentono di misurare con precisione le due variabili in questione: qualità della vita e pulizia del territorio (e abbiamo appena sottolineato quanto la seconda pesi sulla prima). Ciò permette confronti sincronici (tra zone diverse del Paese) e diacronici (anno per anno, vedendo come variano gli indicatori sintetici).
La prima edizione dello studio, presentata a Verona, ci dice con chiarezza che il Triveneto, unito all’Emilia Romagna, è la macro-area del Paese (Nord Est) in cui la qualità percepita della vita è più elevata. È una sorta di «area felix» in cui la percezione dei cittadini è simile a quella che si registra nei paesi nord-europei. È l’area della micro-impresa diffusa, del benessere distribuito, ma anche della qualità percepita della vita più alta.
In seconda posizione troviamo il Nord Ovest, nel complesso non molto staccato dal Nord Est, ma con una caduta significativa del valore di qualità percepita della vita nell’area metropolitana milanese. È un altro dei problemi italiani: fatichiamo a rendere alta la qualità della vita nelle nostre metropoli. In ogni caso, il Nord nel suo insieme è sopra la media italiana, che si attesta a poco più di 70 come valore del QLI. Sotto media troviamo di pochissimo il Centro (influenzato dal peso demografico che ha l’area metropolitana romana, caratterizzata anch’essa da alcune criticità), e con valori marcatamente più bassi il Sud-Isole (con un picco negativo nell’area metropolitana di Bari). Il QLI ci restituisce insomma l’immagine di un paese a due velocità, in cui a non tutti i cittadini sono garantite analoghe condizioni potenziali di qualità della vita.
Una conferma ottenuta da questa ricerca riguarda la relazione inversa fra numero di abitanti di un comune e qualità percepita della vita. Nei piccoli centri si vive meglio che nei grandi centri, e la relazione è davvero di quasi perfetta correlazione inversa. In media, nei comuni più piccoli (al di sotto dei 5.000 abitanti) il QLI è superiore di 10 punti a quello che si registra nei comuni più grandi (oltre i 250 mila abitanti).
Una scoperta interessante concerne invece la sostanziale anelasticità del QLI alla variabile età. Non ci sono infatti differenze significative fra più giovani e meno giovani. Non c’è nessun gap generazionale nella percezione della qualità della vita. Sotto questo profilo, gli italiani sono un popolo veramente unito.
Passando al CFI, cioè all’indicatore di pulizia percepita, otteniamo un quadro simile a quello del QLI ma ulteriormente radicalizzato. L’area che si percepisce come più pulita è il Nord Est, decisamente sopra media nazionale, e l’area che si percepisce come meno pulita è il Sud-Isole. Se confrontiamo il valore 78 del Nord Est con il valore 57 di Bari, evidenziando una distanza di 21 punti su questo indicatore, ci accorgiamo di quanto disomogenee siano le condizioni del Paese. E di quanto ci sarebbe bisogno di una «green policy», sostenuta da opportuni investimenti, che punti a fare del nostro Paese un territorio uniformemente curato e valorizzato.
Per quanto riguarda la relazione fra ampiezza del comune di residenza e pulizia percepita del territorio, troviamo una relazione più complessa rispetto a quella tra qualità e popolazione. La tendenza generale è a una correlazione lineare inversa, però si evidenziano due punti di discontinuità, o meglio due improvvise cadute verso il basso. La prima si ha in relazione ai centri fra 30 mila e 100 mila abitanti. Non sono più cittadine, non sono ancora grandi città: i loro indicatori di pulizia percepita presentano un picco verso il basso. Un altro picco verso il basso, con accelerazione della tendenza generale alla relazione lineare inversa, si ha in corrispondenza dei centri con più di 250 mila abitanti: ancora una conferma della difficoltà in Italia ad avere delle metropoli in cui si possa vivere veramente bene.
Con le successive edizioni dello studio, potremo descrivere l’andamento diacronico delle percezioni collettive in materia e, magari, scoprire nuove relazioni interessanti. Su una materia, come abbiamo visto, che ha un peso davvero rilevante sulla formazione del nostro sentiment nazionale.