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L’AMIANTO RESTA UN PROBLEMA GRAVISSIMO

(Tratto da GSA igiene urbana n 1, gennaio-marzo 2012)

La sentenza che ha condannato i responsabili della multinazionale svizzera dovrà ancora superare l’esame della Corte di Appello, ma rappresenta comunque una grande novità nell’attribuzione della responsabilità civile e penale per le morti e gli infortuni collegati all’ambiente di lavoro.

 

a cura di Cittadinanzattiva

Il 12 febbraio scorso il tribunale di Torino,  in una sentenza storica nell’ambito del processo Eternit per le morti da amianto, ha condannato a 16 anni di reclusione l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, 64 anni, e il barone belga Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne, 90 anni, già proprietari con ruoli di responsabilità nell’azienda, che è una multinazionale svizzera tutt’ora operante anche nella produzione di manufatti di amianto in molti paesi dove la produzione e l’utilizzo di questi materiali non sono vietati. L’accusa era di disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche. Il processo è durato oltre due anni e si è articolato in 65 udienze. Ai dirigenti vengono contestate le morti di 2.100 persone e le malattie che hanno colpito altre 800 persone nelle zone degli stabilimenti di Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Le parti civili che si sono costituite in giudizi sono oltre seimila. Alla Eternit spa è attribuita la morte di quasi 3.000 persone in quattro stabilimenti italiani a partire dagli anni 50.

I due imprenditori già dirigenti della Eternit condannati non erano presenti in aula ma i loro legali hanno già annunciato ricorso in appello. Nella sentenza per quella che è ritenuta la più grande causa in materia mai svolta in Europa i giudici hanno riconosciuto una provisionale da 25 milioni di euro di risarcimento danni al comune di Casale Monferrato, 20 milioni alla Regione Piemonte e 100 mila euro all’Associazione familiari vittime dell’amianto (Afeva). I risarcimenti ai parenti di vittime o ai malati costuitisi parte civile, che sono oltre 6.000 sono nell’ordine di una media di circa 30mila euro ciascuno.

“E’ una sentenza che non ci aspettavamo”, ha detto il legale di De Cartier, Cesare Zaccone, mentre una nota ricorda che il dirigente “non ha mai ricoperto ruoli operativi nella società della quale è stato consigliere di amministrazione senza deleghe per un periodo di tempo molto limitato…Di conseguenza non è mai stato responsabile delle misure di sicurezza di Eternit spa” e per questo sarà presentato appello. Il pm Raffaele Guariniello ha invece definito la sentenza “un sogno che si realizza, quello di poter dare giustizia alle vittime e alle famiglie delle vittime…Quando abbiamo iniziato – ha aggiunto – pensavano di inseguire un sogno, abbiamo dimostrato che si può sognare di avere giustizia”, ha detto il magistrato.

Purtroppo questa sentenza non mette affatto la parola fine all’ allarme eternit. Innanzitutto ancora oggi non si riesce a fare una valutazione sul numero delle vittime. L’eternit è stato infatti collegato, oltre che alla malattia polmonare cronica nota come asbestosi, anche all’insorgenza del cancro. Si tratta di malattie che hanno un periodo di incubazione molto lungo, che si aggira intorno ai 30 anni. Per cui la lista delle vittime non si può dire chiusa. Purtroppo molti ancora potrebbero pagare il prezzo di esser entrati a contatto con questo materiale tossico. La seconda ragione che non permette di archiviare il problema eternit è che in Italia l’amianto c’è ancora. Secondo le stime del CNR e dell’Inail in Italia ci sono ancora ben 32 milioni di tonnellate di amianto e un miliardo circa di metri quadri di coperture in eternit sui tetti.

Anche la stima sui decessi è allarmante: 4mila persone ogni anno perdono la vita a causa dell’amianto. Secondo la ricerca SENTIERI (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio inquinamento) condotta dall’Istituto Superiore di Sanità ci sono almeno una quarantina di luoghi di interesse per una bonifica d’amianto. Secondo il Registro nazionale mesioteliomi, i più colpiti sono gli operai che lavorano la fibra, seguiti dai familiari e dagli abitanti delle zone vicine ai grandi centri di pericolo, come Casale Monferrato. Lo IARC (Agenzia dell’Oms per la ricerca sul cancro) classifica l’amianto come sicuramente cancerogeno per l’uomo, capace di provocare tumori della pleura (mesoteliomi), del polmone, della laringe, dell’ovaio.
Il materiale killer si nasconde in tubature, rotaie, rivestimenti di tetti e garage. Le condizioni di questi manufatti sono anche precarie per via del deterioramento causato dal tempo. A questo si deve aggiungere il fatto che il processo di bonifica e smaltimento è tutt’altro che concluso. Per legge infatti lo smantellamento di tetti o altri manufatti che contengono amianto è obbligatoria solo se si trovano in uno stato di degrado tale da poter formare delle particelle che possono essere inalate. Secondo la normativa, il lavoro di bonifica e smaltimento può essere effettuato solo da ditte specializzate che possono contare sull’aiuto di personale qualificato. L’elenco delle ditte autorizzate a operare in questo campo è tenuto e aggiornato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e si può trovare sul sito del Ministero cliccando sull’icona “Codice Rifiuto” e compilare i campi richiesti (regione, provincia, ecc.)
La prima operazione che gli operatori della ditta che esegue la bonifica devono eseguire è l’accertamento della presenza di amianto tramite l’analisi storica del sito e attraverso test di laboratorio su un campione del materiale. Una volta determinata la presenza dell’amianto si procede con l’incapsulamento, un’operazione di bonifica transitoria che prevede il trattamento delle superfici delle lastre esposte agli agenti atmosferici con sostanze sintetiche che impediscono il rilascio di polveri tossiche. Per procedere invece allo smaltimento definitivo, il materiale deve essere confezionato, seguendo una serie di misure di sicurezza eccezionali, e poi trasportato in apposite discariche.
Ma anche quando si riuscirà a eliminare definitivamente la presenza di amianto su tutto il territorio nazionale, rimane il problema dei manufatti a rischio che possono essere importati dall’estero. Nonostante infatti l’Europa abbia bandito l’eternit negli anni ’90, ci sono ancora alcuni paesi dove viene utilizzato, come ad esempio la Russia, il Canada, la Cina, l’India, il Brasile e la Thailandia.

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