Parliamo di nuovo di dimissioni, stavolta per cercare di chiarire una situazione “paradossale” che, ora, pare finalmente risolta almeno in parte.
Com’era prima…
Andiamo con ordine: fino all’entrata in vigore del cd. “Collegato lavoro” (dlgs 203/2024, l’impresa non poteva considerare come dimissionario il
lavoratore che lasciava volontariamente il posto di lavoro senza aver completato le dimissioni telematiche, agli effetti dell’art. 26 del dlgs 151/15 (era l’epoca del jobs act), che non tipizzava altre possibilità di dimissioni sé non, appunto, quelle telematiche. Una situazione che, diciamolo, metteva non poco in difficoltà le imprese di pulizia/ multiservizi/ servizi integrati, alle prese con un settore labour intensive e con numerosissimi dipendenti con scarsa o nulla dimestichezza digitale. A ciò si deve aggiungere che la previgente normativa spingeva l’azienda a licenziare il lavoratore che non si presentava al lavoro, facendogli di riflesso ottenere l’ingiusto beneficio della “Naspi”.
I nuovi effetti della “collegato lavoro”
Ora però, le cose sono cambiate: con l’articolo 19 della legge 203/2024, se il lavoratore risulta assente ingiustificato per un periodo superiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale (o 15 gg, in mancanza di espressa previsione pattizia), il datore può considerare dimissionario il dipendente, senza pagare il ticket, senza dover licenziare e senza accesso alla Naspi. Come abbiamo già avuto modo di osservare, le dimissioni per facta concludentia prevedono tuttavia un iter particolare, a partire dalla comunicazione del datore di lavoro all’Ispettorato territoriale del lavoro.
La nota INL 579
E qui entra in gioco la recente nota INL 579 del 22 gennaio 2025, che chiarisce alcune importanti questioni. La comunicazione dell’Ispettorato, recante “Oggetto: L. n. 203/2024 recante “Disposizioni in materia di lavoro” – art. 19 (norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro) – prime indicazioni operative”, fa seguito alla precedente nota prot. n. 9740 del 30 dicembre 2024, e fornisce le prime indicazioni sulle novità che la L. n. 203/2024 ha specificatamente introdotto in materia di risoluzione del rapporto di lavoro, indicazioni condivise con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot. 532 del 20 gennaio 2025.
Le modifiche di legge
Come precisa l’INL, l’art. 19 della citata legge integra l’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015 che già disciplina le “Dimissioni volontarie e risoluzione consensuale” introducendo un nuovo comma 7-bis secondo il quale “in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima.
Rapporto risolto per fatti concludenti
In ossequio al principio dei “fatti concludenti”, in tal caso rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal menzionato articolo. Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza”.
Un nuovo onere in capo al datore (che vuole licenziare)
La previsione affida anzitutto l’onere, in capo al datore di lavoro, di comunicare alla sede territoriale dell’Ispettorato, da individuarsi in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro, l’assenza ingiustificata del lavoratore che si sia protratta oltre uno specifico termine. Va anzitutto chiarito che tale comunicazione va effettuata solo laddove il datore di lavoro intenda evidentemente far valere l’assenza ingiustificata del lavoratore ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro e pertanto non va effettuata sempre e in ogni caso. Laddove il datore di lavoro intenda effettuare la comunicazione, dovrà inoltre verificare che l’assenza ingiustificata abbia superato il termine eventualmente individuato dal contratto collettivo applicato o che, in assenza di una specifica previsione contrattuale, siano trascorsi almeno quindici giorni dall’inizio del periodo di assenza.
Contenuto della comunicazione e verifiche
La comunicazione che il datore di lavoro intende effettuare alla sede territoriale di questo Ispettorato, preferibilmente a mezzo PEC all’indirizzo istituzionale di ciascuna sede, dovrà riportare tutte le informazioni a conoscenza dello stesso datore concernenti il lavoratore e riferibili non solo ai dati anagrafici ma soprattutto ai recapiti, anche telefonici e di posta elettronica, di cui è a conoscenza. Al riguardo si mette a disposizione dell’utenza un modello di comunicazione volto a uniformarne i contenuti e semplificare il relativo adempimento da parte dei datori di lavoro.
Gli accertamenti Itl
Sulla base della comunicazione pervenuta e di eventuali altre informazioni già in possesso degli Ispettorati territoriali, gli stessi potranno avviare la verifica sulla “veridicità della comunicazione medesima”. In tal senso gli Ispettorati potranno dunque contattare il lavoratore – ma anche altro personale impiegato presso il medesimo datore di lavoro o altri soggetti che possano fornire elementi utili – al fine di accertare se effettivamente il lavoratore non si sia più presentato presso la sede di lavoro, né abbia potuto comunicare la sua assenza. Al fine di non vanificare l’efficacia di eventuali accertamenti, gli stessi dovranno essere avviati e conclusi con la massima tempestività e comunque entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione trasmessa dal datore di lavoro.
Risoluzione del rapporto e prova contraria
Secondo il dettato normativo “il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo”. In altri termini, ordinariamente, sulla base del protrarsi della assenza ingiustificata e della citata comunicazione da parte del datore di lavoro, il rapporto di lavoro si intenderà risolto per dimissioni del lavoratore. Pertanto, una volta decorso il periodo previsto dalla contrattazione collettiva o quello indicato dal legislatore ed effettuata la comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro, il datore di lavoro potrà procedere alla comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro.
Come evitare gli effetti risolutivi
L’effetto risolutivo del rapporto potrà tuttavia essere evitato laddove il lavoratore dimostri “l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza”. Al riguardo il legislatore pone dunque in capo al lavoratore l’onere di provare non tanto i motivi che sono alla base dell’assenza, bensì l’impossibilità di comunicare gli stessi al datore di lavoro (ad es. perché ricoverato in ospedale) o comunque la circostanza di averli comunicati.
Se il licenziamento è inefficace
Laddove il lavoratore dia effettivamente prova di quanto sopra ma anche nell’ipotesi in cui l’Ispettorato accerti autonomamente la non veridicità della comunicazione del datore di lavoro, non può trovare applicazione l’effetto risolutivo del rapporto di lavoro di cui al secondo periodo del nuovo comma 7-bis. Solo in tal caso l’Ispettorato provvederà a comunicare l’inefficacia della risoluzione sia al lavoratore – il quale avrà diritto alla ricostituzione del rapporto laddove il datore di lavoro abbia già provveduto alla trasmissione del relativo modello Unilav – sia al datore di lavoro possibilmente riscontrando, con lo stesso mezzo, la comunicazione via PEC ricevuta.
“Impagati” tra i casi di rivalutazione del recesso
Nell’ipotesi in cui risulti che il lavoratore, pur contattato dall’Ispettorato, sia stato assente senza giustificato motivo e non abbia dato prova dell’impossibilità della relativa comunicazione, il rapporto dovrà ritenersi comunque risolto. Al riguardo, i motivi alla base dell’assenza (ad es. mancato pagamento delle retribuzioni) potranno tuttavia essere oggetto di una diversa valutazione anche in termini di “giusta causa” delle dimissioni rispetto alle quali si provvederà ad informare il lavoratore dei conseguenti diritti.