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Violenza al Pronto Soccorso, un problema indifferibile

Violenza al Pronto Soccorso, si tratta di una vera e propria emergenza-sicurezza e va affrontata con decisione, puntando soprattutto sulla prevenzione e la comunicazione. Ne parliamo con Maurizio Greco, presidente ALPE, Associazione ligure provveditori ed economi, e Direttore affari generali e legali dell’Asl 4 Liguria.

I numeri sono allarmanti, e la gravità degli episodi forse ancor di più. Il tema è attualissimo: non passa giorno che, da qualche parte d’Italia, le pagine di cronaca -locale e nazionale- non risuonino di episodi di violenza (ad andar bene verbale, nella peggiore delle ipotesi fisica) rivolta contro il personale ospedaliero. Sulla rete circolano video inquietanti: basta dare un’occhiata per toccare con mano la serietà del problema, e l’urgenza di trovare -tutti insieme- possibili soluzioni. 

E’ un allarme-sicurezza Si tratta a tutti gli effetti di una questione di sicurezza sul lavoro, e di quelle serie. Una volta tanto non parliamo dei pazienti, ma degli operatori: stando ai dati Inail i casi di aggressione e violenza ai danni del personale sanitario accertati nel 2022 (ultimo anno disponibile) sono più di 1.600. Venendo a tempi più recenti, colpisce constatare che in tutto l’ultimo mese di agosto non ci sia stato un solo giorno in cui un medico o un infermiere, 8 volte su 10 di sesso femminile, abbia subito una violenza fisica, nella maggior parte dei casi da un paziente o da un parente dei pazienti. E ancora, circa il 10% degli infortuni occorsi a chi lavora in corsia è riconducibile a un’aggressione: più di tre volte ciò che accade nel comparto Industria e servizi.

Maurizio Greco: “E’ una questione di estrema urgenza” La questione è ormai di dominio pubblico, e a gran voce si chiede -in maniera totalmente bipartisan- un intervento deciso. “Non è un caso che recentemente il Ministro della Salute Orazio Schillaci abbia parlato della necessità di misure drastiche, a partire dall’arresto in flagranza per gli autori delle violenze. Questo va bene quando il fatto è già accaduto. Ma c’è anche la strada della prevenzione”. A parlare è Maurizio Greco, presidente ALPE – Associazione ligure economi e provveditori in seno a Fare, Federazione delle associazioni regionali degli economi e provveditori della sanità, nonché Provveditore e Direttore affari generali e legali presso l’Azienda Socio-sanitaria Locale n. 4. “Il nostro territorio si estende a est di Genova, e comprende località come Rapallo, Chiavari, Sestri Levante, Lavagna -dove c’è il Pronto Soccorso-, e l’entroterra, con zone anche non semplici da raggiungere”.

Approvato il DL che inasprisce le pene A proposito di inasprimento delle misure, lo scorso 27 settembre è stato approvato in Cdm il decreto-legge con le misure urgenti per contrastare i fenomeni di violenza nei confronti dei professionisti sanitari, che inasprisce la pena per chi danneggia beni all’interno o all’esterno di una struttura sanitaria. Tecnicamente, modifica gli articoli del codice di procedura penale 380 (arresto obbligatorio in flagranza) e 382 bis (arresto in flagranza differita): si estende l’arresto obbligatorio in flagranza anche agli atti di violenza che causano lesioni personali ai professionisti sanitari o che producono danni ai beni mobili e immobili destinati all’assistenza sanitaria. L’arresto si applica anche “differito”, ossia nelle 48 ore successive alla condotta delittuosa inequivocabilmente provata da documentazione videofotografica.

Cambia anche il 365 “cp” La norma, in più, modifica anche l’articolo 365 del codice penale prevedendo una pena aggravata per chi danneggia beni mobili o immobili all’interno o nelle pertinenze di strutture sanitarie o socio-sanitarie residenziali o semiresidenziali, pubbliche o private, compresi beni di medici e personale sanitario: reclusione da uno a cinque anni e multa fino a 10mila euro e la pena è aumentata se il fatto è commesso da più persone riunite.

Il Pronto Soccorso il reparto più colpito Precisa Greco: “In realtà le leggi c’erano già, e anche abbastanza recenti, come la 113/2020, che inaspriva già le pene per gli autori di episodi violenti contro i sanitari. Di fatto, però, soprattutto da quando sono stati tolti in molti ospedali i presidi di polizia, i fatti di violenza stanno conoscendo un’escalation inarrestabile. La carenza di personale sanitario fa il resto”. Prosegue Greco: “Ad essere colpiti sono soprattutto i Pronto Soccorso, con centinaia di episodi ogni anno negli ospedali più complessi”.

Troppe persone esasperate e violente “Questo per evidenti ragioni: sono i reparti più esposti, sono sempre aperti e spesso svolgono un ruolo di supplenza rispetto a necessità sanitarie che di urgente hanno ben poco, e che non vengono soddisfatte nell’immediato da un sistema sanitario sempre più in sofferenza e che a volte, diciamolo, latita. Molte persone arrivano esasperate dai tempi di attesa richiesti per gli esami ordinari e cercano soluzioni alternative più rapide al Pronto soccorso. Poi c’è la comprensibile agitazione dei pazienti e dei parenti, che soprattutto dopo il Covid non possono più sostare nei locali e sono costretti a snervanti attese fuori. Senza contare i senzatetto che cercano di passare la notte in “Ps”, chi arriva già in stato di alterazione, ebbrezza, chi si presenta con intenzioni minacciose e chi ha problemi psichiatrici”.

Ridefinire i modelli territoriali “Alla base, comunque, c’è la sempre più scarsa fiducia del cittadino nel sistema sanitario e nei suoi operatori”. Un sistema, ci permettiamo di aggiungere noi, che viene spesso affossato da campagne mediatiche ingenerose, salvo poi inneggiare agli “eroi” o ai “martiri”. Continua Greco: “Negli ultimi anni, grazie anche al Pnrr e sulla scorta del decreto ministeriale 77 del 2022, si sta riprendendo alla definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale e in molte realtà si sono avviate misure di riqualificazione degli spazi e delle strutture che potranno arrecare benefici anche dal punto di vista della sicurezza. Ad esempio, ristrutturando i triage, che rappresentano un primo punto di accesso e valutazione dell’effettiva urgenza del caso”.

Statistica, comunicazione, dissuasione: come affrontare il problema Una case study che ha tutto il sapore della “best practice” è ciò che avviene proprio nell’ Asl 4 Liguria, dove il problema è stato studiato accuratamente, proprio in chiave sicurezza, e sono state introdotte una serie di misure sistemiche per cercare di prevenirlo e affrontarlo al meglio. Le parole-chiave sono tre: statistiche, dissuasione, comunicazione. E’ Greco a spiegarcele più approfonditamente: “Partiamo dall’aspetto statistico. Abbiamo deciso di registrare sistematicamente gli episodi di aggressività, grazie anche alla collaborazione dell’impresa che ci fornisce il servizio di vigilanza. Proprio quest’ultima, sebbene non abbia in carico l’ordine pubblico, può fare da tramite con le forze dell’ordine nei casi più gravi e, in ogni caso, esercita una funzione dissuasiva: ce ne avvaliamo nell’ospedale di Lavagna, dove c’è il Pronto Soccorso”.

E’ importante comunicare Ma dissuadere, o meglio ancora prevenire, significa innanzitutto saper mediare e comunicare più efficacemente con l’utenza: “Il Pronto Soccorso è un reparto a fortissima pressione, che nel nostro caso aumenta vertiginosamente nei periodi di alta stagione turistica. Per questo dobbiamo fare fronte ai tempi lunghi di attesa, dunque al nervosismo e alla tensione che inevitabilmente si creano in questi casi”.

Mediatori professionisti al servizio della sicurezza “In tal senso ci aiutano figure di mediatori, educatori professionali che si occupano di comunicare con i parenti che restano fuori e che spesso sono nell’incertezza. A volte una parola detta nel modo giusto può bastare”. Ciò non toglie che a volte invece no, e allora servono accorgimenti più decisi. “Abbiamo installato telecamere perimetrali per eventuali segnalazioni, e come dicevo la società di security ci invia report settimanali degli episodi, in modo da poterli monitorare e costruirci uno storico dell’accaduto. Così cerchiamo di arginare un problema che, a livello locale e nazionale non possiamo più permetterci di ignorare”.    

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