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Legionella nelle strutture sanitarie: come ridurre il rischio di contagio

La legionella rappresenta una seria minaccia nei contesti ospedalieri, case di cura e RSA. Diventa essenziale l’adozione di misure preventive per arginare la diffusione della malattia.

La legionellosi può essere potenzialmente letale per i soggetti immunodepressi o con patologie croniche. I degenti delle strutture ospedaliere, delle case di cura e delle RSA, categorie suscettibili ad alto rischio di contagio, in caso di malattia di origine nosocomiale, vanno incontro ad un tasso di letalità che può raggiungere il 30%, da cui l’obbligo di prevenire l’infezione.

Dove si può trovare La Legionella, presente negli ambienti acquatici naturali, può entrare nella rete idrica, colonizzare gli impianti di distribuzione dell’acqua, sopravvivendo, proliferando e moltiplicandosi se trova condizioni favorevoli quali la temperatura tra i 25°C e i 45°C (a 35-37°C lo sviluppo ottimale), la presenza di biofilm algale e batterico, con protozoi ciliati e amebe dentro cui il batterio si nutre, si moltiplica e trova protezione. Le incrostazioni e i sedimenti calcarei, le ostruzioni dovute all’usura, i rami morti, i sifoni di docce e rubinetti, i punti di giunzione, soprattutto quando si tratta di reti idriche complesse e di grandi dimensioni, datate e soggette a continue modifiche e diramazioni, aumentano esponenzialmente il rischio di contaminazione e proliferazione della legionella, anche in impianti che prevedono trattamenti di disinfezione in continuo, se non vengono effettuate opportune verifiche e se il flussaggio non è adeguato in tutti i terminali.

Gli obblighi per le strutture sanitarie Le “Linee guida per la prevenzione ed il controllo della Legionellosi” emanate dal Ministero della Salute nel 2015, e più recentemente il Decreto legislativo n. 18 del 2023, richiedono azioni obbligatorie nelle strutture sanitarie. Il Direttore Sanitario, in collaborazione con l’RSPP e il responsabile della sicurezza, devono elaborare un documento di valutazione dei rischi (DVR) da aggiornare annualmente oppure ogni volta che siano state apportate modifiche agli impianti o ancora in caso di reiterata ed anomala presenza del batterio. Il documento deve contenere la planimetria degli impianti idrici e/o aeraulici, la valutazione dei rischi, l’individuazione delle fonti di infezione e dei punti critici in cui il batterio può proliferare. Deve inoltre essere evidenziata la potenziale esposizione ad aerosol contaminati di pazienti e personale sanitario (Legionella pneumophila è indicata agente biologico di classe 2 nel D.Lgs 81/08 allegato XLVI, a tutela dei lavoratori). 

La tipologia dei pazienti incide sul tipo di azioni Vanno distinti i pazienti a rischio molto elevato (profondamente immunodepressi) come chi si rivolge ai centri trapianto, alle oncologie ed ematologie, a cui va garantita la completa assenza di Legionella (<100 UFC/L), e i pazienti a rischio aumentato, con patologie e condizioni individuali specifiche (che si rivolgono alle pneumologie, geriatrie, chirurgie, reparti neonatali…), che vanno gestiti sulla base delle prestazioni assistenziali erogate. La Legionella si trasmette tramite inalazione di aerosol e acqua nebulizzata: minori sono le dimensioni delle particelle contaminate, maggiore è il rischio di contagio, che aumenta in caso di terapie respiratorie, ventilazione meccanica, impiego di sonde nasogastriche, piscine di riabilitazione. Aumenta il rischio anche il parto in acqua, le cure termali, la permanenza in ambienti con umidificatori, condizionatori e impianti di raffreddamento per nebulizzazione, la presenza di torri di raffreddamento.

Quando si fanno i campionamenti di verifica I campionamenti di verifica (con analisi microbiologiche accreditate) saranno trimestrali nei reparti con pazienti ad alto rischio, almeno semestrali in altri reparti, per monitorare costantemente la presenza del batterio nell’acqua calda e fredda. Non sono richiesti interventi di disinfezione shock se l’analisi microbiologica accerta l’assenza del batterio della Legionella (meglio procedere monitorando costantemente l’assenza della contaminazione), mentre nel caso di positività, in relazione alla carica del patogeno rilevata e al tipo di Legionella riscontrata, sarà definito un programma con misure correttive per contenere il rischio di contagio: il tipo di intervento e il prodotto disinfettante sarà scelto sulla base dei frequentatori e delle caratteristiche della struttura. La composizione delle tubature, la compatibilità coi disinfettanti, la tortuosità dell’impianto, i problemi di ricircolo, le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua (pH, durezza, temperatura, …) possono ridurre l’efficacia della bonifica.

Analizzare le proprietà dei prodotti scelti Le caratteristiche dei prodotti scelti vanno valutate analizzandone le schede tecniche e di sicurezza, la concentrazione da impiegare, la taratura dei dispositivi e le modalità di immissione. Potrebbe essere necessario interdire l’utilizzo dell’acqua durante tutta la durata dell’intervento, o almeno limitarne d’uso (evitare di berla o di usarla per cucinare). In contemporanea alla disinfezione, prevedere sistemi anti corrosione (filmanti o elettromagnetici) e una verifica della potabilità dell’acqua al termine del trattamento. Nei reparti con pazienti a rischio elevato potrà essere previsto il posizionamento di filtri antibatterici assoluti su docce e lavelli; in assenza di tali accorgimenti, evitare di utilizzare l’acqua dell’impianto idrico per l’igiene personale (preferire salviette umide). Il campionamento potrebbe dare risultati di non facile interpretazione: la concentrazione del batterio può variare da un punto campionato ad un altro, e per quanto il pericolo sia maggiore a concentrazioni elevate, non si può escludere una infezione in caso di bassa presenza del patogeno (il contagio può dipendere dal tempo di esposizione, dalla vulnerabilità dell’ospite, dal grado di nebulizzazione, dalla virulenza del batterio). I prelievi periodici (trimestrali e semestrali) non sono effettuati su tutti i terminali, non si può quindi escludere la contaminazione in un sito non campionato. Nonostante il calendario dei campionamenti con identificazione dei punti significativi da controllare, potrebbe essere necessario un prelievo estemporaneo e puntuale su un terminale utilizzato dal paziente, al verificarsi di un caso di contagio.

Comunicare il rischio La comunicazione del rischio serve per informare, formare e sensibilizzare gli operatori sanitari, i responsabili della sicurezza e le figure preposte alla gestione e al controllo degli impianti, sul potenziale rischio e sulle misure preventive. La formazione rivolta ai medici deve spingerli a verificare polmoniti sospette con test diagnostici appropriati, individuando prontamente i cluster epidemici e confrontandosi con chi gestisce la sorveglianza ambientale per identificare l’origine del contagio (per evitare nuovi casi). 

Interventi di manutenzione ordinari E’ obbligatorio redigere un registro degli interventi di manutenzione ordinari: verifiche mensili della temperatura, sostituzione semestrale dei frangigetto dei rubinetti, delle docce-doccette e dei bidet, shock termico mensile su tutti i terminali (con temperatura in uscita 55-60°C – interdire l’uso dell’acqua per evitare ustioni, fare attenzione in caso di tubature di plastica), senza dimenticare i rami morti (elencarli e identificarli sulla planimentria), la manutenzione degli impianti di condizionamento… 

Interventi straordinari Gli interventi straordinari (dopo aver accertato la presenza del batterio) prevedono la disinfezione shock, il posizionamento di filtri antibatterici al punto di utilizzo terminale (durata dei filtri 1-2 mesi in base alla durezza dell’acqua), la sostituzione completa di rubinetti, docce, lavelli e bidet, … Nel registro devono essere inseriti i certificati di avvenuto intervento, con riferimenti alle ditte incaricate, i principi attivi scelti e i loro dosaggi, il tempo di contatto ed eventuale modalità di ripristino della potabilità dell’acqua (residuo di cloro <0,5 mg/L). In caso di non conformità sarà valutata la possibilità di installare impianti a rilascio in continuo del disinfettante oppure la necessità di intervenire con una bonifica shock tramite iperclorazione con ipoclorito di sodio (20 mg/L per 2 ore di contatto o 50 mg/L per 1 ora di contatto), impiego di biossido di cloro (1 mg/L), monoclorammina (2-3 mg/L), perossido di idrogeno (10-25 mg/L). Potrebbe essere necessaria una preventiva disincrostazione dei serbatoi di accumulo, dei tubi collettori, dei raccordi e dei rami morti, per rimuovere i depositi minerali, gli ossidi metallici e i depositi di tipo organico e favorire quindi l’azione dell’agente disinfettante.

La verifica dell’efficacia della bonifica, con campionamento mirato dopo 7 giorni dalla disinfezione, potrebbe indicare la necessità di effettuare un secondo intervento in caso di insuccesso; mentre si attendono i risultati delle analisi, nei punti di erogazione che erano risultati contaminati, dovranno essere posizionati filtri antibatterici, per evitare il contatto dell’acqua-aerosol con i pazienti, specie se immunodepressi.

di Simona Macchini,Sesia srl, Rimini

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