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Recesso illegittimo e diritto al reintegro

Legge o contratto? Un dubbio “amletico” che riguarda trasversalmente tutti i settori economici, e su cui si è di recente pronunciata la Consulta con la sentenza n. 129/24 uscita in Gazzetta Ufficiale il 16 luglio scorso.  La questione dibattuta riguardava la legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del dlgs n. 23/2015 che non prevede la tutela reintegratoria attenuata per i licenziamenti disciplinari che si basano su fatti punibili con sanzioni conservative dalla contrattazione collettiva. E di riflesso interessa molto anche il nostro settore. Vediamo come mai.

Una lettura “adeguatrice”

L’interpretazione scelta dalla Corte è di natura adeguatrice. In sostanza secondo la sentenza la tutela reintegratoria attenuata deve applicarsi anche nelle ipotesi in cui il licenziamento disciplinare sia stato irrogato sulla base di condotte per cui la contrattazione collettiva prevede solo sanzioni meramente conservative. In altre parole: se anche il comportamento c’è stato, è preferibile applicare la disciplina pattizia laddove quest’ultima sia a favore del dipendente, in questo caso garantendogli il mantenimento del posto di lavoro.

Il caso affrontato

La Corte, in particolare, risponde a una serie di questioni sollevate dal Tribunale di Catania nel corso di un giudizio relativo all’impugnazione di un licenziamento disciplinare di due anni fa. Il giudice del lavoro metteva in rilievo che gli addebiti di rilevanza disciplinare erano punibili, ai sensi del Ccnl di specie, con sanzioni di tipo conservativo e non espulsivo.

Il dubbio costituzionale

Da qui le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 23/15, nella parte in cui prevede: “Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria”, limitando la tutela conservativa all’insussistenza del fatto dimostrata in giudizio e non già al caso in cui il fatto contestato, in base alle previsioni della contrattazione collettiva di riferimento, sia punibile solo con sanzioni di natura conservativa.

Il principio di proporzionalità

Una questione molto interessante affrontata dalla Corte con ampia argomentazione. Secondo i Giudici il riferimento alla proporzionalità del licenziamento di cui all’art. 2106 c.c., sebbene abbia una portata ampia, non può concernere anche i casi in cui il fatto contestato sia in radice inidoneo, per espressa pattuizione contrattuale, a giustificare il recesso. Per la Consulta, infatti, le ipotesi in cui l’addebito è punito dal Ccnl con una sanzione meramente conservativa vanno equiparate a quelle dell’insussistenza del fatto materiale. Importante, nello sviluppo argomentativo, il richiamo alla pronuncia n. 204/1982 della stessa Consulta.

Infondate le questioni di anticostituzionalità

La Corte dunque, nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità costituzionale poste dal Tribunale, ribadisce che “non è contraddetto il ridimensionamento della tutela reintegratoria in caso di licenziamento disciplinare, che rimane pur lasciando fuori dall’esclusione della valutazione di proporzionalità l’ipotesi dello specifico fatto, disciplinarmente rilevante, che la contrattazione collettiva preveda come suscettibile di una sanzione solo conservativa”.

Equiparato all’insussistenza del fatto materiale

Ancora i Giudici: “Un’interpretazione adeguatrice, se consente di escludere l’illegittimità costituzionale, impone di equiparare l’ipotesi del fatto materiale insussistente a quella in cui il fatto è punito dalla contrattazione collettiva con una sanzione conservativa, posto che “in tali ipotesi, il fatto contestato è in radice inidoneo, per espressa pattuizione, a giustificare il licenziamento. Non vi è un ‟fatto materiale” che possa essere posto a fondamento del licenziamento, il quale, se intimato, risulta essere in violazione della prescrizione della contrattazione collettiva, sì che la fattispecie va equiparata a quella, prevista dalla disposizione censurata, dell’insussistenza del fatto materiale, con conseguente applicabilità della tutela reintegratoria attenuata”. Dunque, è come se il fatto non sussistesse qualora non fosse previsto il licenziamento dal Contratto. Per completezza va detto che, in relazione al ccnl Multiservizi 2021, il “codice disciplinare” è contenuto negli artt. 45 e seguenti, una parte del testo che imprenditori e lavoratori devono conoscere molto accuratamente.

Link Corte Cost. 129/24

Link dlgs 23/15

Link Corte Cost 204/82

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