Ultimamente il tema dei “riposi compensativi” è finito spesso sotto i riflettori della giurisprudenza del lavoro, fino al terzo e supremo grado di giudizio. Di grande rilievo, in proposito, appare la recente Ordinanza di Cassazione n. Raccolta Generale 14904 del 28 maggio scorso.
Il caso in giudizio
Vi si affronta il giudizio promosso dai dipendenti di un esercizio commerciale -ma il caso è ben applicabile anche al settore pulizie/ servizi integrati/ multiservizi, che peraltro svolgono servizi anche presso questo tipo di strutture- per il riconoscimento del loro diritto a un giorno di riposo compensativo in relazione al lavoro prestato una domenica (riposo settimanale), ritenendo i lavoratori illegittima la scelta della società di collocare il riposo in due giornate festive infrasettimanali.
Ma… il datore può farlo?
In particolare i dipendenti, che di norma erano impegnati su turni lunedì -sabato, nel caso di specie avevano lavorato anche alcune domeniche. Il problema è che il datore ha preteso che la fruizione del riposo avvenisse appunto in giornate festive infrasettimanali in cui l’esercizio risultava aperto, e non in giornate normalmente dedicate al lavoro. Poteva farlo? Per i giudici di merito sì, per quelli di legittimità no. Vediamo…
Le ragioni degli appellanti
La domanda dei dipendenti, in sede di merito, era stata rigettata dalla Corte d’appello, che in motivazione aveva evidenziato come la contrattazione non escludesse la possibilità di godimento del riposo compensativo nei giorni di festività infrasettimanali, ove tali giorni di festività siano considerati, come nel caso di specie, nella programmazione trimestrale della società come giorni di apertura del negozio, quindi di attività dell’esercizio.
Il decisum della Cassazione
Al contrario si sono però espressi gli Ermellini, che hanno ribaltato il giudizio di merito: la Cassazione, nell’accogliere il ricorso dei lavoratori, interpreta anzitutto la contrattazione collettiva nazionale e quella integrativa nel senso che il riposo compensativo in caso di lavoro domenicale è disciplinato dalla prima e non dalla seconda, nel senso che esso va fruito nel giorno successivo alla domenica lavorata.
Due diritti distinti
La Corte rileva altresì che quello del lavoratore di astenersi dall’attività lavorativa in occasione delle festività infrasettimanali è un diritto soggettivo pieno e a carattere generale, che non può essere posto nel nulla dal datore di lavoro, potendo essere oggetto di rinuncia solo in forza di un accordo tra il datore di lavoro e il lavoratore o di accordi sindacali stipulati da organizzazioni sindacali cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato, dei quali nel caso in esame non esisteva alcuna traccia in giudizio. Per i supremi giudici occorre dunque considerare “la doverosa separazione tra il diritto al riposo compensativo a fronte del lavoro domenicale e il diritto di non lavorare nei giorni festivi”.
Da una legge del ’49…
In punto di diritto, la Suprema Corte ha evocato il combinato disposto della normativa postbellica, in particolare la L 260/1949, e del più recente dlgs 66/2003, attuativo delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro. Si tratta insomma di due diritti concettualmente distinti, che vanno mantenuti separati anche nella prassi. Ne consegue che, a fronte del lavoro reso dai dipendenti di domenica, il datore di lavoro non può imporre il godimento del riposo compensativo nei giorni di festività infrasettimanale.
Attenzione a non confondere i diritti…
In sintesi, attenzione a non confondere i piani: i lavoratori che hanno reso la prestazione nelle domeniche di apertura del supermercato hanno, dunque, il diritto di godere del riposo compensativo in un giorno di norma lavorativo. D’altra parte il datore, specie in assenza di un accordo stipulato ad hoc con i propri dipendenti- non può unilateralmente imporre agli stessi la rinuncia a tale diritto.