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Lettera di licenziamento: documentare il tracciamento

Ancora una volta il cosiddetto “processo notificatorio” finisce nell’occhio del… ciclone giurisprudenziale. Parliamo naturalmente di diritto del lavoro, e affrontiamo, con l’aiuto della recente sentenza della Corte di Cassazione civile n. 15397 del 31 marzo scorso, un’interessante questione: la compiuta giacenza della raccomandata di licenziamento, inviata al domicilio del lavoratore, può fondare presunzione legale di conoscenza del suo contenuto da parte del destinatario?

Per inquadrare il problema, prima di giungere alle conclusioni degli Ermellini, occorre “affinare le armi” richiamando il tenore dell’art. 1334 cod. civ., che ci ricorda come la lettera di licenziamento, in quanto atto unilaterale recettizio, produce effetto dal momento in cui perviene a conoscenza della persona a cui è destinata. A norma del successivo articolo 1335, va detto che gli atti unilaterali diretti a un determinato destinatario (come, appunto, la lettera di licenziamento) si reputano conosciuti già nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.

Vi è dunque una significativa inversione dell’onere probatorio: è il destinatario a dover provare di essere impossibilitato ad aver notizia della missiva senza propria colpa, mentre al mittente è chiesta la prova dell’invio del plico raccomandato e la ricostruzione delle operazioni svolte dall’agente postale incaricato della consegna, anche per il tramite delle schede informative reperite dal sito internet dell’operatore (il famoso “tracciamento online” della raccomandata). Troppo facile, infatti, non ritirare la raccomandata e, al termine del periodo di giacenza, addurre il pretesto di non averla ricevuta!

Tant’è che, nel caso in esame, già i giudici di merito, in I e II grado, avevano rigettato la domanda di una lavoratrice dirette all’annullamento del licenziamento disciplinare intimatole dal datore di lavoro fondata sulla mancata ricezione della raccomandata. La Corte di merito, si legge, “ha infatti ritenuto idonea a dimostrare il perfezionamento del procedimento notificatorio (ossia del pervenimento della comunicazione di licenziamento al domicilio della lavoratrice), pur in mancanza di produzione di copia dell’avviso immesso in cassetta, la produzione della ricevuta di invio della raccomandata contenente la lettera di licenziamento, accompagnata dalle schede informative, provenienti da Poste Italiane, dalle quali si desumono la mancata consegna della raccomandata, il suo deposito presso l’ufficio postale, la sua restituzione al mittente all’esito della compiuta giacenza; documentazione ritenuta conducente ai fini probatori e fondativi della presunzione di legale conoscenza, perché estratta dai dati informatici di Poste Italiane, soggetto al quale è affidato il servizio pubblico essenziale rappresentato dal servizio postale universale con attribuzione di funzioni di certificazione.”

Un orientamento confermato dalla Cassazione, secondo cui la presunzione di conoscenza dell’atto recettizio è stata integrata non tanto dalla prova della spedizione della raccomandata, ma soprattutto dal fatto che il datore di lavoro ha prodotto e documentato in giudizio tutte le attività svolte dall’agente postale incaricato della consegna per il tramite delle schede informative reperite dal sito internet di Poste Italiane (dalle quali si ricavavano tutte le fasi di spedizione della lettera di licenziamento, sino alla restituzione al mittente della missiva).

Per completezza va detto che, anche risalendo nella disamina giurisprudenziale su casi analoghi, con ogni probabilità la sola prova dell’invio non sarebbe stata sufficiente di per sé ad integrare la presunzione di conoscenza di natura codicistica. La raccomandazione, dunque, è quella di fare molta attenzione non solo all’invio della lettera di recesso, ma anche alla conservazione di tutte le prove atte a documentare e ricostruire l’intero iter del plico, fino alla consegna al domicilio del lavoratore, ad esempio avendo cura di scaricare dal portale internet dell’operatore le testimonianze del tracciamento della lettera stessa. 

Link Cassazione 15397/23

 

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