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Revisione prezzi, scatterà l’obbligo contrattuale

Nello “Schema preliminare di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, ora al vaglio dell’Esecutivo chiamato a stendere il testo definitivo entro marzo 2023, spicca l’art. 60 recante “Revisione prezzi”.

Si tratta di una previsione importantissima in un momento di difficoltà economica che rende di fatto imprevedibili e non facilmente programmabili, a lungo termine, le condizioni economiche di esecuzione dell’appalto. Si pensi, giusto a titolo di esempio, all’impennata dei costi dei prodotti legata all’approvvigionamento sempre più difficoltoso delle materie prime, o all’aumento dei prezzi di macchine e attrezzature per analoghi motivi e per effetto della crisi energetica. Una crisi che, ovviamente, mette in ginocchio ancor meno indirettamente le stesse imprese, chiamate a lavorare su più cantieri e a movimentare uomini e attrezzature a costi che lievitano in modo imprevedibile e a volte incontrollato.

Tutte le condizioni che mettono in difficoltà le imprese di pulizia e non solo, pensiamo alla ristorazione e al lavanolo, costringendole a dover rinegoziare “al rialzo” le condizioni anche in corso di esecuzione. Una situazione ben recepita dalla normativa, che all’articolo 60 (Revisione prezzi) prevede, già al comma 1, che “Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi”. Attenzione, però: stando al primo alinea del c. 2 le modifiche non devono in alcun modo alterare la natura del contratto: “Queste clausole non apportano modifiche che alterino la natura generale del contratto o dell’accordo quadro”. Nel secondo alinea si legge che esse “si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, non prevedibili al momento della formulazione dell’offerta, che determinano una variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al XX per cento dell’importo complessivo e operano nella misura del XXX per cento della variazione stessa”.

Le “x” sono significative e a tale proposito va seguito con attenzione l’iter di definizione delle relative percentuali, perché andranno ad incidere sulla sostanza del lavoro delle imprese. Altro punto controverso riguarda la natura “oggettiva” e “imprevedibile” delle variazioni, laddove per “oggettiva”, nel linguaggio giuridico, si intende relativa a condizioni esterne (es. crisi, congiuntura economica) e non legate al “soggetto”, vale a dire a situazioni dipendenti dall’impresa contraente. Ora, al requisito dell’oggettività (cioè dell’estraneità della situazione rispetto al soggetto esercente) si aggiunge (la virgola ha valore copulativo, ossia aggiunge una condizione alla precedente, di modo che per attivare la previsione di legge debbano verificarsi entrambe congiuntamente) quello dell’imprevedibilità al momento dell’offerta. Sotto questo aspetto non è difficile immaginare che, in caso di -prevedibili- contenziosi, spetterà in ultimo all’autorità giudiziaria pronunciarsi nel merito.

Un ausilio arriva tuttavia dalla previsione di cui al comma successivo, il 3:  “Per l’applicazione del presente articolo sono stabiliti appositi indici sintetici delle variazioni dei prezzi, incluse quelle del costo del lavoro derivanti dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali, secondo le modalità stabilite dall’Allegato XIII al codice. L’allegato è sostituito, modificato e integrato con decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, adottato su proposta dell’Istat”. Ci si rifà dunque agli allegati, che a quanto sembra risultano modificabili al variare delle condizioni, appunto, oggettive.

Ma in che modo le committenze pubbliche faranno fronte all’eventuale maggiorazione dei prezzi? Stando al c. 4 “Per far fronte ai maggiori oneri derivanti dalla revisione prezzi di cui al presente articolo le stazioni appaltanti utilizzano: a) nel limite del 50 per cento, le risorse appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico di ogni intervento, fatte salve le somme relative agli impegni contrattuali già assunti, e le eventuali ulteriori somme a disposizione della medesima stazione appaltante e stanziate annualmente relativamente allo stesso intervento; b) le somme derivanti da ribassi d’asta, se non ne è prevista una diversa destinazione dalle norme vigenti; c) le somme disponibili relative ad altri interventi ultimati di competenza della medesima stazione appaltante e per i quali siano stati eseguiti i relativi collaudi o emessi i certificati di regolare esecuzione, nel rispetto delle procedure contabili della spesa e nei limiti della residua spesa autorizzata disponibile. Per gli interventi finanziati attraverso le risorse previste dal PNRR le stazioni appaltanti possono anche avvalersi del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche di cui all’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120”. Non resta ora che attendere che il Governo metta mano alla proposta approfondendo i temi ancora da definire. Staremo a vedere.

 

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