La Cassazione, con Ordinanza n. 22212 del 14 luglio 2022, ci mette di fronte ad un caso piuttosto ricorrente nella vita delle imprese di pulizia/ multiservizi/ servizi integrati. La fattispecie riguarda un dipendente di un’azienda attiva nello smaltimento di rifiuti urbani che, coinvolto in una rete di traffico di sostanze stupefacenti, per tale ragione non veniva riassorbito in occasione del cambio d’appalto.
A fronte di tale mancato “assorbimento”, il dipendente ha sporto ricorso. La Corte d’Appello già respingeva la predetta domanda, sul presupposto che il diritto all’assunzione del ricorrente, scaturente dalla clausola di salvaguardia prevista dal contratto collettivo, incontra il limite della possibilità per il futuro datore di far valere l’esistenza di condizioni ostative inerenti alla valutazione dell’attitudine professionale del dipendente.
Una prospettiva condivisa dalla Suprema Corte, la quale osserva che il lavoratore risultava coinvolto in una “una vasta e ramificata rete di rapporti finalizzati al traffico di sostanze stupefacenti, … di gravita’ tale da incidere indubitabilmente sull’indispensabile elemento fiduciario del rapporto di lavoro rendendo inutile l’assunzione in quanto destinata ad essere seguita da un licenziamento per giusta causa” di fatto la esistenza di una conclamata incompatibilità del lavoratore a rendere la prestazione lavorativa giustificava ampiamente la mancata assunzione da parte del subentrante.
Al di là del caso specifico, si tratta di un principio di portata assai rilevante. Gli Ermellini, infatti, stabiliscono che, in caso di cambio d’appalto, il diritto all’assunzione scaturente dalla clausola di salvaguardia prevista del contratto collettivo non è assoluto, ma condizionato dai principi generali del sistema. Per la sentenza, ciò significa che il datore subentrante può procedere alla verifica dell’attitudine professionale del dipendente precedentemente impiegato nell’esecuzione del contratto d’appalto. Ancor più in generale, nell’ipotesi di accertata incompatibilità a rendere la prestazione lavorativa, il datore deve ritenersi esonerato dall’obbligo di facere a suo carico scaturente dalla previsione del contratto collettivo.