Il caso riguarda proprio una grande realtà del settore pulizie/ servizi integrati/ multiservizi: in particolare, una dipendente si rifiuta di sottoporsi ad accertamento medico per cambio di mansione in quanto, a suo parere, volto a un demansionamento.
Di fronte al recesso intimato dall’azienda per giusta causa (ragioni disciplinari legate appunto all’inadempimento della dipendente), la lavoratrice impugna il provvedimento: impugnativa rigettata nei primi due gradi di giudizio. Un orientamento condiviso anche in Cassazione. Per i giudici, infatti la visita medica di idoneità in ipotesi di cambio delle mansioni è prescritta per legge e la richiesta di sottoposizione a visita, da parte del datore di lavoro, prima della assegnazione alle nuove mansioni, come correttamente sottolineato dalla Corte distrettuale, non è censurabile e, anzi, è un adempimento dovuto.
Il rifiuto della dipendente -si legge nella sentenza- non è assolutamente giustificabile ai sensi dell’art. 1460 cc perché, da un lato, il datore di lavoro si era limitato ad adeguare la propria condotta alle prescrizioni imposte dalla legge per la tutela delle condizioni fisiche dei dipendenti nell’espletamento delle mansioni loro assegnate e, dall’altro, la dipendente avrebbe ben potuto impugnare un eventuale esito della visita, qualora non condiviso, ovvero l’asserito illegittimo demansionamento, innanzi agli organi competenti. Ribadita dunque “l’illegittimità del comportamento omissivo della dipendente”, con conseguente conferma del recesso.