Con la Delibera n. 506 del 23 giugno 2021 a firma del suo presidente Giuseppe Busia, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) ha chiarito che negli appalti pubblici non è possibile chiedere requisiti minimi di fatturato sproporzionati rispetto al valore dell’appalto stesso: il sovradimensionamento, infatti, limiterebbe la capacità di partecipazione di più soggetti, ledendo il principio del favor partecipationis.
Il caso riguarda un’amministrazione che in sede di bando (valore complessivo dell’appalto oltre 1 milione e 600 mila euro) aveva fissato il criterio di un fatturato minimo specifico annuo medio, riferito agli ultimi n. 3 esercizi finanziari disponibili, non inferiore al 100 % del valore del lotto (parliamo quindi di 3 volte il singolo lotto, vale a dire circa 5 milioni di euro); tale requisito veniva richiesto con la specifica, alquanto generica, “tenuto conto dell’entità, della complessità, della specificità dell’appalto e della necessaria esperienza ed affidabilità che devono possedere gli operatori economici che intendono partecipare alla gara”. Una motivazione che non è apparsa sufficiente.
Nonostante le richieste di un operatore economico di rivedere tale clausola in autotutela, l’amministrazione proseguiva nella richiesta ritenendola adeguata. La fattispecie, esaminata dall’Anac, porta a rilevare secondo l’Autorità “grave violazione individuata dall’art. 6 comma 2 lett. h) del Regolamento Anac sull’esercizio dei poteri di cui all’art. 211 commi 1- bis e 1-ter del d.lgs. 50/2016”: sproporzionata dunque la prescrizione di un fatturato minimo per la partecipazione annuale pari a tre volte il valore di ogni singolo lotto quale dimostrazione della capacità economico finanziaria dell’offerente.
Con riferimento alla capacità economico-finanziaria negli appalti di servizi e forniture, spiega l’Anac, l’art. 83 del d.lgs. n. 50/2016 introduce, rispetto al previgente art. 41 del d.lgs. n. 163/2006, una serie di prescrizioni nell’ottica di implementare il rispetto del principio del “favor partecipationis”. “Nel caso in esame -conclude l’Autorità- si ritiene che la stazione appaltante non abbia rispettato né il limite quantitativo né quello motivazionale previsti espressamente dal legislatore”.
Si può dunque affermare “che il criterio di calcolo utilizzato per la definizione dei livelli minimi di fatturato richiesti per la partecipazione alla gara è contrario anche allo spirito, espresso dalle direttive comunitarie in materia di appalti e dallo stesso d.lgs. 50/2016, di ampliare il più possibile la platea di partecipanti qualificati ed in particolare le piccole imprese, in quanto la ratio espressa dall’art.83 del d.lgs. 50/2016 è proprio quella di perseguire un opportuno contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato e il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche”.