“L’Italia Immobile” (sottotitolo “Appalti, Burocrazia, Corruzione. Rimedi per ripartire”) è il volume con cui il Presidente di Sezione del Consiglio di Stato Michele Corradino, per molti anni consigliere ANAC, “squarcia” i tanti luoghi comuni che circondano gli appalti pubblici, svelando come il dibattito pubblico sugli appalti sia lontanissimo dalla realtà.
Di Massimiliano Brugnoletti
Il volume prende le mosse dai dati reali sugli appalti in Italia; dati oggettivi ed ufficiali, tratti dalle relazioni annuali di ANAC al Parlamento. Michele Corradino cita diffusamente i numeri del 2019, durante il quale la Pubblica Amministrazione ha aggiudicato gare per 170 miliardi di euro, pari al 9% del PIL nazionale (che lievitano al 20% se si considera l’indotto). Tali dati, in costante crescita dal 2016, smentiscono sonoramente la “prima narrazione” sugli appalti, diffusa soprattutto nei piani alti della politica, secondo cui gli appalti sono bloccati. Non solo, l’autore sottolinea come tale percezione totalmente sbagliata è frutto di un’ulteriore visione errata della realtà: l’allarme che i “cantieri sono bloccati”, come se tutto l’intero comparto lo sia, può essere veritiero per una piccola parte degli appalti pubblici, per le opere, che tuttavia pesano solo per il 20% della spesa pubblica, oramai sovrastate dalle forniture (38%) e soprattutto dai servizi (42%).
Michele Corradino, nella sua opera demolitoria dei luoghi comuni, documenta anche il grossolano errore di chi accusa la giustizia amministrativa di bloccare i cantieri: sempre dati alla mano, il libro dimostra che gli interventi paralizzatori dei TAR e del Consiglio di Stato sono pressoché impercettibili, attestandosi sullo 0,3% del volume complessivo degli affidamenti pubblici, e – e questo è il giudizio di chi scrive – quando la giustizia amministrativa interviene lo fa sempre a ragion veduta, intervenendo su situazioni patentemente illegittime.
L’Italia immobile dimostra poi che la lentezza negli affidamenti non si annida tanto nella fase della gara (unico momento del processo di acquisto su cui si incentra, sempre non focalizzato sul tema, il dibattito politico), ma in quello precedente della programmazione (e della progettazione) ed in quello successivo dell’esecuzione del contratto. Il volume rammenta infatti di considerare adeguatamente la circostanza che il processo di acquisto pubblico prevede tre diverse fasi (programmazione, gara ed esecuzione) ed centrare l’attenzione solamente su quella centrale non aiuta ad una corretta analisi delle criticità, quindi alla soluzione dei problemi.
Invitando gli operatori, e soprattutto il legislatore e la politica, ad evitare di concentrarsi su tematiche inesistenti o marginali, l’Autore riconosce che il settore degli appalti pubblici patisce in verità due grandi criticità: la difficoltà della Pubblica Amministrazione di programmare gli acquisti e soprattutto di progettare le opere (vero problema delle opere a rilento) e, soprattutto, la burocrazia, intesa come amministrazione fermamente ancorata alla forma (il terzo capitolo del libro è simpaticamente titolato “La forma sopra ogni cosa”).
Michele Corradino individua anche le cause che determinano l’impasse dell’Amministrazione: il capitolo centrale del libro è titolato “La cattiva legislazione”. Secondo l’Autore una legislazione non chiara e spesso contraddittoria è il principale colpevole delle criticità segnalate, del rintanarsi pubblico dietro la “forma”. L’instabilità normativa negli appalti pubblici è un dato costante ed eclatante: il vecchio codice (d.lgs. 163/2006) è stato modificato 223 volte, l’attuale d.lsg. 50/2016 già 50 volte e non è più nemmeno l’unico testo a cui fare riferimento per operare in questo settore: oltre al codice degli appalti l’operatore (pubblico e privato) deve tener conto del decreto sblocca cantieri (d.l. 32/2019), del primo decreto semplificazioni (d.l. 76/2020) e del recentissimo semplificazioni bis (d.l. 77/2021).
Il volume ricorda che le tanto declamate riforme, come quella che doveva prendere vita con il d.lgs. 50/2016, sono rimaste inattuate soprattutto per la mancata emanazione dei tanti regolamenti a cui il codice delegava la disciplina di dettaglio: l’Autore offre un esempio eclatante: la qualificazione delle stazioni appaltanti, che doveva essere uno dei pilastri portanti della riforma degli appalti del 2016, che attende ancora la normativa regolamentare per avere finalmente luce. Significativa la sottolineatura del fatto che la normativa sugli appalti patisca l’emotività del momento: quella sugli appalti è una normativa “a pendolo”, che passa dall’estremo rigore alla flessibilità più accesa, conm la cinseguenza di avere normativa stratificata, non lineare, di difficile lettura, una vera e propria “enigmistica giuridica” (così la definisce l’Autore); da lì la (comprensibile) difesa di chi opera nel pubblico, che si trincera dietro la “forma” e la circolare.
L’autore non risparmia aggettivi forti per sottolineare quello che ritiene il vero problema negli appalti: una legislazione che tradisce le aspettative degli operatori e dei cittadini, perché schizzofrenica, instabile, stratificata, che propone norme “civetta” (che sembrano risolvere i problemi ed invece li aggravano) e norme “fantasma” (ossia norme scritte, ma inesistenti perché inattuabili).
Al termine di questa lucida ed impietosa analisi, l’Autore non lascia con l’amaro in bocca il lettore: nell’ ultimo capitolo (“e allora che fare?”) egli offre alcune indicazioni per dare impulso al mercato pubblico. Il Presidente Corradino invita anzitutto il legislatore a guardare gli appalti pubblici con approccio strategico: pesando notevolmente sull’ economia del paese e sul benessere dei cittadini, la relativa disciplina deve avere uno sguardo prospettico di ampio orizzonte e non essere vincolata all’emotività del momento. L’Autore invita a concentrare l’attenzione sulla digitalizzazione, sulla tutela dell’esercizio della discrezionalità amministrativa, prevedendo un’adeguata formazione per chi vi opera.
L’Autore richiama infine un tema molto caro alle imprese: l’utilità del dialogo tra pubblica amministrazione e mercato, il cui rapporto, se sano e trasparente, è un’ulteriore condizione per la maggiore efficacia e tempestività negli acquisti pubblici.