Negli ultimi mesi si sente sempre più spesso parlare di “sindrome post-Covid”, espressione con cui si indica genericamente -secondo la definizione OMS- l’insieme delle conseguenze a lungo termine sulla salute causate dall’infezione da Coronavirus. Parliamo in particolare di oltre un terzo dei pazienti ex-Conviv 19, che ha dichiarato (i dati sono del CDC- Center for Disease Control and Prevention, Usa) di non essere tornato al precedente stato di salute, lamentando danni organici persistenti a polmoni, cuore, cervello e reni, oltre a sintomi come perdita di olfatto, gusto, mal di testa, disturbi dell’umore, vertigini, insonnia, senso di stanchezza, annebbiamento cognitivo, problemi cutanei, aritmie, amnesie, problemi di concentrazione. Un quadro per molti versi simile a quello dei disturbi da stress post traumatico, causato però non solo da agenti psico-somatici, ma con ogni probabilità soprattutto da risposte immunitarie o altre reazioni dell’organismo all’attacco del virus.
Tutti malesseri che, naturalmente, hanno risvolti in ambito lavorativo, potendo incidere sull’efficienza e sulla qualità delle prestazioni o addirittura causando assenze dal lavoro di cui il legislatore, in Italia, si sta già occupando. In particolare l’art. 27 del Dl 73/2021, il cosiddetto “Sostegni bis” ora in fase di conversione, recante “Esenzione prestazioni di monitoraggio per pazienti ex Covid”, prevede l’attivazione, da parte del SSN, di un programma di monitoraggio dedicato tale da assicurare l’attività clinico-diagnostica assistenziale modulata in base alla severità della sintomatologia presentata, anche mediante la diagnosi precoce delle possibili sequele della malattia, compresa nei Livelli essenziali di assistenza.
Ne consegue, per il datore di lavoro, che i casi di cd. “sindrome post-Covid” sono equiparati all’effettivo stato di malattia, e come tale tutelato dalla legge e coperto da indennità Inps. E sono più di 58 i milioni di euro stanziati per il supporto specialistico di prestazioni diagnostiche (in particolare per quest’anno 28.802.000, per il prossimo 24.993.000 e altri 4.441.000 per il 2023), e per il medesimo triennio 2021-23 si prevede una fase di osservazione sperimentale. Per tale periodo le aziende e i lavoratori dunque dovranno osservare tutti gli obblighi e gli adempimenti previsti dai casi di malattia (a partire dall’obbligo di certificazione e comunicazione immediata delle assenze per il dipendente).
Attenzione però alla gestione di questi casi, che senza dubbio, in un contesto ad alta intensità di manodopera come è il caso del comparto pulizie/ servizi integrati/ multiservizi, possono causare non pochi disagi e “mal di pancia” agli imprenditori: il datore di lavoro non deve sottovalutarli e “derubricarli” a semplici questioni organizzative e di gestione del personale, o peggio cadere nella tentazione di farli sentire un “peso” e un “problema”, ma al contrario dovrà prestare ogni cura, sensibilità e attenzione ad evitare comportamenti additanti e discriminatori, tali da provocare isolamento ed emarginazione di lavoratori già provati da un’esperienza fortemente traumatica e destabilizzante.