Nei settori labour intensive come quello delle pulizie-servizi integrati-multiservizi, purtroppo, accade piuttosto di frequente di avere a che fare con screzi, alterchi, fino ad arrivare a vere e proprie liti o risse sul luogo di lavoro, spesso con strascichi che vanno ben oltre il semplice “scambio di opinioni”.
E’ il caso affrontato di recente dalla Corte di Cassazione, che con l’Ordinanza n. 10621 del 22 aprile scorso, ponendosi sulla linea già percorsa dalla Corte d’Appello di Firenze (sent. 755/2019), ha accolto il ricorso di un lavoratore licenziato per avere alzato le mani contro un collega che lo schiaffeggiava, stabilendo il diritto a un congruo risarcimento.
Nella fattispecie il lavoratore, a seguito di una discussione con un collega, era passato alle vie di fatto; l’accadimento era stato visibile e/o udibile da parte degli altri colleghi e dei clienti (trattasi di un settore con afflusso di pubblico e terzi). Ora, sebbene tale condotta fosse astrattamente riconducibile all’ipotesi sanzionata dal CCNL di settore, con il licenziamento senza preavviso, tuttavia, in concreto, il recesso datoriale non veniva considerato proporzionato dai giudici di merito: il lavoratore, infatti, aveva colpito il collega dopo essere stato schiaffeggiato; inoltre dopo la prima discussione, avvenuta nel reparto e rimasta nei limiti di un confronto verbale, il lavoratore aveva continuato a lavorare senza dare seguito al diverbio.
Era stato il collega a seguirlo invece in un altro reparto con l’intenzione di continuare il litigio e di aggredirlo (lett. “mettergli le mani addosso”), mostrando dunque atteggiamento aggressivo. Proprio per questo, riconoscendo il fatto che il lavoratore aveva reagito all’aggressione di un collega, i giudici della Suprema Corte hanno dichiarato illegittimo il recesso. Anche se non si parla di reintegro (il rapporto di lavoro è comunque concluso), il lavoratore ha comunque diritto a un congruo risarcimento.