Non si placano i dubbi sull’effettiva costituzionalità della cd. “riforma Fornero”, nella parte in cui è intervenuta sull’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Anzi, recentissimamente è arrivato un altro “colpo di piccone” alla riforma del lavoro introdotta nel 2021 dalla discussa legge n. 92, tacciata di aver introdotto ingiustificate disparità di trattamento fra lavoratori.
A pronunciarsi è stata proprio la Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 59 del 1° aprile 2021 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, dello Statuto dei Lavoratori (legge 300 del 1970), come modificato dalla Riforma Fornero, nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, “può altresì applicare” -invece che “applica altresì”- la disciplina di cui al medesimo art. 18, quarto comma (reintegrazione nel posto di lavoro oltre ad un’indennità non superiore a 12 mensilità).
Non si tratta di un semplice “cavillo linguistico”, ma di una situazione di fatto che si può ripercuotere in maniera significativa sul comportamento datoriale, e dunque sull’esito del “rito” del recesso. Ebbene, stando alla Corte Costituzionale il carattere meramente facoltativo della reintegrazione rivela, anzitutto, una disarmonia interna al peculiare sistema delineato dalla Legge n. 92/2012 e contrasta con il principio di eguaglianza e parità di trattamento costituzionalmente garantito.
Infatti, scrivono gli alti giudici, “il carattere meramente facoltativo della reintegrazione lederebbe il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), in quanto, per effetto di una «insindacabile e libera scelta del datore di lavoro di qualificare in un modo o nell’altro l’atto espulsivo», determinerebbe un’arbitraria disparità di trattamento tra «situazioni del tutto identiche, ossia il licenziamento per giusta causa e il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dei quali si sia accertata in giudizio l’infondatezza”.
La violazione del principio di eguaglianza, a quanto afferma la Consulta, si concretizza nel fatto che il legislatore avrebbe previsto rimedi ingiustificatamente diversificati ovvero la reintegrazione facoltativa in caso di licenziamenti economici e la reintegrazione obbligatoria nei licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo (ossia quando il fatto che li ha determinati è insussistente).
Non si giustifica quindi un diverso trattamento riservato ai licenziamenti economici, nonostante la più incisiva connotazione della inesistenza del fatto, indicata dal legislatore come ‘‘manifesta’’. Ancora bufera, dunque, sul rito Fornero, che stando al parere della Corte introduce elementi di ingiustificata diseguaglianza di trattamento fra i lavoratori. Attenzione, dunque, ai licenziamenti laddove il fatto non sussista: la disciplina di reintegra “deve”, e non soltanto “può”, trovare applicazione.
Vale la pena rammentare che l’art. 18, così come modificato dalla Riforma Fornero, si applica ai licenziamenti intimati da aziende che occupano più di quindici dipendenti nei confronti dei lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015.
Link sentenza 59/21 Corte Costituzionale