Confermata nel “decreto sostegni” (Dl 41/2021) la possibilità di nuove proroghe, fino al 31 dicembre, della possibilità di rinnovare i contratti a tempo determinato senza obbligo di indicare le causali previste dalla precedente normativa (si veda il “decreto dignità”, che è già stato fonte di intricati contenziosi giuslavoristici).
Il testo di legge, che rappresenta senza dubbio un importante e atteso snellimento della disciplina in un momento di crisi in cui se ne avvertiva forte la necessità, precisa che è possibile utilizzare la cosiddetta facoltà di proroga acausale “straordinaria” per un massimo di 12 mesi. Resta fermo il limite complessivo di durata del singolo contratto e della somma di tutti i contratti tra le stesse parti di 24 mesi.
A prevedere questo nuovo regime straordinario, che rappresenta per le imprese una vera “boccata d’ossigeno”, è il primo comma dell’articolo 17 del decreto Sostegni, recante “Disposizioni in materia di proroga o rinnovo di contratti a termine”, recita: “In conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, in deroga all’articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e fino al 31 dicembre 2021, ferma restando la durata massima complessiva di ventiquattro mesi, è possibile rinnovare o prorogare per un periodo massimo di dodici mesi e per una sola volta i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”. Il secondo comma prevede che tali disposizioni abbiano efficacia a far data dall’entrata in vigore del decreto (dunque 23 marzo 2021, visto che il DL data 22/3) e nella loro applicazione non si tenga conto dei rinnovi e delle proroghe già intervenuti. In pratica -precisazione interessante- non si deve tener conto dei rinnovi e delle proroghe già intervenuti, che vengono dunque “azzerati”.
Più in sintesi: la nuova formulazione della disciplina -ricordiamo che si tratta ormai della quarta deroga dall’inizio dell’emergenza- consente ai datori di lavoro di ricorrere a proroghe e rinnovi senza causale per una sola volta e per una durata di dodici mesi nei limiti di durata massima del rapporto di lavoro di complessivi 24 mesi: dunque sommando i periodi di lavoro già svolti e le proroghe intervenute non si devono superare i 2 anni.
Comprensibile la ratio del provvedimento, intervenuto a correttivo di una situazione di fatto che si stava pesantemente orientando in senso opposto a quello voluto dalle precedenti riforme: infatti, dati Istat alla mano (oltre 370mila contratti a t.d. in meno in un anno, da febbraio 2020 al medesimo mese di questo 2021), emerge in modo chiaro che i vincoli e le causali introdotti dal decreto “dignità” hanno finito per disincentivare le assunzioni a tempo determinato (senza, verosimilmente, produrre risultati altrettanto significativi sul versante stabilizzazioni) e dunque per ostacolare l’occupazione. E c’è già chi auspica un eliminazione completa e permanente dell’obbligo di indicare le causali per il rinnovo.
Staremo a vedere.