Come ridurre del 10% i costi energetici delle strutture sanitarie? Semplice: trasformandoli in chiave più “verde”.
A dirlo è la ricerca «Innovazione e sostenibilità ambientale e finanziaria in Sanità», attuata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e presentata ieri durante il convegno «Salute al futuro», organizzato da «Il Sole-24 Ore» assieme all’università romana e al gruppo farmaceutico Abbott. Il gruppo farmaceutico – che in Italia ha puntato su investimenti mirati alla riduzione dell’impatto ambientale – ha presentato anche il suo primo «Citizenship report».
In Italia – è emerso – circa il 50% del costo del Servizio sanitario nazionale è attribuibile al servizio ospedaliero, con i costi per l’energia che incidono per il 5-6% del totale. Secondo i ricercatori della Cattolica ben il 20% dell’energia termica usata per la climatizzazione, l’illuminazione, la produzione di acqua calda sanitaria, la sterilizzazione, il diffuso impiego di dispositivi diagnostici e terapeutici e la produzione di rifiuti speciali – che ammonta a circa l’80% del totale utilizzato, viene completamente sprecata in perdite, dovute a inefficienze gestionali e alla vetusta età dei macchinari.
Un punto critico risulta essere proprio quello dei rifiuti sanitari, i cui costi di smaltimento aumentano del 10% l’anno: nel 2008 si è arrivati a toccare i 183,6 milioni di euro. «Basti pensare – ha spiegato Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene della Cattolica – che le case di cura private, che hanno una maggiore attenzione ai costi, producono la metà della quantità di rifiuti prodotta dagli ospedali pubblici». Lo studio propone una strategia in 10 punti: tra questi, prevedere un «environmental management» per garantire lo scambio di best practice ecosostenibili; puntare su risparmio energetico e idrico; creare focus group anti sprechi; formazione; incentivi ed ecocostruzioni.
Laconico il commento di Giovanni Monchiero, presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere: «Il tema della sostenibilità ambientale in sanità è stato trascurato. La scelta dei materiali monouso, per esempio, è stata fatta anni fa senza una vera valutazione sull’impatto a lungo termine, sia in termini di costi, sia di reale efficacia. I margini di miglioramento ci sono, ma bisogna prima di tutto intervenire su normative che vanno nella direzione opposta».