Fra le pesantissime conseguenze dell’epidemia da Coronavirus, ancora in gran parte da valutare, c’è senza dubbio quella legata ai cosiddetti “inadempimenti contrattuali” (reali o presunti), che riguarda da vicino le imprese del settore pulizie/ multiservizi/ servizi integrati, attive nel complicato mondo degli appalti e delle commesse pubbliche e private.
Nel cosiddetto decreto “Cura Italia”, nome al secolo decreto legge n.18 del 17/3/2020, l’articolo 91 è dedicato nello specifico proprio a questo tema (Disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici).
Il testo, che interviene sul DL 6/2020 e sul Codice dei contratti dlgs 50/16, ha la ratio di andare a sostegno delle imprese messe in difficoltà da questo periodo di grave emergenza e dalle iniziative di contenimento dell’epidemia. La sostanza è che il mancato adempimento delle obbligazioni contrattuali nel periodo in cui sono attive le “misure di contenimento” del Coronavirus, qualora generi un contenzioso fra appaltante e appaltatore, deve essere valutato di volta in volta dal giudice, non scattando automaticamente -come normalmente fa secondo il noto art. 1218 del Codice civile- le normali sanzioni applicate dall’appaltante in credito, quali penali, decadenze e così via.
Non potranno cioè essere ritenuti inadempimenti contrattuali i disservizi o le mancate prestazioni dovute al “rispetto delle misure di contenimento” dell’epidemia da Covid-19: pensiamo ad esempio, per fare giusto alcuni esempi pratici, alla messa in quarantena di personale, alla difficoltà di trovare Dpi e dotarne tutto il personale, o ancora alla sospensione unilaterale dei cantieri a causa delle difficoltà di garantire la sicurezza dei lavoratori o di organizzare l’azienda, senza contare la difficoltà di reperire strutture ricettive o vitto in caso di trasferte, gli inadempimenti da parte di eventuali subappaltatori e così via.
In casi come quelli descritti, dunque, la mancata o la non adeguata prestazione, infatti, non rileva ai fini della responsabilità di cui all’art. 1218 del codice civile (secondo cui “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”).
Ne consegue che la stazione appaltante non potrà comminare alcuna sanzione. Sarà invece il giudice, caso per caso, ad essere chiamato a decidere in ordine alle conseguenze generate dall’inadempimento, per valutare le concrete situazioni che hanno portato all’inadempimento stesso: un esempio molto calzante, e frequente nel nostro settore, è quello delle limitazioni agli spostamenti, oppure dell’indisponibilità dei Dpi straordinari previsti dalla legge. E’ rimessa alla valutazione del giudice anche la maturazione di una “decadenza” o la pretesa di una “penale” connesse a ritardati o omessi adempimenti i quali siano, a loro volta, da porre in relazione al rispetto delle misure di contenimento.
La norma, fra l’altro, offre anche l’occasione, agli appaltatori, per ridefinire con la stazione appaltante le modalità operative (anche modificando le prestazioni) al fine di garantire i servizi essenziali.
Un altro aspetto da sottolineare è quello relativo all’anticipazione del 20% del corrispettivo, che potrà essere accordata anche negli affidamenti di urgenza, erogazione che, ricordiamo, il committente è tenuto ad effettuare entro quindici giorni dall’inizio dell’effettiva prestazione. Una boccata d’ossigeno per molte imprese, anche del nostro settore.