L’INL torna sulla questione degli appalti “genuini”. Nella Circolare 10/2018, pubblicata l’11 luglio scorso, l’Inl- Ispettorato Nazionale del Lavoro fornisce indicazioni, condivise con il Ministero del Lavoro e P. S., con l’INPS e con l’INAIL, in ordine alla ipotesi in cui, nell’ambito di un appalto non genuino, siano riscontrate inadempienze retributive e contributive nei confronti dei lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto. L’Inl chiarisce come debba essere calcolata la contribuzione e la retribuzione dovuta e le modalità da seguire per il recupero nei confronti degli operatori economici coinvolti.
Spiega l’INL: “In via preliminare, quanto al regime sanzionatorio si rammenta che, con D.Lgs. n. 8/2016, le fattispecie di reato previste dall’art. 18, comma 5 bis, del D.Lgs. n. 276/2003 riguardanti le ipotesi di appalto privo dei requisiti previsti dall’art. 29, comma 1, sono state oggetto di depenalizzazione. Pertanto, le stesse integrano attualmente ipotesi di illecito amministrativo per le quali trova applicazione la sanzione amministrativa di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro sia nei confronti dello pseudo appaltatore che nei confronti del committente/utilizzatore (cfr. ML circ. n. 6/2016).
Il medesimo regime sanzionatorio trova applicazione anche qualora l’appalto illecito sia stato posto in essere al fine di eludere, in tutto o in parte, i diritti dei lavoratori derivanti da disposizioni inderogabili di legge o di contratto collettivo, stante l’abrogazione espressa ad opera del D.Lgs. n. 81/2015 del reato di somministrazione fraudolenta di cui all’art. 28, D.Lgs. n. 276/2003. Va tenuto presente, altresì, che la misura sanzionatoria di cui all’art. 18, comma 5 bis “esclude in radice la possibile applicazione delle sanzioni per lavoro nero e delle altre sanzioni amministrative legate agli adempimenti di costituzione e gestione del rapporto di lavoro”; in tali ipotesi esiste, infatti, una “tracciabilità” del rapporto di lavoro e dei connessi adempimenti retributivi e contributivi, anche se facenti capo ad un datore di lavoro che non è l’effettivo utilizzatore delle prestazioni.
Tanto premesso, sul piano dei recuperi contributivi e retributivi connessi all’accertamento di un appalto illecito, appare opportuno evidenziare, innanzitutto, che il legislatore (cfr. art. 29, comma 3 bis, D.Lgs. n. 276/2003) ha lasciato alla libera iniziativa del lavoratore la costituzione del rapporto di lavoro nei confronti dell’effettivo utilizzatore della prestazione mediante ricorso ex art. 414 c.p.c. innanzi al Tribunale in funzione di Giudice del lavoro”.
Quanto a noi, torniamo a ricordare che, per distinguere un appalto genuino da una mera somministrazione di manodopera, dobbiamo rispolverare l’art. 29, D.Lgs. n. 276/2003, che dispone che “il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”.