HomeNewsletterPart-time: quando non è licenziabile

Part-time: quando non è licenziabile

La casistica relativa ai part-time è nutritissima. Ultimo caso in ordine di tempo è quello affrontato dalla Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 10142 del 26 aprile 2018. In sintesi, la Suprema Corte ha stabilito che è illegittimo licenziare il lavoratore part-time se rifiuta il passaggio al full time, infatti, ad avviso della Cassazione: “La predisposizione di un nuovo modello organizzativo aziendale, in seguito all’acquisizione della società parte di un gruppo, non consente all’azienda di imporre il passaggio dal part-time al full-time”.

Illegittimo anche in presenza di accordo

Il licenziamento, avvenuto nell’ambito di una procedura collettiva, era scaturito da un accordo che fissava, tra i criteri per individuare eventuali esuberi, anche la mancata accettazione del passaggio all’orario lungo.  Per i giudici, infatti, tale tipo di accordo va in contrasto con il Dlgs 61/00, che, con l’articolo 5, a tutela dell’incentivazione del lavoro a tempo parziale, prevede che il rifiuto del lavoratore di trasformare il suo rapporto da tempo pieno al part-time o viceversa, non possa far scattare il licenziamento. Gli Ermellini hanno poi precisato che “la modalità oraria è un elemento qualificante della prestazione oggetto del contratto part-time, sicché la variazione, in aumento o in diminuzione, del monte ore pattuito, costituisce una novazione oggettiva dell’intesa negoziale inizialmente concordata, che richiede una rinnovata manifestazione di volontà, e non è pertanto desumibile “per facta concludentia” del comportamento successivo delle parti”. Niente licenziamento, dunque.

Attenzione anche alla forma

Sempre sul part-time, occorre porre attenzione anche alla forma (sempre scritta) con cui si stipula l’accordo, e al pagamento del compenso per le eventuali ore in più richieste in presenza di forme di flessibilità. Sempre la Cassazione, lo ricordiamo, con Ordinanza 6900/18 (risalente allo scorso 20 marzo) aveva dichiarato illegittimo il ricorso a clausole elastiche a chiamata se non rispettose della legislazione nazionale (in particolare il Dlgs 81/15, a cui molti Ccnl si conformano). Nel Ccnl Multiservizi, ad esempio, si spiega che le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione; nei rapporti a tempo parziale verticale o misto possono essere stabilite anche clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione. Il consenso del lavoratore alle clausole flessibili o elastiche deve risultare da atto scritto. L’esercizio, da parte del datore di lavoro, del potere di variare la collocazione della prestazione lavorativa ovvero aumentarne la durata comporta un preavviso a favore del lavoratore. Per le ore prestate al di fuori degli orari concordati nell’atto di instaurazione del rapporto a tempo parziale, in regime di clausola flessibile, competono al lavoratore maggiorazioni del compenso. Per il “jobs act”, ricordiamolo, le “clausole elastiche” (la terminologia dell’81/15 ha riassorbito la definizione di clausole flessibili”) sono sempre da negoziare a livello individuale, devono essere stipulate in forma scritta e devono rispettare gli eventuali paletti fissati dalle contrattazioni collettive.

Un po’ di casistica

Poi la giurisprudenza, nel concreto, è molto vasta e varia: si va dal lavoro supplementare “dedotto” e “percepito” dal lavoratore ma di fatto indimostrabile (che non risulta soggetto a risarcimento), alla clausola messa per iscritto durante lo svolgimento del rapporto (legittima); si può ammettere anche un “monte ore mensile” con turni e possibilità di variare tra un minimo e un massimo, mentre non sono di norma ammissibili variazioni unilaterali. Il lavoro aggiuntivo va sempre pagato, e questo è pacifico, ma non accade mai che all’aumento delle ore richieste debba fare seguito la trasformazione del rapporto in tempo pieno. Una cosa da sottolineare: per essere legittime, le clausole elastiche devono sempre basarsi su un orario di partenza che, al limite, potrà essere modificato.

Sentenza Cassazione 10142/18

CONTENUTI SUGGERITI