Si lavora alacremente per “rifare il look” (almeno in parte) al nuovo Codice degli appalti, alla luce dei problemi e delle criticità applicative emersi in questi mesi, e i soggetti interessati stanno inviando i pareri in vista dell’elaborazione del testo finale del correttivo “Delrio”. Una novità di grande rilievo arriva da un suggerimento dell’ Anac: il “rating” assegnato dall’ Anticorruzione per valutare l’affidabilità delle imprese non sarà più obbligatorio, ma volontario (per non creare eccessivo aggravio burocratico alle imprese, e, in ultima analisi, all’ Autorità stessa), e soprattutto se ne prevede l’estensione anche al mondo dei servizi.
Stando a Raffaele Cantone, infatti, il rating, che rappresenta un caposaldo del Nuovo Codice degli appalti, e le cui Linee-guida, dopo essere state sottoposte mesi fa all’ attenzione degli operatori, sono rimaste di fatto “congelate” Nella segnalazione n. 2 del 1° febbraio 2017 (che linkiamo), inviata il 2 febbraio al Governo, l’ Anac propone di modificare gli articoli 83, comma 10, 84, comma 4 e 95, comma 13, del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dicendo fra l’altro: “ si ritiene opportuno segnalare che il rating di impresa, così come descritto dalla vigente normativa, vale a dire costruito su un sistema di premialità (e penalità) da applicarsi ai soli fini della qualificazione delle imprese, rischia di risolversi in un notevole aggravio burocratico per le imprese, le stazioni appaltanti e, in ultima analisi, l’Autorità, tenute alla gestione e alla comunicazione di una serie di dati rilevanti, con limitati effetti incentivanti al miglioramento delle performance se si considera che al meccanismo dell’incremento convenzionale premiante delle classifiche cui la singola impresa può aspirare in base ai requisiti strutturali posseduti non può riconoscersi una forza propulsiva sufficiente a far evolvere il sistema. Una diversa disciplina del rating di impresa, costruito su base volontaria, riferito espressamente ai tre settori (lavori, servizi e forniture), potrebbe far propendere per il suo utilizzo in sede di offerta economicamente più vantaggiosa secondo il miglior rapporto qualità/prezzo, includendolo tra gli elementi già menzionati dall’ art. 95, co. 13, del Codice, in luogo del rating di legalità.” E ancora, facendo espresso riferimento ai servizi: “Il collegamento dell’istituto del rating di impresa all’ accesso alla gara, soltanto per la qualificazione dei lavori, come sembra emergere dal dato letterale dell’art. 83, co. 10, del Codice e da una lettura sistematica della stessa, in combinato disposto con l’art. 84, co. 4, costituisce, ad avviso dell’Autorità, una limitazione irragionevole del suo impiego in considerazione delle dimensioni dei mercati dei servizi e delle forniture e delle numerose criticità riscontrate nel tempo proprio in ordine alla qualità esecutiva dei relativi affidamenti. Sotto questo profilo occorrerebbe, quindi, rivedere il testo dell’art. 83, co. 10 e, nel contempo, introdurre una norma speculare a quella contenuta nell’art. 84, co. 4, relativamente ai servizi e alle forniture, al fine di tener conto del rating di impresa anche nella qualificazione in gara, come noto, prevista in tali due settori del public procurement.”