Dopo la “storica” sentenza, n. 09441/2016 emessa dal Tar Lazio -Seconda Sezione, e pubblicata il 30 agosto dello scorso anno, ora all’esame del Consiglio di Stato, è ancora il Tribunale Amministrativo per il Lazio, con la recente sentenza n. 1345/17 depositata il 26 gennaio 2017, a “scagliare un’altra pietra” contro la prassi, purtroppo ancora frequente in un’ottica di aggregazione degli acquisti pubblici, di suddividere gli appalti in lotti troppo grandi per permettere la partecipazione diretta, e in forma singola, delle PMI. Circostanza che, come abbiamo più volte sottolineato, rischia di restringere il mercato ai pochi, se non pochissimi players in grado di soddisfare i requisiti di partecipazione.
Stavolta, poi, il pronunciamento è ancora più interessante per il settore, perché riguarda proprio i servizi. Insomma sembra proprio starsi delineando quella che, di fatto, si può ormai definire una “tendenza” giurisprudenziale: il Tar del Lazio, infatti, ha annullato una gara di servizi accessori al funzionamento di strutture scolastiche (in particolare pulizia, ausiliariato, manutenzione aree verdi) divisa in lotti accessibili solo a pochi grandi players.
Nella fattispecie il ricorso (n. 10680 del 2016), proposto da Confartigianato Imprese Roma, riguarda appunto una procedura di gara che secondo i ricorrenti avrebbe violato norme e principi fondamentali a presidio della libera concorrenza, impedendo alle piccole e medie imprese di prendere parte alla gara. I 5 lotti territoriali, relativi ai vari Municipi di Roma, avevano un valore medio di circa 40 milioni di euro, andando dagli oltre 34 milioni del più piccolo agli oltre 45 milioni del maggiore.
Si legge, tra le motivazioni del ricorso: “Il mercato italiano dei servizi in esame si connoterebbe per la presenza di un gruppo ristretto di quattro/cinque operatori e da numerosissime imprese di dimensione media e piccola, per cui queste ultime dovrebbero dare vita a raggruppamenti temporanei molto estesi per conseguire il requisito economico-finanziario o altrimenti dovrebbero trovare l’accorso con un grande player. La gara prevedrebbe dei macro lotti di importo tale da precludere la partecipazione alla stragrande maggioranza degli operatori economici del mercato. La stazione appaltante, nel definire la parcellizzazione in lotti ed il loro valore a base d’asta con il conseguente requisito economico finanziario, non avrebbe considerato la struttura del mercato oppure avrebbe optato per una soluzione tale da favorire le imprese di una determinata scala implicando l’espulsione dal mercato di tutte le altre. Inoltre le tre prestazioni principali di cui si compone il global service (servizi di ausiliariato, pulizia e manutenzione del verde, appunto) sarebbero eterogenee tra loro ed il loro accorpamento avrebbe l’effetto di limitare la concorrenza.” A ciò si aggiunge che “il bando di gara imporrebbe illogicamente che per partecipare a più lotti il concorrente debba possedere un fatturato pari alla somma dei singoli lotti.”
Per il Tar, il ricorso è fondato: i giudici hanno sottolineato come negli ultimi anni, all’ esigenza di tutela degli interessi pubblici, si sia aggiunta, sotto la spinta dei principi e delle direttive comunitarie, l’esigenza di tutela della libertà di concorrenza e di non discriminazione tra le imprese. Dunque la concorrenzialità nell’ aggiudicazione, che ha il suo elemento cardine nel principio di massima partecipazione alla gara delle imprese in possesso dei requisiti richiesti, in origine funzionale al solo interesse finanziario dell’amministrazione, nel senso che la procedura competitiva tra imprese era (ed è) ritenuta la modalità più efficace per garantire la migliore spendita del denaro pubblico, è diventata un’espressione dell’ondata neoliberista degli ultimi decenni dello scorso secolo, che ha portato le autorità comunitarie a prendere in considerazione – ai fini della tutela della concorrenza, che dovrebbe garantire l’efficiente allocazione delle risorse sul mercato – l’impatto concorrenziale prodotto dalle amministrazioni pubbliche in qualità di committenti o di concedenti, per cui ogni singola gara diviene uno specifico e temporaneo micromercato nel quale le imprese di settore possono confrontarsi. La compresenza della duplice esigenza volta alla tutela della concorrenza tra le imprese ed al buon uso del denaro della collettività è stata chiaramente delineata dalla giurisprudenza europea la quale, nel dichiarare che uno degli obiettivi della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici è costituito dall’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile e che è nell’interesse del diritto comunitario che venga garantita la più ampia partecipazione possibile di offerenti ad una gara d’appalto, ha aggiunto che siffatta apertura alla concorrenza è prevista non soltanto con riguardo all’interesse comunitario alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi, ma anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice che disporrà così di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata.
Con il nuovo Codice degli appalti pubblici e delle concessioni (d.lgs. n. 50 del 2016), che ha attuato, tra le altre, la direttiva 2004/24/UE, risulta evidente che la funzione proconcorrenziale delle regole di evidenza pubblica ha assunto ancora maggiore rilievo ed è divenuta il baricentro del sistema.
Le due “anime” della normativa sostanziale dell’evidenza pubblica, in linea di massima, possono e devono essere perseguite contemporaneamente, atteso che la massima partecipazione alla gara è funzionale alla realizzazione di entrambe le finalità.
Il principio del favor partecipationis, pertanto, è stato scolpito a chiare lettere anche nella disciplina legislativa.
L’art. 51 del nuovo codice stabilisce non solo che, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, “al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali … in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture”, ma anche che “nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro imprese, piccole e medie imprese”.
L’art. 83, comma 2, infine, prevede che i requisiti di idoneità professionale e le capacità economica e finanziaria e tecniche – professionali sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, “tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione”.
Un ulteriore impulso all’apertura dei mercati attraverso la partecipazione alle gare e la possibile aggiudicazione delle stesse da parte del più alto numero di imprese possibile – le quali in tal modo, in un circolo “virtuoso”, potrebbero acquisire le qualificazioni ed i requisiti necessari alla partecipazione ad un numero sempre maggiore di gare – è dato dal c.d. vincolo di aggiudicazione, vale a dire dalla facoltà della stazione appaltante di limitare il numero massimo di lotti che possono essere aggiudicati ad un solo offerente.
In definitiva, la matrice volta a stimolare la concorrenza, sia attraverso la massima partecipazione possibile alle gare sia anche garantendo una più elevata possibilità che le imprese di piccole e medie dimensioni possano risultare aggiudicatarie, caratterizza tutta la normativa europea in materia di appalti pubblici e, di conseguenza, il nuovo codice nazionale degli appalti pubblici e delle concessioni.