Un libro tanto vero e rivelatore che si legge tutto d’un fiato, appena uscito per l’editore Chiarelettere (164 pagine, 13 euro) e presentato giovedì 15 a Milano, proprio a due passi da quel Tribunale in cui esplose il caso “Mani Pulite” più di 20 anni fa. Nel frattempo, lungi dal risolversi, la situazione sembra essersi addirittura aggravata. Quello che è in atto è un fenomeno di “normalizzazione” della corruzione, che, come ha sottolineato di recente anche papa Francesco, è ormai “elevata a sistema, diventata un abito mentale, un modo di vivere”. E stavolta non siamo davanti a un film di Antonio Albanese o a una gag di Maurizio Crozza: il libro, che ha come sottotitolo “Storie dal vivo di affaristi, corrotti e corruttori”, parla della cruda realtà, scene di ordinario malaffare ricostruite sulla base di intercettazioni e testimonianze.
Introdotto da una prefazione del presidente Anac Raffaele Cantone, è una lettura che consigliamo non solo agli addetti ai lavori, che, ahimè, avranno ben poco di che stupirsi, ma a tutti. Una vera e propria lezione di legalità da non perdere, basata su storie vere. E di storie, sfogliando le pagine ne incontriamo tante. Storie e persone: imprenditori, funzionari, politici, pubblici agenti o semplici intermediari. Molto spesso padri di famiglia, che portano l’abitudine al malaffare fin dentro le mura di casa. Insomma, “Io vivo di imbrogli” sembra essere la sentenza lapidaria. Non manca la “Corruzione 2.0”, quella che si annida nella burocrazia, le cui relazioni con i territori dell’illegalità vengono analizzate in profondità. Emerge il quadro di una “nuova corruzione”, in cui corrotti e corruttori fanno parte di un unico progetto in cui spesso si mischiano lecito e illecito.
Ce n’è per tutti: sport, sanità, concorsi, appalti di servizi e lavori pubblici. “Metti meno cemento e più sabbia”, è l’agghiacciante consiglio dato a un costruttore. E che dire delle gare d’appalto? Come avere certezza del risultato? Come il malaffare si nasconde nel subappalto? Come far pilotare la gara da commissioni compiacenti? Come tagliare un bando su misura? “Levale di mezzo queste qua”, si dice a un certo punto senza… mezzi termini.
Un quadro desolante, vero. Ma Corradino ha pensato anche a una pars construens: come fare perché tutto questo non accada più? O perlomeno, perché il fenomeno si ridimensioni? A questo è dedicata l’ultima parte del libro, in cui l’autore scommette molto sulle potenzialità dei nuovi sistemi di trasparenza (che garantiscono ad esempio la tracciabilità dei rapporti tra PA e imprese) ma soprattutto del “controllo diretto dei cittadini” sull’esempio americano. Vengono toccati argomenti di grande rilievo come quello del whistleblowing, cioè la possibilità di far emergere senza subire ritorsioni comportamenti dubbi o palesemente illeciti che vediamo verificarsi sotto i nostri occhi nei luoghi di lavoro. O ancora le tutele offerte a chi denuncia racket ed estorsione. Può servire inasprire le pene? E’ vero che l’Italia è il paese più corrotto d’Europa? Se fosse reale il dato circolato anni fa -che appare francamente esagerato- dei 60 miliardi di costi del malaffare (il 3% del Pil italiano), incrociandolo coi 120 miliardi di “valore” della corruzione in Europa stimato dalla Commissione europea ci piazzeremmo di gran lunga in testa con la metà della corruzione del Vecchio Continente. Un piazzamento di cui non andare fieri. E se anche certi numeri non sono attendibili, come spiegare il fatto che il 92% degli imprenditori italiani intervistati in un recente rapporto della Commissione europea sono persuasi che favoritismo e corruzione nel Bel Paese ostacolino una sana e proficua concorrenza, e che 9 su 10 affermano che la “raccomandazione è il modo più facile per ottenere un servizio pubblico”?
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