Offerta più vantaggiosa: riproposte le formule dell’ “allegato p”
Un esempio? Prendete la vexata quaestio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e a fate un semplice raffronto fra le formule dell’allegato “p” del Regolamento 207/2010 (quando l’Anac si chiamava ancora Avcp) e quelle delle Linee Guida (attuative del nuovo Codice Appalti 50/16) approvate dall’Autorità lo scorso 21 giugno, e destinate a “mandarlo in pensione”, magari passando per il documento dato in consultazione in maggio. Se non avete sotto mano i documenti lo facciamo noi per voi. Ecco qui un paio di estratti:
1) Allegato “p” DpR 207/10
“Per quanto riguarda gli elementi di valutazione di natura quantitativa quali, a titolo meramente esemplificativo, il prezzo e il termine di consegna o di esecuzione, attraverso la seguente formula:
V(a)i = Ra/Rmax
dove:
Ra = valore offerto dal concorrente a
Rmax = valore dell’offerta più conveniente
ovvero, per il solo elemento prezzo, attraverso la seguente formula:
Ci (per Ai <=Asoglia ) = X*Ai / Asoglia
Ci (per Ai > Asoglia ) = X + (1,00-X)*[(Ai – Asoglia)/ (Amax – Asoglia)]
dove
Ci = coefficiente attribuito al concorrente iesimo
Ai = valore dell’offerta (ribasso) del concorrente iesimo
Asoglia = media aritmetica dei valori delle offerte (ribasso sul prezzo) dei concorrenti
X = 0,80 oppure 0,85 oppure 0,90 (indicare nei documenti di gara quale delle tre percentuali va applicata)
2) Documento di consultazione Anac 2016, punto 5 (Valutazione degli elementi quantitativi), nonché Linee Guida approvate dall’Anac il 21 giugno 2016 e passate ai pareri previsti dalla legge:
“Di seguito si riportano due modalità di calcolo dei punteggi economici che rispettano i criteri suddetti, utilizzabili soprattutto quando il criterio di formazione della graduatoria è quello aggregativo compensatore.
Nel primo caso, il punteggio attribuito alle offerte è calcolato tramite un’interpolazione lineare tra sconto minimo e sconto massimo. In simboli:
Vai = Ra/Rmax
dove:
Vai= coefficiente della prestazione dell’offerta (a) rispetto al requisito (i) variabile tra 0 e 1
Ra = valore (ribasso) offerto dal concorrente a
Rmax = valore (ribasso) dell’offerta più conveniente
Tale metodo di calcolo presenta l’inconveniente, più volte evidenziato, di poter condurre a differenze elevate anche a fronte di scarti in valore assoluto limitati; ciò si verifica quando il ribasso massimo rispetto al prezzo a base di gara è contenuto.
In alternativa al metodo dell’interpolazione lineare, specie per l’elemento prezzo, si può utilizzare il metodo cosiddetto bilineare, secondo il quale il punteggio cresce linearmente fino a un valore soglia, calcolato ad esempio come la media del ribasso dei concorrenti, per poi flettere e crescere ad un ritmo molto limitato. Al fine di evitare il rischio di allineamento delle offerte è necessario che il valore della soglia venga determinato sulla base delle offerte effettivamente pervenute; qualora la stazione appaltante indicasse a priori il valore della soglia, i concorrenti sarebbero indotti ad allineare le loro offerte economiche a tale soglia. Il vantaggio della formula bilineare è quello di scoraggiare offerte con ribassi eccessivi (poiché ricevono un punteggio incrementale ridotto) e di limitare l’inconveniente evidenziato per il metodo dell’interpolazione lineare. Lo svantaggio è, naturalmente, la limitazione di una concorrenza basata sul prezzo.
Dal punto di vista matematico la formula si presenta nel seguente modo:
Ci (per Ai <=Asoglia ) = X*Ai / Asoglia
Ci (per Ai > Asoglia ) = X + (1-X)*[(Ai – Asoglia)/ (Amax – Asoglia)]
dove
Ci = coefficiente attribuito al concorrente i-esimo
Ai = valore dell’offerta (ribasso) del concorrente i-esimo
Asoglia = media aritmetica dei valori delle offerte (ribasso sul prezzo) dei concorrenti
X = 0,80 oppure 0,85 oppure 0,90
Amax= valore dell’offerta (ribasso più conveniente)
In ogni caso, comunque, resta fermo che al valore più favorevole (nel caso del prezzo: ribasso massimo o prezzo minimo) deve corrispondere il coefficiente pari ad uno ed al valore meno favorevole (nel caso del prezzo: ribasso zero o prezzo posto a base di gara) deve corrispondere il coefficiente pari a zero.
Nessuna differenza!
Ma torniamo al confronto: anche “aguzzando la vista” non trovate significative differenze? Ebbene, avete ragione: entrambe le formule proposte sono esattamente identiche nei due (tre) documenti, nonostante i sei anni trascorsi, le storture più volte emerse nell’applicazione delle formule, il gran parlare che si è fatto in questi anni su questo argomento e soprattutto le numerose osservazioni giunte all’Anac in fase di consultazione: ben 94 autorevoli pareri molti dei quali piuttosto critici proprio sulle formule. E meno male che l’Anac continua a dichiararsi estremamente disponibile al confronto, e non manca mai di sottolineare che una differenza qualificante fra la legislazione precedente e l’attuale risiede proprio nel ruolo attivo dei soggetti interessati!
Un problema ben presente
D’altra parte, come sottolinea la frase che abbiamo messo in risalto nel testo delle Linee Guida 2016 (Tale metodo di calcolo presenta l’inconveniente, più volte evidenziato, di poter condurre a differenze elevate anche a fronte di scarti in valore assoluto limitati), il problema è ben presente all’Anac. La quale, va detto a onor del vero, nella formulazione finale delle linee guida ha aggiunto una terza formula Vi= (Ri/Rmax)ª, che con l’introduzione all’esponente di un coefficiente “a” con valori compresi tra 0 e 1 può fornire curve che scoraggino i ribassi più elevati, o, avvicinandosi all’1, creino maggiore concorrenza sul prezzo, a discrezione dell’ente appaltante. Oltre alla possibilità di utilizzare altre formule indipendenti, per le quali il punteggio attribuito al concorrente non dipende dal punteggio attribuito agli altri concorrenti (ma la scelta di tali formule dovrebbe seguire a un’attenta analisi del mercato di riferimento, operazione sempre rischiosa e comunque impegnativa).
Linee guida non vincolanti, ma…
Va detto anche, del resto, che le Linee Guida sull’OE+v non sono vincolanti, ma hanno un valore puramente orientativo: sta di fatto, però, che nella grande maggioranza dei casi è difficile che la stazione appaltante (o, come avviene ora, il soggetto aggregatore) si discosti più di tanto dalle indicazioni fornite dai documenti attuativi del Codice. Il problema dunque resta: perché continuare a chiamare “offerta economicamente più vantaggiosa” ciò che ha tutta l’apparenza di un massimo ribasso mascherato o, nella migliore delle ipotesi, appena corretto? C’è chi propone addirittura, per tagliare la testa al toro, di tornare, come avveniva in precedenza (dpcm 117/99), alla possibilità per la stazione appaltante di scegliere il criterio del massimo ribasso o dell’offerta più vantaggiosa. “Che senso ha infatti”, dicono costoro “perseverare sulla strada di una finta offerta economicamente più vantaggiosa? Non sarebbe meglio chiamare le cose con il loro nome?” La risposta più immediata è che, in effetti, è stata l’Europa ad insistere per l’Oe+v, e a premere l’acceleratore del cambiamento. E l’Italia si è adeguata, ma in modo, come al solito, gattopardesco: ha cambiato l’etichetta, ma non la sostanza. La ratio europea, infatti, era quella di premiare altri aspetti dell’offerta oltre a quello meramente scontistico.
Già nel 2010 arrivarono le prime critiche…
Le voci critiche nei confronti di questo approccio lineare non sono cosa di ieri: già all’indomani dell’approvazione del Regolamento (ottobre 2010: sei anni fa!), ricordiamo, erano molte le perplessità sulle formule contenute in questo allegato che, ricordiamolo, riprendevano l’articolo 286 del Regolamento secondo cui: “Ai fini della determinazione del coefficiente riferito al prezzo la commissione giudicatrice utilizza la seguente formula: Ci = (Pb – Pi)/(Pb – Pm) dove Ci = coefficiente attribuito al concorrente iesimo, Pb = prezzo a base di gara, Pi = prezzo offerto dal concorrente iesimo, Pm = prezzo minimo offerto dai concorrenti ovvero la formula riferita all’elemento prezzo di cui all’allegato P, punto II), lettera b), contenente il riferimento al valore soglia.” Tra le voci critiche più tempestive, ricordiamo quella dell’Organismo Bilaterale Nazionale per i servizi integrati (Onbsi), che già allora scriveva:
“L’articolo 286 del regolamento approvato dal Consiglio dei Ministri in attuazione del Decreto Legislativo 163/2006 “Codice dei contratti pubblici relativi a opere, servizi e forniture” modifica in termini sostanziali il DPCM 117/1999, introducendo un sistema di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa che comporta una quasi totale irrilevanza del progetto nei confronti dello sconto maggiore. Si rischia così di determinare un sistema di assegnazione che solo formalmente risulta dell’offerta più vantaggiosa risultando impossibile recuperare sul progetto differenti valori di sconto percentuale che assegnerebbero differenziali di punteggio elevatissimi. Nel testo del regolamento viene richiamato il DPCM 117/99 in modo fuorviante ed analogamente si introduce una formulazione che sembra voler nascondere il confronto sugli sconti offerti introducendo il termine valore a base d’asta – valore offerta che è esattamente uguale allo sconto. In questo modo […] le imprese si troveranno a dover operare solo nella logica del ribasso risultando pressoché impossibile recuperare questo differenziale sul progetto. Non è infatti pensabile che un progetto, anche pessimo, possa ottenere un valore pari a 0, per ognuno degli elementi di valutazione mentre il prezzo comporterebbe un differenziale tra poco più di 0 e 40/60 (determinato dal valore attribuito al prezzo). Ma un danno deriverebbe anche alle amministrazioni che dovrebbero assegnare un appalto al concorrente peggiore anche a fronte di minime variazioni del prezzo offerto. Tale situazione è solo parzialmente recuperata, per le offerte più vicine al valore minimo, dall’introduzione del criterio previsto dall’allegato P del regolamento che oltretutto presenta una maggiore complessità e il rischio di offerte in cordata per falsare il risultato, con un probabile scarso ricorso allo stesso.” Insomma, già ai tempi l’Onbsi denunciava il fatto che una piccola variazione sullo sconto produce cioè una variazione ben più importante sul risultato finale.
Tutto è cambiato, ma solo in apparenza!
Da allora tutto (apparentemente) è cambiato, ma tant’è: sembra ormai cosa appurata una certa freddezza del legislatore nei confronti delle formule di aggiudicazione proporzionali, a favore di un approccio “lineare”. Ciò potrebbe essere giustificato almeno in due modi: in primo luogo la necessità ormai ben nota di risparmio da parte dell’amministrazione; in secondo luogo la volontà di limitare l’arbitrarietà della valutazione: quello del prezzo, dicono i sostenitori delle formule, è e resterà sempre un criterio oggettivo. L’Anac in passato ha fornito la seguente spiegazione: “La giurisprudenza ha, in diverse occasioni, confermato che le formule devono essere tali da rendere possibile l’attribuzione dell’intero range dei punteggi, variabile da zero al massimo fissato nel bando. Quindi, le formule devono essere costruite in modo tale da garantire che si possano attribuire i pesi fissati nel bando. Al riguardo, le formule previste nel Regolamento garantiscono il rispetto di tali principi: si tratta di formule di tipo lineare che garantiscono l’equilibrio tra i criteri di valutazione. La ragione che ha condotto il legislatore a prevedere formule di tipo lineare è dovuta, probabilmente, alla considerazione che l’utilità marginale del ribasso è costante, nel senso che una differenza di ribasso corrisponde sempre alla stessa riduzione di costo, qualsiasi siano i ribassi da cui tale differenza dipende. In sostanza, la derivata prima della funzione ribasso deve essere costante e, di conseguenza, deve essere una retta. Fatto sta che il rischio del “massimo ribasso resta”. E fa niente se poi -diciamo noi- certe gare vengono vinte sulla base di minime differenze di sconto oppure, cosa che purtroppo accade, “sparandola grossa” e contando sulla fragilità della fase di controllo. A questo proposito l’Anac, ben consapevole di certe storture nella fase di esecuzione del contratto, punta sulla selezione dei commissari da un albo e sul potenziamento del ruolo del Responsabile Unico del Procedimento in fase di esecuzione del contratto e di verifica. Ma questa è un’altra storia.
Sperando nella “soft law…”
Che tutto questo sia frutto di una scelta consapevole e non di semplici “disattenzioni” sembra ormai chiaro. Ciò che tuttavia suscita le nostra perplessità è che, a fronte di una (apparente?) disponibilità al dialogo e apertura all’ascolto degli operatori del mercato, l’Anac continua ad andare avanti per la sua strada: il nostro auspicio è che, data la natura stessa dei provvedimenti di “soft law”, che come l’Anac ha spesso ribadito sono “flessibili” e modificabili in corso d’opera, si arrivi finalmente a una soluzione che, pur preservando la legittima razionalizzazione della spesa pubblica, premi davvero gli elementi tecnici delle offerte e non riduca tutto, ancora una volta, a una questione di sconti.