Consiglio di Stato molto duro sul Codice degli Appalti, seguito a ruota dalle commissioni competenti di Camera e Senato. Mentre si alza la “febbre” dell’attesa del recepimento delle Direttive europee, previsto per il 18 aprile, il 1° aprile scorso Palazzo Spada ha reso pubblico, in ben 228 pagine, il suo parere sullo schema del nuovo Codice (parere 00855/2016). Un lavoro davvero imponente, visti i tempi piuttosto ristretti: il CdS infatti, in premessa dichiara di aver ricevuto lo schema di codice il 7 marzo 2016. In 25 giorni, dunque, ha emesso il suo parere, nemmeno un mese durante il quale è stata istituita (il 12 marzo) una Commissione speciale di diciannove magistrati, che ha ripartito i suoi lavori in cinque sottocommissioni, ciascuna coordinata da un Presidente di sezione. La Commissione speciale si è riunita in sede plenaria nell’adunanza del 21 marzo; il parere è stato quindi redatto e pubblicato il primo aprile.
Fra le tante osservazioni spiccano quelle relative alla centralizzazione della committenza e, di conseguenza, all’effettiva possibilità di partecipazione diretta delle Pmi (che nel nostro settore sono anche imprese che fatturano 20, 30, 50 milioni e oltre) alle gare pubbliche bandite secondo lo schema delle megaconvenzioni aggregate. In pratica il CdS suggerisce che l’obiettivo, innovativo e centrale, della riduzione del numero delle stazioni appaltanti, attraverso la loro qualificazione e centralizzazione obbligatorie, sia perseguito con determinazione, mediante una celere adozione degli atti attuativi, e salvaguardando meglio le piccole e medie imprese nei confronti della grande committenza (artt. 37-41). Il che significa, detto in altri termini, che quanto fatto a tutela delle Pmi del settore non è ancora sufficiente a garantire loro un’adeguata possibilità di concorrenza nei confronti dei pochi grandi soggetti. A una lettura più attente, spiccano le dure parole del CdS in diversi passaggi. A p. 45 si arriva addirittura ad utilizzare il temine “oligopolio”: “Si osserva che, se è importante ridurre le stazioni appaltanti per specializzarle, da un lato è necessario un rigoroso sistema di controlli e vigilanza sulle grandi stazioni appaltanti e grandi centrali di committenza, e dall’altro, occorre evitare che un oligopolio sul versante della domanda possa penalizzare, su quello dell’offerta, le PMI. Sotto tale profilo il principio di delega che esige misure di tutela delle PMI nei confronti della grande committenza va soddisfatto ponendo nel codice chiari confini ai poteri demandati agli atti attuativi di Consip e altre centrali di committenza.” Altre critiche arrivano sull’articolo 95 che, così come formulato, appare ancora troppo elusivo del criterio dell’Offerta economicamente più vantaggiosa tanto invocato dall’Europa.
Il preferenziale criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa non sia vanificato da fughe elusive nel criterio del prezzo più basso (art. 95). Anche qui i giudici sembrano non andarci troppo per il sottile: “L’articolo, in coerente attuazione delle direttive europee, attribuisce alla formula “offerta economicamente più vantaggiosa” un significato profondamente diverso (e più ampio, poiché comprende, ora, anche i criteri basati sul prezzo più basso, oltre a quelli incentrati sul rapporto tra qualità e prezzo) rispetto a quello affermatosi nel sistema precedente (quando tale criterio riguardava esclusivamente criteri incentrati sulla valutazione qualitativa dell’offerta). Lo schema del codice non sempre è coerente con questa fondamentale innovazione e spesso utilizza la formula attribuendole, implicitamente, il “vecchio” significato. Pertanto, è opportuno riesaminare analiticamente tutti i rinvii compiuti alla espressione in esame. Si rimette, poi, alla discrezionalità del legislatore delegato l’opportunità di inserire, tra le definizioni di cui all’art. 3 anche quelle riguardanti i criteri di aggiudicazione (comprensive delle nozioni di offerta economicamente più vantaggiosa), che potrebbero agevolare l’interpretazione delle disposizioni in materia. Meritano poi una seconda disamina anche le disposizioni sulle garanzie di partecipazione (art. 93, p 118) e per l’esecuzione (art. 103, p. 130).
Ma non è tutto: in un lasso di tempo incredibilmente breve (un paio di giorni o poco più per documenti piuttosto articolati che superano le 30 pagine) si sono espresse anche le commissioni competenti di Camera e Senato, i cui pareri riecheggiano in diversi passaggi quanto evidenziato dalle sigle firmatarie del Manifesto dei buoni appalti. Le proposte più incisive riguardano il criterio dell’offerta più vantaggiosa e il valore della progettazione.