Naspi e cambi d’appalto, ora siamo davvero al dunque: il 31 dicembre, puntuale come gli orologi la notte di San Silvestro, scadrà il fatidico biennio 2013-2015 durante il quale le imprese, in caso di cambio d’appalto, erano esentate per legge dal pagamento dell’indennità di licenziamento. E se fino a tutto il 2015, in virtù di una provvidenziale (e sensata) deroga prevista dalla legge Fornero, la stessa che istituiva l’Aspi, il rischio è stato scongiurato, dal 1° gennaio 2016 il contributo per il licenziamento, nel frattempo divenuto Naspi (cioè Nuova Aspi, più sotto ricordiamo come funziona) andrà pagato anche nei casi di cambio d’appalto, circostanza peraltro frequentissima nel nostro settore.
Un vero terremoto che rischia di mettere a repentaglio una procedura di grande buon senso, ormai consolidata e prevista dall’articolo 4 del Contratto Collettivo. Ma soprattutto un cortocircuito normativo, visto che in tali casi, di fatto, il lavoratore non risulta mai disoccupato, e che la ratio dell’articolo 4 è proprio quella di scongiurare tale eventualità. Se ne rendono perfettamente conto tutte le parti sociali coinvolte, che dopo l’appello caduto nel vuoto del 27 giugno (lo linkiamo di nuovo), il 1° dicembre scorso hanno di nuovo sottoscritto, a firma AGCI Servizi, Federlavoro e Servizi Confcooperative, LegaCoop Servizi, ANIP-Confindustria, Unionservizi Confapi, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UILTrasporti Uil, ovvero imprese e organizzazioni sindacali del Settore Imprese di Pulizie e servizi integrati/Multiservizi, un nuovo appello al Governo in cui chiedono con urgenza una modifica alle norme relative alla tassa sul licenziamento introdotta dalla Legge Fornero (Legge 92/2012). Un’iniziativa analoga è stata presa, nei giorni scorsi, anche da Fnip-Confcommercio.
Sindacati e associazioni datoriali risollecitano la richiesta, già avanzata al Governo più volte nei mesi scorsi, di modificare l’Articolo 2 (Comma 34) della Legge Fornero confermando per le aziende l’esonero dal pagamento del contributo, anche successivamente al 31 dicembre 2015, in caso di “cambio d’appalto” con piena ed effettiva applicazione della clausola sociale prevista per i lavoratori inquadrati con il Contratto di lavoro per i dipendenti di imprese esercenti servizi di pulizie e servizi integrati/Multiservizi.
Tale clausola sociale (prevista dall’articolo 4 del CCNL), quando applicata, tutela infatti il lavoratore proprio in caso di cambio di appalto, in quanto se un’azienda perde l’appalto il lavoratore viene assorbito, per contratto, dall’azienda subentrante. Chi vince la gara ha, cioè, l’obbligo di assumere i dipendenti dell’impresa uscente, senza quindi creare disoccupazione.
“E’ evidente che si tratta, in questo caso, affermano sindacati e imprese, di un contributo ingiusto e contraddittorio che indebolirebbe, più che rafforzare, l’obbligo di inserire clausole sociali a tutela dei lavoratori, finendo per tassare chi applica quelle stesse clausole. E’ una contraddizione che non può passare sotto silenzio ed un’ingiustizia per le imprese, costrette a sostenere un costo improprio, e per i lavoratori che, immediatamente rioccupati, non traggono alcun vantaggio dal contributo non percependo mai la Naspi.”
Le parti auspicano dunque che da parte del Governo si tratti solo di una “svista” e che l’esecutivo intervenga al più presto per modificare la legge esonerando definitivamente il settore dal contributo sul licenziamento. Non resta che ricordare, come abbiamo già accennato, che già a fine giugno le medesime parti avevano sottoscritto una lettera congiunta volta a sensibilizzare l’esecutivo sulla questione. Ora siamo proprio sotto: e nonostante gli sforzi congiunti non pare che, al di là di sporadici interventi di natura meramente interpretativa (si veda a tal proposito l’Interpello del Ministero del Lavoro del 17 aprile di quest’anno). L’ultima occasione sembra dunque la Legge di Stabilità, che come ogni anno verrà varata nella seconda metà del mese in corso.
Ricordiamo che l’Aspi (acronimo che sta per Assicurazione Sociale per l’Impiego) è una “tassa di licenziamento” istituita dall’art.2 della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Legge Fornero) che il datore deve pagare, dallo scorso anno, quando licenzia un dipendente. Il contributo Aspi è obbligatorio in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Con le nuove regole del Jobs Act (183/2014), l’Aspi è stata sostituita dalla Naspi con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° maggio 2015. Con la Naspi, oltre alla platea dei beneficiari (che si allarga), cambiano soprattutto le modalità di calcolo. A differenza della vecchia Aspi, calcolata sul 75% dell’ultima retribuzione fino a un massimo, nel 2014, di 1165,58 euro, la Naspi è rapportata alla retribuzione imponibile degli ultimi quattro anni utili, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per 4,33. Rispetto alla vecchia Aspi, cambiano anche durata, riduzioni e aspetto contributivo, ma la sostanza resta la stessa: si tratta di un contributo addizionale che l’azienda che licenzia un dipendente assunto a tempo indeterminato è tenuta a versare, e che può costare caro. Un contributo assurdo in caso di cambio d’appalto, perché di fatto il lavoratore non perde mai il lavoro, ma viene riassorbito per contratto (il famoso articolo 4) nel personale dell’azienda subentrante. Un principio raccolto dalla Legge Fornero, ma con un limite cronologico che adesso appare molto vicino (e preoccupante).
Del resto, che questi lavoratori non restino davvero disoccupati ne ha già preso atto, in aprile, anche il Ministero del Lavoro, che con Interpello n. 12/2015, sembra prendere una posizione conciliante nei confronti delle imprese, rilevando che il principio della disposizione di legge (92/12, art. 2, comma 31) “vale ad esonerare i datori di lavoro dal pagamento del contributo addizionale Aspi –oggi Naspi, cioè Nuova Aspi- per l’estinzione dei rapporti di lavoro cui non consegue uno stato di disoccupazione in ragione della contestuale riassunzione del personale da parte dell’impresa subentrante”. C’è da dire, tuttavia, che la risposta ad un Interpello ha valore di parere ministeriale, per quanto autorevole, ma non ha certo valore di legge, e che sulla legge di riferimento, che resta la 92/12, continua a campeggiare la dicitura “Per il periodo 2013-2015”. Non resta che aspettare che, come suggeriscono sindacati e imprese del settore, venga rimossa dal testo di legge la frase “Per il periodo 2013-2015”. Sperando che lo si faccia entro fine anno. In chiusura registriamo che, ancora oggi, tutto tace.