IoT: di cosa parliamo?
La domanda di partenza è come l’internet delle cose potrà incidere, in un prossimo futuro, sul mercato in generale e su quello del cleaning in particolare. Insomma è arrivata, anche per il nostro settore, l’ora di approfondire il concetto di internet delle cose, o più propriamente “internet degli oggetti”, traduzione dall’inglese “internet of things”. La teorizzazione del concetto, infatti, arriva dal mondo anglosassone, e in particolare dall’agenzia di ricerca e consulenza strategica americana Gartner. Ma che cos’è, precisamente, questa nuova “rete delle cose”? Cominciamo con il dire che l’Internet delle cose è vista come una possibile evoluzione dell’uso della rete. Grazie a un continuo dialogo fra di loro e con la realtà che le circonda, le cose che utilizziamo tutti i giorni “prendono vita” e diventano strumenti intelligenti, adattandosi alle circostanze. Non è del tutto fuorviante, fatte ovviamente le debite distinzioni, parlare di facoltà adattativa: il principio, in fondo, è analogo a quello che già governa i dati in rete: cerchi su google una macchina e quando apri facebook ti compaiono i banner delle case automobilistiche, hai uno smartphone e la pagina del tuo sito preferito si adatta alle dimensioni del tuo schermo, sei in piazza Verdi ed è mezzogiorno e il telefono ti indica i ristoranti più vicini. Sono le diciotto, esci dal lavoro e ti compare il tempo di percorrenza fino a casa, a seconda di traffico, scioperi dei mezzi, lavori, incidenti. E si potrebbe andare avanti all’infinito. Insomma, estendendo il concetto alla vita di tutti i giorni, gli oggetti “in rete” si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su se stessi e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri. Ad esempio, sveglie che suonano prima in caso di traffico, piante che dicono all’innaffiatoio quando è il momento di bagnarle, scarpe da ginnastica che trasmettono tempi, velocità e distanza per gareggiare in tempo reale con persone dall’altra parte del globo, vasetti e contenitori di medicinali e farmaci che avvisano i familiari se si dimentica il momento della la terapia. Tutti gli oggetti possono acquisire un ruolo attivo grazie al collegamento alla Rete. L’obiettivo dell’internet delle cose è di far sì che il mondo elettronico tracci una mappa di quello reale, dando un’identità elettronica alle cose e ai luoghi dell’ambiente fisico. Gli oggetti e i luoghi muniti di etichette Identificazione a radio frequenza (Rfid) o Codici QR comunicano informazioni in rete o a dispositivi mobili come i telefoni cellulari.
Molti esempi… dall’igiene orale a quella ambientale
Se ne è parlato a Verona, dove sono stati presentati vari esempi di utilizzo della rete delle cose: dalla botanica alla viabilità, fino alla misurazione dei flussi di persone in determinati luoghi, passando addirittura per la gestione degli animali da gregge, gli spazzolini da denti, i droni, gli apparecchi a cui viene richiesto un comportamento “autonomamente organizzato” (pensiamo ad esempio alla sanità e a contesti simili). Come si vede, non siamo poi tanto lontani dagli scenari preconizzati all’inizio… In poche parole: l’internet delle cose può cambiare notevolmente il rapporto tra produttori, rivenditori e utilizzatori finali, verso un mondo sempre più connesso e intelligente. Si tratta di una tecnologia con enormi potenzialità per l’industria: la sfida è quella di cambiare ed analizzare il comportamento degli utilizzatori. Anche in Italia ci sono già molte start-up in questo settore, e il mercato è in rapida crescita, come dimostrano i dati, che sono davvero impressionanti: ogni giorno il flusso di dati internet si aggira sul milione di exabyte (qualcosa come 10 alla 18esima), e quando le cose dialogheranno fra loro in una rete fitta, questo dato crescerà di un fattore miliardo, portandosi all’impressionante unità di misura del brontobyte (un 10 con esponente 27: impossibile anche immaginarlo). Monetizzando, si parla di un volume di 6mila miliardi di dollari che verrà raggiunto tra 5 o 10 anni al massimo. E non si tratta semplicemente di un simpatico mondo di gadget: l’Internet delle cose è qualcosa di serio, e lo prova il fatto che, dall’anno scorso, un colosso come General Electric ha iniziato a lavorare al Consorzio Industriale di Internet insieme a partner del calibro di AT & T, Cisco, IBM e Intel. Una sfida che richiede nuove competenze e abilità, nuovi modelli decisionali e operativi, ma anche nuove abilità tecniche.
Quali potranno essere, alla luce di tutto ciò, i vantaggi per il settore del cleaning?
Si deve ragionare a vari livelli: uno, il più immediato, è quello gestionale manutentivo: ad esempio con miglioramenti nel servizio per le macchine, grazie alla possibilità di scambiare in tempo reale dati per assistenza, interventi di manutenzione e così via, o anche nell’innovazione, con soluzioni sempre più all’avanguardia. Tutto questo, naturalmente, vale anche per le attrezzature. Per ciò che riguarda la gestione, le nuove tecnologie permettono un monitoraggio costante anche remoto dell’attività in cantiere, e addirittura occhiali come i Google Glass (progetto che ha subito una battuta d’arresto ma che presto, a quanto è dato supporre, , verrà riproposto in altra forma) promettevano applicazioni straordinarie, in grado di identificare la parte degli edifici in cui svolgere il servizio e di guidarvi l’operatore. Ma pensiamo anche al tema della tracciabilità: grazie alla tecnologia beacon-based (antennine disseminate nell’ambiente in grado di dialogare con apparecchi come smartphone e tablet) e simili, oggi è possibile tracciare al millimetro il lavoro di carrelli, ma anche prodotti più poveri come panni, mop e attrezzature varie. E così se ho un panno che va in zone a rischio, potrò trattarlo in maniera diversa rispetto a quelli che hanno pulito un’area comune. Stessa cosa, ribaltando il discorso, si può fare con gli ambienti da pulire. Per quanto riguarda il nostro settore, il futuro in questo senso è la building intelligence che comunica con il cleaning: in diversi hotel, ad esempio, le camere “dialogano” dicendo, ad esempio, quando un pavimento viene sporcato, quando una stanza è stata usata, quando un ambiente è stato sporcato e quindi va pulito. E non si parla solo di alberghi, ma di tutti gli ambienti complessi. Ma sono davvero innumerevoli gli scenari che l’IoT può aprire anche nel nostro settore: è chiaro che una tecnologia come questa è in grado di gestire una mole sterminata di informazioni. Ed è altrettanto chiaro che in uno scenario come questo tutti potranno trarne vantaggi, a patto, naturalmente, che si sviluppino le competenze richieste.
Parola d’ordine: Internet delle cose!
Quali sono le parole d’ordine di oggi? Nanotecnologie e miniaturizzazione, nuovi materiali, nuove batterie, biotecnologie, big data, robotica. E, naturalmente, la nuova industria 4.0 e… l’internet of things! Ad oggi, nel mondo ci sono circa 12 miliardi di dispositivi mobili intelligenti, circa 1,7 per ciascuno di noi. E nel 2020, questo numero sarà triplicato. Tutto bello, ma il mercato è pronto? Per alcuni clienti si può dire di sì. Altri sono molto restii. La tecnologia c’è, la domanda è: in quanto tempo cambierà l’industria? Alcuni dicono che già nei prossimi due anni molto è destinato a cambiare…
Sempre più numerosi, sempre più connessi
Anche il dato demografico gioca a favore dell’Internet delle cose: all’inizio dei processi di industrializzazione la popolazione mondiale, che allora si aggirava sul miliardo di individui, è sestuplicata. Con una domanda di pulizia che è esplosa, perché tutti gli ambienti pubblici e privati richiedono pulizia. Tutto questo in un contesto in cui la gestione delle risorse umane è sempre più complicata, il lavoro sempre più costoso, i finanziamenti più onerosi. Tutti problemi a cui l’internet delle cose può assicurare una soluzione: ad esempio attraverso il monitoraggio costante di certe operazioni da remoto, il miglioramento dell’efficienza del lavoro, e naturalmente quello gestionale. Grande è l’importanza di alcune innovazioni tecnologiche, come le nuove batterie al litio con tecnologia Internet of Things, una soluzione green, leggera, compatta, dalla vita lunga (fino ai 2mila cicli). Buone opportunità dall’IoT possono venire anche per il noleggio, una formula di acquisizione che sta prendendo molto piede anche in Europa, e in Italia.
L’opportunità tecnologica
Ma per capire come l’IoT rappresenti una ghiotta opportunità, basta analizzare lo stato dell’arte della rete delle cose nel mondo di tutti i giorni: proprio per questo al convegno era presente Injenia, nella “top eight” dei più performanti partner europei di Google: tv, droni, occhiali intelligenti, macchinari per applicazioni industriali, apparecchi di vario genere: tutto, ormai, funziona in modo costantemente collegato, con risparmi di vario genere, che vanno dal tempo alla gestione dei dati, estremamente semplificata grazie al dialogo fra le cose. Oltretutto i costi della tecnologia sono in calo, mentre è più accessibile il business in questo settore, con modelli più versatili e flessibili.