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Avvalimento, attenzione: inefficaci i contratti generici

L’avvalimento, come è noto, è un istituto giuridico tipico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. E’ stato introdotto dal “Codice dei contratti pubblici” (163/2006), a recepimento delle direttive UE 2004/18 e 2004/17. Tramite tale istituto, un operatore economico che partecipa ad una gara per l’affidamento di un appalto pubblico per il quale è richiesto il possesso di determinati requisiti (economico-finanziari o tecnico-organizzativi), può dichiarare di avvalersi dei requisiti di un altro soggetto. Quest’ultimo (impresa ausiliaria) deve formalmente impegnarsi sia nei confronti dell’impresa validata (ausiliata) sia nei confronti della stazione appaltante a mettere a disposizione della prima, per tutta la durata dell’appalto, tutte le risorse di cui questa risulta carente. A sua volta, è onere dell’impresa ausiliata provare in modo efficace il reale e concreto impegno dell’ausiliaria.

A questo proposito occorre prestare molta attenzione alle modalità con cui si redige il contratto di avvalimento, vale a dire il documento che attesta, appunto, la sussistenza di un concreto rapporto fra ausiliaria e ausiliata, specificandone i contenuti. A tale proposito il riferimento da seguire è l’articolo 88 del DpR 207/2010 “Regolamento appalti”, che al comma 1 è molto chiaro in proposito: “ Per  la  qualificazione  in  gara,  il   contratto   (di avvalimento) deve  riportare  in modo compiuto, esplicito ed esauriente:

a) oggetto: le risorse e i mezzi prestati in modo  determinato  e specifico;
b) durata;
c) ogni altro utile elemento ai fini dell’avvalimento.

L’impresa che non lo segue, e che redige un documento con clausole generiche, rischia l’esclusione dalla procedura. Questo è quanto emerge dalla sentenza n.662 del Consiglio di Stato, sez. IV (depositata il 9 febbraio 2015), che ha ricordato come sia “onere del concorrente dimostrare che l’impresa ausiliaria non s’impegna semplicemente a prestare il requisito soggettivo richiesto, quale mero valore astratto, ma assume l’obbligazione di mettere a disposizione dell’impresa ausiliata, in relazione all’esecuzione dell’appalto, le proprie risorse ed il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità e quindi, a seconda dei casi, mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti, in relazione all’oggetto dell’appalto”.

Nel caso considerato dalla sentenza, il contratto di avvalimento non era stato redatto con le modalità previste dall’art. 88 del DpR. n. 207 del 2010. In particolare, non venivano indicate in modo compiuto, esplicito ed esauriente le risorse ed i mezzi prestati in modo determinato e specifico (mezzi, attrezzature, materiale ed equipaggiamento tecnico, personale qualificato, tecniche operative ecc.). Al contrario, il contratto preso in esame riportava genericamente l’impegno della società ausiliaria di mettere a disposizione dell’ausiliante le risorse necessarie di cui questa è carente, senza specificare le risorse stesse e l’organizzazione messe a disposizione.

Ora, stando al pronunciamento del Consiglio di Stato, per potersi avvalere dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo di un altro soggetto è necessario che risulti chiaramente, sia dal contratto di avvalimento (art. 49 comma 2 lett. f) d.lg. n. 163 del 2006) che dalla dichiarazione unilaterale dell’impresa ausiliaria indirizzata alla stazione appaltante (art. 49 comma 2 lett. d) d.lg. n. 163 del 2006), che l’impresa ausiliaria presti le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità”. Come ricordano i giudici di Palazzo Spada, insomma, clausole generiche non possono dar vita ad un principio di prova, in quanto la tassatività normativa prevede la precisa indicazione degli elementi aziendali concreti sui quali si fonderà l’avvalimento, con una scelta esplicita alla massima trasparenza ed ostensibilità del modus del collegamento imprenditoriale.

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