(tratto da GSA” n5, maggio 2010)
I green jobs , lavori verdi frutto della svolta sostenibile dell’economia mondiale, sono già una realtà. E hanno un inestimabile valore strategico. Ne parla, prima in Italia, una guida da poco uscita per Edizioni Ambiente.
Fra le tante frasi destinate a passare alla storia che il presidente Barack Obama pronunciò il 4 novembre 2008 nel suo primo discorso ufficiale davanti a una folla sterminata, una spicca sulle altre, perché colpisce al cuore uno dei temi-cardine della contemporaneità. I più attenti la ricorderanno: “Ci sono nuove energie da imbrigliare -suonava-, e nuovi lavori da creare”. Un concetto precisato e approfondito, sempre da Obama, pochi giorni più tardi: “Costruire in America un’economia dell’energia verde che creerà 5 milioni di nuovi posti di lavoro, sottraendo la nostra nazione alla tirannia del petrolio straniero e salvando il pianeta per i nostri bambini”.
Afflato retorico a parte (Obama, non è un mistero, è sempre stato un ottimo oratore) il solco è segnato. Ormai è chiaro non solo il valore morale, ma anche quello economico e, su larga scala, strategico della “svolta verde” che via via sta interessando sempre più aspetti del nostro vivere.
Dall’economia verde…
E così se fino a qualche anno fa a parlare di “green economy” erano quasi solo gli addetti ai lavori e gli economisti un po’ fuori dalle righe, oggi il termine è entrato nel linguaggio comune, consacrando il trionfo di quello che era considerato un tempo un manipolo di visionari. Non solo: da Obama in avanti si parla anche di “green jobs”, ossia di occupazioni “verdi” o legate in qualche modo allo sviluppo in senso sostenibile dell’economia globale. L’argomento è stato di recente approfondito dai giornalisti Tessa Gelisio e Marco Risotti nella “Guida ai green jobs”, uscito pochi mesi fa per Edizioni Ambiente e sottotitolato “Come l’ambiente sta cambiando il mondo del lavoro”. La tesi di fondo è che la trasformazione verde dei modi di progettare, consumare, produrre e smaltire è considerata in Italia e nel resto del mondo una strategia fondamentale per superare la crisi economica ed ecologica che stiamo attraversando.
…nuove opportunità di lavoro
La prima, diretta conseguenza è che si aprono nuovi spazi: opportunità per il settore produttivo, per i servizi e per il mercato del lavoro. Tra i settori più appetibili: le energie rinnovabili, l’edilizia, i trasporti, l’agricoltura, il turismo, le produzioni alimentari, la comunicazione, la finanza, la gestione dei rifiuti e la sicurezza del territorio… e l’elenco potrebbe facilmente continuare. E’ il caso di vederci un po’ più chiaro: quali scenari futuri saranno disegnati dall’economia verde? Quale sarà il nuovo corso dell’economia mondiale? Quale ruolo interpreterà l’Italia in questo cambiamento? Quali sono le professioni verdi, e che futuro avrà il mercato del lavoro nel prossimo decennio? Quale il percorso migliore per inserirsi nella green economy?
Tutte domande che trovano adeguata risposta in un’opera arricchita dagli interventi di personaggi di spicco che si muovono e operano nel mondo dei lavori verdi da molto tempo prima che questo termine avesse un senso.
Green jobs: una guida per vederci più chiaro
La Guida ai green jobs è, allo stato attuale, la più completa panoramica sui lavori verdi nel nostro Paese, scritta da due professionisti del verde e pubblicata da una casa editrice fondata sull’idea che green economy e futuro coincidano.
Del resto, che qualcosa stia davvero cambiando lo testimonia la svolta verde della Cina, storicamente pressoché disinteressata alla sostenibilità per dedicarsi quasi esclusivamente al tornaconto economico. Ecco, il fatto che anche il colosso orientale stia guardando con interesse al verde, al di là di illusioni umanitarie e ambientaliste, ha un significato ben preciso: il verde farà economia, il verde è strategico, il verde assicurerà profitto. Siamo forse più vicini di quanto immaginiamo alla quadratura del cerchio fra rispetto ambientale e convenienza economica. La sostenibilità non è più vista come un ostacolo allo sviluppo, ma al contrario come uno strumento per lo sviluppo stesso.
Un fenomeno globale
Tanto che oggi la green economy si presenta come un fenomeno globale, un nuovo mercato innescato e sostenuto da un articolato sistema di rapporti sociali, economici e politici, oltre che da ragioni oggettive da tutti comprese e accettate.
Il recente rapporto “Green jobs: towards decent work in a sustainable, low-carbon world”, commissionato e finanziato da diverse organizzazioni facenti capo alle Nazioni Unite (Unep, Ilo e Ituc) e compilato dal Worldwatch institute con l’assistenza tecnica del Global Labour Institute della Cornell University, ha confermato la sensazione di un mercato nato da poco e potenzialmente di enorme interesse: solo nelle energie rinnovabili lavorano oggi, nel mondo, circa 2,3 milioni di persone, di cui 300.000 nell’energia eolica, 170.000 nel fotovoltaico, oltre 600.000 nel solare termico, le restanti nei biocombustibili. E nonostante la prevedibile riduzione (e/o scomparsa) di intere filiere (si pensi ad esempio a quelle degli idrocarburi), c’è da scommettere che i notevoli investimenti in campo ambientale effettuati in questi anni, soprattutto in Occidente, e quelli imponenti che in tutto il mondo alimenteranno ulteriormente la green economy nel prossimo futuro non porteranno solo benefici all’ambiente ma anche milioni di posti di lavoro.
Non solo profili ad hoc: i nuovi lavori verdi
Al di là dei profili specifici senza dubbio riconducibili ad attività strettamente legate all’ambiente, si assiste a una sorta di “rivisitazione” di professioni, processi e prodotti in chiave ecologico-ambientale. Si assisterà, quindi, o al diffondersi di nuove competenze, o a una virata “verde” di professioni già esistenti e consolidate. E i due aspetti, naturalmente, coesisteranno a dare luogo a un futuro più sostenibile.
Il “new deal” obamiano, impregnato di propositivo ottimismo “sostenibile”, sta già permeando la comunicazione politica d’oltreoceano e muovendo enormi capitali che influenzano gli scenari economici tracciati dagli analisti. Un’azienda specializzata nel monitoraggio delle tendenze economiche e sociali e nell’individuazione dei settori più promettenti del mercato, in un rapporto di recente pubblicazione ha segnalato la top ten delle professioni dei prossimi anni: ebbene, tutte e dieci le voci dell’elenco richiamano attività a importante ricaduta ambientale. A partire dall’agricoltura, che si trasformerà, secondo le previsioni, riparcellizzandosi in una serie di realtà medio-piccole più vicine ai luoghi di scambio con il mercato.
Medaglia d’argento per il comparto forestale: sorprendente ma non troppo, se si pensa a Paesi come Stati Uniti e Canada, ma anche Russia e paesi nordici, sempre più evoluti in materia di tecniche e tecnologie forestali. E nelle aree tropicali o subtropicali la scommessa è quella della riforestazione.
Al terzo posto vengono gli installatori di impianti solari (entro sei annoi 100.000 nuovi posti di lavoro!), seguiti dal settore dell’efficienza energetica, dal settore eolico, dalla ricerca universitaria (biologi, naturalisti e ambientalisti in primis), dai colletti verdi (manager ed esperti in ambiente). Solo all’ottavo posto, e questo stupisce un po’, vengono gli esperti di riciclo, seguiti dagli sviluppatori di sistemi sostenibili da impiegare soprattutto nel settore delle tecnologie informatiche, nella progettazione di sistemi di supporto per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica. Al decimo posto, infine, vengono ingegneri e architetti esperti di pianificazione territoriale e urbana sostenibile.
In Italia che succede?
Questo su scala globale, ma in Italia? Anche per nostro Paese, naturalmente, ci sono elementi-traino come il nuovo corso Usa e Cina, la recente direttiva Europea 20-20-20, che prevede (con valore di legge) un massiccio utilizzo delle fonti rinnovabili e richiama all’efficienza energetica, fissando come termine il 2020.
Il libro, che può considerarsi il primo tentativo di sistematizzare un campo, quello degli ecolavori, ancora piuttosto magmatico e indefinito, prova ad avanzare dati e cifre. Almeno qualcuno: in Italia, a quanto pare, il verde impiega poco meno di un milione di italiani (tra 850.000 e 950.000, considerando o meno l’indotto), che diventeranno 1.300.000-1500.000 nei prossimi dieci anni se si sapranno applicare le giuste politiche e operare le scelte corrette.
Un mercato in “controtendenza”
Cifre senza dubbio molto interessanti, che sottolineano l’importanza, anche in Italia, del comparto ambientale e dei settori ad esso più o meno connessi. Non solo: si tratta di un ambito in controtendenza economica, vale a dire che rema contro la crisi ormai globale. Una notizia confortante in un momento certo non dei più incoraggianti…
Anche nel nostro paese, del resto, si sta assistendo a dinamiche simili a quelle di altre aree del mondo: la crescita vertiginosa delle energie rinnovabili, iniziata nel 2009, continuerà con tutta probabilità anche quest’anno.
Importanti sviluppi sono previsti anche nel settore della propulsione, così come nell’edilizia (in tutti i suoi mille comparti, compresi architettura, design, ingegneria, efficientamento energetico, illuminotecnica, ecc…).
Capitolo rifiuti: con la definitiva fine dell’era delle discariche (imminente secondo alcuni), i rifiuti diverranno una preziosa risorsa: le tecnologie del riciclo, lo studio di materiali dalla vita più lunga e lo sviluppo di tecnologie per ricavare energia dagli scarti sono tra i versanti più promettenti. Senza tralasciare il lavoro che viene e verrà sempre più offerto dalla dismissione delle aree di discarica, dalle bonifiche e dal recupero dei terreni.
La comunicazione ambientale
Anche il terziario avanzato, c’è da scommetterlo, conoscerà un notevole sviluppo sul piano delle opportunità lavorative. La comunicazione ambientale, ad esempio, diventerà un “must” delle agenzie e uffici di comunicazione. Si creeranno competenze specifiche: comunicare tematiche ambientali o gestire tecnologie verdi implicano un approfondimento della materia che si può ottenere solo con un supplemento formativo e un’integrazione delle competenze acquisite.
Ostacoli da superare
Questo processo, è evidente, conoscerà degli ostacoli: da una formazione tecnico-professionale ancora eccessivamente discontinua e non coordinata a un’università non sempre in linea con le richieste dell’industria, senza dimenticare un apparato burocratico bizantino in grado di rallentare “fisiologicamente” anche i processi più virtuosi.
Grande speranza, in questo senso, viene dal mondo dell’impresa e degli imprenditori, che come il libro di Gelisio e Gisotti dimostra, sanno innovare e innovarsi puntando sul futuro.
Nel volume, Antonio Cianciullo, voci autorevoli si alternano a commentare le professioni di questa “new green economy”: fra gli altri Massimiliano Fuksas, Waleter Ganapini, Fulco Pratesi, Ermete Realacci, Nino Tronchetti Provera, Luca Zaia.
Simone Finotti