Si avvicina la stagione invernale e, come sempre, si riscoprono il calore e l’eleganza del legno. Ma attenzione: proprio nel legno si annidano alcuni dei più insidiosi nemici della nostra tranquillità: i tarli. Mobili, arredi, cornici, travi del tetto, stipiti delle porte, addirittura soffitti, pavimenti e parquet. Nessun manufatto in legno può dirsi fuori pericolo, perché loro vanno dappertutto e non temono difficoltà.
Di rado si riescono a vedere direttamente, ma la loro presenza è inequivocabilmente segnata dai classici “buchini”, più o meno fitti, più o meno grandi, ma comunque infallibili indicatori di un’attività in corso. Che, se non presa in tempo, può condurre a risultati davvero disastrosi.
E qui inizia la parte tecnica, in cui i disinfestatori devono sapersi addentrare: già il rosume, cioè la segatura “di risulta”, può essere sufficiente a una diagnosi del tipo di infestazione in atto, e a un’individuazione della specie responsabile. Se è composto da frammenti grossolani è indice di uno scavo effettuato per creare un rifugio, mentre quando è più fine e farinoso è passato attraverso l’apparato digerente dell’infestante.
Subito dopo occorre indagare se l’infestazione è ancora in corso o se è un problema risolto. Un ottimo sistema è quello di colorare la parte colpita di scuro: i buchi “freschi” appariranno più chiari. Un altro sistema è quello di fotografare le parti infestate a distanza di tempo, poi mettere a confronto le due immagini. Occorre anche sapere che ad essere più a rischio sono i mobili o gli oggetti situati in zone umide, poiché la presenza di funghi del legname favorisce l’attacco dei tarli, alcuni dei quali si sviluppano a spese di piante vive. Inoltre, mentre alcuni legni sono graditi dai tarli, altri non vengono quasi mai attaccati: fra questi, il pino marittimo.
Si dice tarlo, ma in realtà questo nome comprende moltissime specie anche parecchio diverse fra loro. Quattro sono le famiglie più comuni in Italia: anobidi, lictidi, cerambicidi e curculionidi. Conosciamole meglio.
Anobidi
Sono i più frequenti nelle abitazioni. Si tratta di alcune specie di piccoli coleotteri (2-9 mm di lunghezza) di forma cilindrica, ricoperti di fini setole che si “impolverano” con la segatura da essi stessi prodotta. Tra le specie più diffuse ci sono Anobium punctatum, Nicobium hirtum, Nicobium castaneum, Oligomerus ptilinoides, Xestobium rutovillosum.
Tra i più comuni c’è l’Anobium punctatum, lungo dai 3 ai 5 mm, di colore bruno. Le larve si sviluppano in 1-2 anni, l’adulto si vede raramente perché vive solo 20-30 giorni dopo l’uscita dal legno, che si verifica in estate (giugno-agosto) attraverso un foro rotondo di 1-1,5 mm di diametro. Ogni femmina produce 20-40 uova, che inserisce nelle fessure e negli anfratti del legno, nelle venature e negli incastri di mobili e strutture. I più attaccati sono i manufatti in legno stagionato, i vecchi mobili, le travi di sostegno, le suppellettili, le statue, i libri antichi, le opere d’arte. I legni in cui si trova più di frequente sono: abete, pino, pioppo, noce, acero, tiglio, pero e melo.
Le larve hanno mandibole robuste con cui scavano lunghe gallerie che hanno un andamento tortuoso e irregolare che segue le ventaure del legno e una sezione che aumenta man mano che le larve crescono d’età. Digeriscono il legno ingerito grazie alla presenza di protozoi e batteri nel loro intestino, ed emettono un rosume grossolano formato da particelle a forma di limone e mescolato agli escrementi della larva. Attaccano solo gli strati più esterni del legno, perciò solo raramente provocano danni strutturali. Sempre in mobili, librerie, bacheche e archivi, specie di noce o faggio, possiamo incontrare Nicobium e Oligomerus.
Lictidi
I coleotteri di questa famiglia si dividono in varie specie: le più presenti in Italia sono due, il Lyctus linearis, di origine europea, e il Lyctus brunneus, di origine tropicale. Quest’ultimo viaggia sul legname d’importazione ed è favorito, nella sua colonizzazione, dal riscaldamento domestico. Le dimensioni vanno dai 3 ai 5 mm, il colore è rosso-bruno. La forma è appiattita, con piccole antenne rivolte in avanti.
Le uova sono deposte dalle femmine all’interno dei vasi del legno. Anche qui il ciclo di sviluppo della larva si completa in 1 o 2 anni, ma in ambienti caldi e secchi possono bastare 8-10 mesi, con aumento rapidissimo della diffusione. L’adulto esce dal legno in primavera, solitamente tra aprile e maggio, e il foro misura 1,5 mm di diametro. Le femmine appena sfarfallate possono deporre le uova sullo stesso legno in cui si sono sviluppate, aumentando così il danno. Le uova, deposte in profondità, sono difficili da eliminare. Questa specie colpisce esclusivamente i legni ricchi di amidi, perché non è in grado di digerire la cellulosa. Il legno viene sminuzzato, ingerito ma non digerito, col risultato di un rosume sottile e farinoso che riempie le gallerie. I legni prediletti sono quercia e legni teneri come acero, noce, frassino, castagno, olmo, nocciolo, olivo, robinia. Esenti sono ciliegio, faggio, ontano, pioppo, salice, betulla, tiglio, melo, pero. Spesso si trova in parquet, battiscopa, intelaiature e stipiti, rivestimenti, compensati, impiallacciature. In caso di infestazione grave, il legno può apparire completamente distrutto. Attenzione: a volte le superfici verniciate appaiono intatte, mentre l’interno del legno è completamente distrutto. Per questo la lotta deve avere carattere preventivo, e iniziare appena l’infestazione inizia. Gli adulti possono essere avvistati su muti, tende o superfici verticali.
Cerambicidi
Il grande Hesperophanes cinereus villers (fino a 3 cm di lunghezza, la femmina è più lunga del maschio) è diffuso in tutta l’area mediterranea, dove è noto anche come “capricorno delle latifoglie”. Infatti colpisce legno di latifoglie quali cerro, robinia, faggio, pioppo, noce e castagno. Il primo indizio della presenza di questo insetto è rappresentato dai larghi fori di sfarfallamento (ovali e larghi da 6 a 10 mm, bordi irregolari). La femmina depone tra le 100 e le 200 uova, tipicamente allungate, nelle intercapedini del legno, sempre all’ interno delle gallerie. Il loro ciclo vitale è lungo e in condizioni favorevoli può svolgersi in 1 o 2 anni, ma può durare anche fino a 16 anni. Lo stadio larvale dura dai 2 ai 3 anni, ed è il momento dove avvengono più danni. Dallo stesso foro d sfarfallamento possono uscire più insetti adulti, il che fa sì che l’entità e lo stadio di avanzamento di un’ infestazione non siano determinabili dal numero dei fori di uscita. Prediligono le travature dei tetti, mobili, pavimenti in legno gli infissi in legno di ogni tipo.
Caratteristiche affini ha il cosiddetto Capricorno delle case (Hylotrupes bajulus), che ama le temperature “comfortevoli” (tra i 27 e i 30° C, infatti escono dal legno in estate, tra giugno e agosto). Gli adulti di Capricorno della casa sono abbastanza grandi, rispetto agli altri cerambicidi (1-2,5 cm). Il corpo è di colore scuro, tendente al nero uniforme, con lunghe antenne. Una caratteristica di questi insetti è il capo, ben distinto dal corpo. Le larve sono grandi e di colore chiaro, mentre la testa, dotata di potenti mandibole, appare sclerificata e possiede mandibole fortissime. Le larve vivono all’interno del legno per un tempo che va dai 3 ai 10 anni, e sono molto grandi (fino a 4 cm). Spesso la loro incessante attività si può di notte: le gallerie partono dall’uovo e sono tortuosissime e larghe fino a 8 mm, mentre i fori d’uscita sono di 4-5 mm; la rosura appare abbondante e molto fine, mescolata alle feci cilindriche. Le uova vengono depositate nelle fessure e spaccature del legno. Prediligono i legni asciutti, dove depositano facilmente le uova, ma difficilmente attaccano legni con più di 80 anni. Bisogna stare molto attenti a questi infestanti: infatti, per le loro dimensioni e per il fatto che spesso attaccano travi portanti, oltre al danno estetico possono provocare importanti danni strutturali, fino al crollo. Può essere difficile anche individuarli: spesso, infatti, gli adulti restano nelle gallerie. La lotta dev’essere immediata e pronta.
Di questa famiglia, in Italia è presente il penarthrum huttoni, un insetto piccolo e bruno, con un lungo rostro anteriore che alloggia le antenne. Scava gallerie lungo le fibre del legno, con piccoli fori d’uscita ovali. Attaccano in prevalenza legno umido su cui sono presenti funghi.
Mezzi di lotta
Veniamo ora a coma combatterli senza, naturalmente, danneggiare ulteriormente il legno. Possono venire impiegati insetticidi disciolti in solventi organici (da evitare le soluzioni acquose che gonfiano il legno). L’uso di insetticidi ad azione residuale sul legno attaccato dai tarli può solo bloccare lo sviluppo delle larve neonate negli strati residuali del legno, ma nulla può contro le larve in profondità. Per infestazioni limitate possono andar bene insetticidi specifici, con abbondante spennellatura sulle parti non verniciate dei mobili o manufatti. E’ consigliabile, se possibile, smontare l’oggetto per arrivare nei punti più nascosti, e richiudere le parti trattate in contenitori a tenuta per creare “camere a gas” in cui introdurre l’insetticida. Gli oggetti più piccoli possono essere immersi nel prodotto antitarlo. La segatura va raccolta e bruciata per evitare la proliferazione di larve.
Nel caso di infestazioni importanti, o per entità, o per stadio, o per pregio del manufatto attaccato, vi sono metodi più professionali.
Curativi possono rivelarsi i metodi fisici (alte e basse temperature, infrarossi, irraggiamento, microonde), ma nel tempo l’attacco si può ripetere.
Anche gli interventi in atmosfere controllate con gas soffocanti (circa 10 gg. di trattamento) possono risultare efficaci, col vantaggio che la struttura lignea non è intaccata.
L’azione chimica può essere più duratura nel tempo, anche se dipende dal tipo di sostanza usata: gli insetticidi agiscono per contatto, ingestione o inalazione, e l’azione può essere completata con sostanze preservanti (fungicidi o insetticidi ad azione combinata). Se il legno è molto rovinato, può essere utile preservarlo con resine sintetiche che tendono a formare masse compatte con il rosume degli insetti.
E ora due dritte per la “diagnosi”: associato ai tarli può comparire un piccolo acaro (Pyemotes ventricosus) di colore giallo-verde che può provocare vescicole pruriginose sulla pelle dell’uomo, o anche un piccolo imenottero della famiglia dei Betilidi, lo Scleroderma domesticus, di aspetto e dimensioni simili a una piccola formica. Tra primavera e estate esce dalle gallerie e può pungere gli uomini con il suo fastidioso aculeo, provocando arrossamenti e gonfiori che durano una decina di giorni.