(tratto da “GSA Regionale PMI” n.2/2009)
L’occasione di occuparci del DURC è stata fornita, in questo caso, dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali che, in risposta ad un’istanza presentata dalla Confcommercio secondo la procedura prevista dall’art. 9, d.lgs. 124 del 2004, ha pubblicato in data 31 luglio 2009 un interpello avente ad oggetto una problematica di stretta attualità.
In particolare, l’Interpello in esame – n. 64/2009 – cerca di chiarire alcune questioni riguardanti le cause ostative all’emissione del DURC da parte dei soggetti preposti.
Ma al fine di comprendere pienamente le questioni in discussione, è opportuno fare un passo indietro.
Com’è noto, il DURC – la cui disciplina applicativa è ora contenuta nel decreto ministeriale 24 ottobre 2007 – è l’attestazione dell’assolvimento, da parte dell’impresa, degli obblighi legislativi e contrattuali nei confronti di INPS, INAIL e Cassa Edile.
In particolare, come previsto – in primo luogo – dall’art. 2, d.l. 210 del 2002, convertito dalla l. 266 del 2002, il DURC è obbligatorio per tutti gli appalti e subappalti di lavori pubblici (verifica dei requisiti per la partecipazione alle gare, aggiudicazione alle gare aggiudicazione dell’appalto, stipula del contratto, stato d’avanzamento lavori, liquidazioni finali), come anche, per i lavori privati soggetti al rilascio della concessione edilizia o alla DIA, per le attestazioni SOA (art. 86, comma 10, d.lgs. 276 del 2003).
Tale onere è adesso esplicitato dall’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. 163 del 2006, in base al quale “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti”.
Quanto ai soggetti a cui spetta la certificazione, il DURC è rilasciato dall’INPS e dall’INAIL e, previa apposita convenzione con i predetti Enti, dagli altri Istituti previdenziali che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria, mentre, per i datori di lavoro dell’edilizia , il DURC è rilasciato, oltre che dagli Istituti testé citati e previa convenzione con essi, anche dalle Casse edili (art. 2, d.m. 24 ottobre 2007).
Quanto ai richiedenti, il DURC è richiesto, in primo luogo, dagli interessati utilizzando l’apposita modulistica unificata predisposta dagli Istituti previdenziali, dalle Casse edili e dagli Enti bilaterali competenti al rilascio (art. 3, d.m. 24 ottobre 2007); a ciò si aggiunga che l’art. 16-bis, d.l. 185 del 2008, convertito dalla l. 2 del 2009, ha introdotto l’obbligo per le stazioni appaltanti pubbliche di acquisire d’ufficio il DURC dagli istituti o dagli enti abilitati al rilascio in tutti i casi in cui è richiesto dalla legge.
Come già accennato, il DURC attesta la regolarità dei versamenti dovuti agli Istituti previdenziali e, per i datori di lavoro dell’edilizia, la regolarità dei versamenti dovuti alle Casse edili (art. 4, d.m. 24 ottobre 2007): in estrema sintesi, si può affermare che solo chi è in regola con gli obblighi contributivi può svolgere determinate attività.
Ma – come sempre succede nel mondo del diritto – occorre meglio precisare cosa significhi realmente in questo contesto “essere in regola”.
L’art. 5., comma 1, d.m. 24 ottobre 2007, prevede esplicitamente che la regolarità contributiva è attestata dagli Istituti previdenziali qualora ricorrano le seguenti condizioni:
a) correttezza degli adempimenti mensili o, comunque, periodici;
b) corrispondenza tra versamenti effettuati e versamenti accertati dagli Istituti previdenziali come dovuti;
c) inesistenza di inadempienze in atto.
Si tratta di quel che potremmo in questa sede definire, per mera esigenza didattica, “regolarità di primo livello”.
A fronte di ciò, il secondo comma del medesimo art. 5 prevede che la regolarità contributiva, che definiremmo “di secondo livello”, sussiste inoltre in caso di:
a) richiesta di rateizzazione per la quale l’Istituto competente abbia espresso parere favorevole;
b) sospensioni dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative;
c) istanza di compensazione per la quale sia stato documentato il credito[1].
Infine, l’art. 8, d.m. 24 ottobre 2007, introduce un ulteriore concetto, quello di “cause non ostative” al rilascio del DURC.
In particolare, tale disposizione prevede che il DURC sia rilasciato anche qualora vi siano crediti iscritti a ruolo per i quali sia stata disposta la sospensione della cartella amministrativa a seguito di ricorso amministrativo o giudiziario, mentre, relativamente ai crediti non ancora iscritti a ruolo:
a) in pendenza di contenzioso amministrativo, la regolarità può essere dichiarata sino alla decisione che respinge il ricorso;
b) in pendenza di contenzioso giudiziario, la regolarità è dichiarata sino al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, salvo l’ipotesi in cui l’Autorità giudiziaria abbia adottato un provvedimento esecutivo che consente l’iscrizione a ruolo delle somme oggetto del giudizio ai sensi dell’art. 24 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46[2].
Ultimata questa necessaria premessa, passiamo ad occuparci dell’interpello della Confcommercio, la quale ha avanzato 4 distinti quesiti.
1) La violazione definitivamente accertata
In breve, la Confcommercio in primo luogo chiede “se a causa della non perfetta armonizzazione tra la normativa sul DURC e l’art. 38, comma 1, lett. i) del D.Lgs. n. 163/2006, relativamente alla nozione di ‘violazioni gravi definitivamente accertate’, la violazione si debba considerare definitivamente accertata con la decisione che respinge il ricorso amministrativo oppure se, nelle more della proposizione del ricorso giudiziario o della notifica della cartella di pagamento, la violazione possa ritenersi non ancora definitivamente accertata”.
La problematica nasce, pertanto, da una lettura strumentale del testo del già citato art. 38, d.lgs. 163 del 2006, laddove si fa riferimento a “violazioni gravi definitivamente accertate” in relazione alle cause non ostative testé descritte e contenute nell’art. 7, d.m. 24 ottobre 2007.
In particolare, il richiedente sembra adombrare la possibile non definitività di un accertamento di irregolarità contributiva avverso il quale non sia stato ancora proposto ricorso giudiziale e che non abbia dato luogo a notifica di cartella di pagamento.
Il Ministero, nella sua risposta, afferma, in primo luogo, il carattere eccezionale – e quindi non estensibile in via analogica – delle cause non ostative e, conseguentemente (e correttamente), riconduce la fattispecie in esame all’ipotesi prevista dall’art. 8, comma 2, d.m. 24 ottobre 2007 (accertamento di un credito contributivo non ancora iscritto a ruolo).
Operata questa necessaria, la risposta è strettamente consequenziale: in caso di credito non iscritto a ruolo, la causa non ostativa può operare solo in pendenza di ricorso amministrativo (lett. a) o in pendenza di ricorso giudiziale (lett. b), e non – come suggerito dalla Confcommercio – “nelle more della proposizione del ricorso”.