Il Jobs Act entra nel vivo
Il Jobs Act entra subito nel vivo con il Decreto Legge 34 del 20 marzo 2014 (già ribattezzato Dl Poletti, e in attesa della conversione in legge entro il 20 maggio prossimo), che contiene molte novità che semplificano il mercato del lavoro. Il Decreto, in vigore da venerdì 21 marzo 2014, innalza da 12 a 36 mesi la durata del rapporto a tempo determinato per il quale non è necessaria la “causale” che motivi, appunto, il ricorso al contratto a termine. Inoltre si liberalizzano anche le proroghe, fissate in otto nel termine dei tre anni. Si tratta di importanti semplificazioni rispetto al sistema precedente, normato dal D.Lgs 368/2001 e successive modifiche (in particolare quelle “Fornero”), in cui il principio dell’ “acausalità” era limitato al primo rapporto di lavoro di durata non superiore ai 12 mesi. Si tratta di un provvedimento che, insieme ad altri, contribuisce a “smontare con il cacciavite” la precedente legislazione Fornero, e che va in direzione di una maggiore flessibilità del mercato del lavoro.
I punti salienti
Riportiamo dunque i passaggi salienti dell’art. 1 del Dl 34, che intervengono appunto a modifica del 368/01:
Com’era prima
Art, 1 del 368/01 come appariva in precedenza.
E’ consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro.
Art. 1-bis del 368/01 come appariva in precedenza.
Il requisito di cui al comma 1 non è richiesto nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere, in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata ai livelli decentrati, che in luogo dell’ipotesi di cui al precedente periodo il requisito di cui al comma 1 non sia richiesto nei casi in cui l’assunzione a tempo determinato o la missione nell’ambito del contratto di somministrazione a tempo determinato avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato dalle ragioni di cui all’articolo 5, comma 3, nel limite complessivo del 6 per cento del totale dei lavoratori occupati nell’ambito dell’unità produttiva.
Come sarà da oggi
Art. 1 del 34/2014
Semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di lavoro a termine
1. Al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1:
1) al comma 1: le parole da «a fronte» a «di lavoro.» sono sostituite dalle seguenti: «di durata non superiore a trentasei mesi, comprensiva di eventuali proroghe, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 10, comma 7, il numero complessivo di rapporti di lavoro costituiti da ciascun datore di lavoro ai sensi del presente articolo, non può eccedere il limite del 20 per cento dell’organico complessivo. Per le imprese che occupano fino a cinque dipendenti e’ sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.»;
2) il comma 1-bis e’ abrogato
Cosa cambia
In pratica per i contratti fino a 36 mesi, e non solo per il primo rapporto di lavoro non superiore a un anno, non è più necessaria la causale. In contropartita, viene fissato un tetto del 20% di rapporti di lavoro a termine, calcolato sulla base dell’organico complessivo del datore (e se questi occupa fino a 5 dipendenti, solo 1 può essere a tempo determinato), ma da questo limite restano escluse le attività già previste dall’art. 10, comma 7, del 368/2001 tra cui le fasi di avvio di nuove attività, i contratti a carattere sostitutivo o stagionale o quelli stipulati con lavoratori “over 55”.
Fino a 8 proroghe
Un’altra novità importante riguarda la disciplina delle proroghe: diversamente dal citato Dl 368/01, che permetteva una sola proroga, ora si può arrivare a otto, nei limiti dei 36 mesi, con il consenso del lavoratore e purché ci si riferisca alla stessa attività. Qui ci riferiamo al comma 3, lettera b, del suddetto articolo 1, che interviene ancora una volta sul “vecchio” 368/01, come modificato dalla legge Fornero (nel testo originario del 2001, infatti, non era ammessa alcuna proroga al contratto a tempo determinato):
b) all’articolo 4, comma 1, secondo periodo, le parole da: «la proroga» fino a: «si riferisca» sono sostituite dalle seguenti: «le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di otto volte, a condizione che si riferiscano».
Le proroghe da oggi (contratti stipulati dal 21 marzo 2014)
Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di otto volte, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni.