(tratto da “GSA” n.2, febbraio 2010)
Sì è appena concluso l’annus horribilis dell’economia mondiale, che non ha risparmiato alcun settore. Anche il comparto del cleaning, in cui l’Italia ha sempre giocato un ruolo di protagonista a livello internazionale con altissimi tassi di esportazione, ha risentito pesantemente della stagnazione dei mercati. Ne parlaimo con Gianfranco Cianci, Presidente e AD di Ipc.
Il 2010 si è aperto all’insegna dell’incertezza: da una parte si afferma che il peggio è passato, e si cerca di cogliere qualsiasi segnale che alluda a una ripresa. Dall’altra c’è chi sostiene che i colpi di coda di questa crisi saranno ancora dolorosi e che uno spiraglio potrà aprirsi solo verso la fine dell’anno. Le borse non danno indicazioni sicure. Politici, economisti e industriali sembrano non parlare la stessa lingua..
Abbiamo chiesto a Gianfranco Cianci, presidente e amministratore delegato di IPC, il più importante gruppo italiano e tra i primi player mondiali nel settore della produzione di macchine e attrezzature per il cleaning di fare il punto della situazione.
Dottor Cianci, dal suo osservatorio privilegiato di protagonista su tutti i mercati mondiali, essendo il suo gruppo presente in oltre 80 paesi, ci può spiegare se effettivamente la crisi è passata e si può pensare alla ripresa?
«Alcuni segnali, che ci giungono da più parti, ci lasciano supporre che possa essere in atto una inversione di tendenza. A partire dall’ultima parte dell’anno scorso lentamente il peso della crisi è andato affievolendosi e nell’ultimissimo periodo abbiamo registrato una crescita del fatturato rispetto a un anno fa. E questo un po’ su tutti i mercati e in tutti i settori. Una timida ripresa che ci aspettavamo, con un misto di speranza e di previsione. E abbiamo avuto ragione. Tuttavia i dati devono essere valutati con grande prudenza. Solo i prossimi mesi ci consentiranno di capire se questa inversione di tendenza e se le nuove dinamiche dei mercati si consolideranno. Non dobbiamo, fra l’altro, dimenticare che ci stiamo confrontando con un periodo, quello dello scorso anno, già molto pesante in termini di calo di fatturato, per cui i numeri vanno interpretati, in quanto le vendite, anche se migliorate, sono ancora sensibilmente inferiori ai valori pre-crisi».
Una schiarita, quindi, e non una effettiva ripresa? Ci sono ancora rischi?
«Ragionevolmente si può pensare che abbiamo toccato il fondo e che si sia entrati in una fase più favorevole. Tuttavia occorre molta cautela, dobbiamo aspettare, perché lo scenario rimane ancora incerto e volatile. D’altra parte, il cleaning è al servizio di comparti primari come l’industria, il commercio, l’edilizia. La nostra “sorte” è legata alle dinamiche di questi settori. Se non ripartono loro, difficilmente il cleaning potrà ripartire».
Una debolezza intrinseca al settore?
«Diciamo che noi siamo i vagoni e che i settori primari sono la locomotiva di un treno che deve ripartire. Ma anche noi possiamo dare il nostro contributo all’incremento dell’economia del paese. Il nostro è un comparto che ha i fondamentali buoni, per cui la ripresa ci consentirà di fare la nostra parte. I nostri prodotti, infatti, sono destinati a soddisfare un bisogno primario della collettività – quello della pulizia e conseguentemente della salute – destinato a crescere con il costante miglioramento degli stili di vita. In futuro il mondo avrà sempre più bisogno di pulizia. E sarà una richiesta che verrà dalla società civile. Ne abbiamo avuto la riprova con la pandemia dell’influenza, che ha sollecitato una diffusa consapevolezza dell’importanza dell’igiene, personale e ambientale. Ci sono anche altre condizioni, oggettive, che ci consentono di guardare con ottimismo al futuro. I paesi emergenti rappresentano mercati potenziali di grande interesse, in quanto avranno bisogno di infrastrutture da mantenere in efficienza. E la pulizia ha un ruolo primario in questo senso. Inoltre per essere competitivi occorre tenere sotto controllo i costi. E anche nei paesi che finora si sono sostenuti sulla manodopera l’aumento del costo del lavoro – inevitabile per consentire una crescita sociale adeguata – porterà all’esigenza di meccanizzazione delle attività, anche quelle della pulizia, per incrementare l’efficienza produttiva. Il cleaning, pertanto, ha davvero i fondamentali buoni per potere ripartire non appena il treno della ripresa si sarà rimesso in moto. Abbiamo punti di vantaggio rispetto ad altri mercati. Ma la premessa è che i settori primari diano il via».
Ci eravamo sentiti circa un anno fa, quando si stavano profilando le avvisaglie della crisi e lei aveva espresso la convinzione che con un’accorta gestione dell’emergenza si sarebbero potute cogliere anche opportunità di trasformazione positiva, dal punto di vista imprenditoriale. Ne ha avuto conferma?
«Ero stato preveggente nell’ipotizzare che la crisi non sarebbe stata solo finanziaria, ma che avrebbe coinvolto anche tutto il comparto industriale e che quindi anche il nostro settore ne avrebbe risentito. Forse non ci aspettavamo che la crisi sarebbe stata di tale intensità, ma l’averla prevista ci ha messo in condizioni di non farci trovare impreparati all’urto maggiore e ci ha consentito di creare adeguati anticorpi».
Lei aveva ipotizzato che alla fine del tunnel il panorama sarebbe cambiato radicalmente….
«Ogni crisi innesca motori di accelerazione e cambiamento, le posizioni si muovono e quando c’è movimento nascono grandi rischi ma anche grandi opportunità. Occorre prestare attenzione a evitare i primi e a cogliere le seconde».frase eliminata
Come avete affrontato la crisi?
«Innanzitutto diffondendo all’interno di tutta l’organizzazione la giusta mentalità. Occorreva adottare un atteggiamento consapevole, senza cedere alla paura e alla frustrazione, evitando soprattutto il rischio che la crisi potesse diventare un alibi per giustificare cattivi risultati. Al contrario la crisi doveva essere percepita come una grande sfida da affrontare e vincere non solo per superarne gli effetti, ma anche per cogliere le opportunità che si apriranno con la ripresa e il cambiamento in atto. Per questo è stato fondamentale assicurare un forte coinvolgimento di tutto il personale, attraverso un costante processo di comunicazione che favorisse un diffuso clima di mobilitazione e di responsabilità».
Nel concreto?
«Abbiamo lavorato su più fronti, con due fondamentali obiettivi da conseguire con una diversa strategia. Da una parte era necessario contrastare per quanto possibile gli effetti della crisi con interventi, anche di tipo tattico, mirati in particolare al miglioramento dell’efficienza e dei risultati finanziari. Di solito, in situazioni normali, l’organizzazione di ogni azienda è molto sensibile agli obiettivi dei ricavi e della redditività. Nel nuovo contesto che si è venuto a creare con la crisi, era anche fondamentale focalizzare gli sforzi sul miglioramento del cash flow, con l’implementazione di iniziative dirette a contenere il capitale circolante e concentrare le risorse sulle aree chiave di attività. Questo per quanto riguarda le azioni di contenimento. Contemporaneamente, però era anche fondamentale assicurare le condizioni per riprendere il nostro percorso di crescita con la ripresa del mercato. Quindi non abbiamo interrotto gli investimenti, non abbiamo arrestato i progetti di innovazione di prodotto, per cui abbiamo realizzato tutta una serie di novità, decisamente all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, che stiamo immettendo sul mercato. E questo ci consente di guardare con serenità alla ripresa».