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Spending review e servizi di pulizia. Come mantenere la qualità delle prestazioni

di Gianfranco Finzi*, Ugo Luigi Aparo**, Silvia Cugini***

 

 

Questo studio propone una riflessione sulle priorità delle Aziende Sanitarie e, in particolare, sul ruolo del Direttore Sanitario quale “garante” della qualità delle prestazioni ospedaliere. Cerca inoltre di fornire ai soggetti responsabili della Governance strumenti utili a valutare e affrontare le prescrizioni della spending review. La pressione esercitata dalla legge del 7 agosto 2012, n. 135 e dalla successiva legge del 24 dicembre 2012 non deve far perdere di vista l’obiettivo fondamentale e primario di una struttura sanitaria: la salute del paziente. A tal fine, possono essere proposti nuovi protocolli di esecuzione del servizio, ristrutturati in favore del contenimento dei costi, ma senza minare la sicurezza e la qualità necessarie a garantire adeguati livelli di cura.

 

Il quadro normativo della spending review e la sua attuazione

In data 6 luglio 2012 è entrato in vigore il D.L. n. 95/2012 recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”. Di particolare importanza per il settore dei servizi in ambito sanitario sono le disposizioni contenute nell’art. 15, co. 13, lett. a e b, le quali rispettivamente prevedono:

Art. 15, co. 13, lett. a): ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, gli importi e le connesse prestazioni relative a contratti in essere di appalto di servizi e di fornitura di beni e servizi, con esclusione degli acquisti dei farmaci, stipulati da aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale, sono ridotti del 5 per cento a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto per tutta la durata dei contratti medesimi; tale riduzione per la fornitura di dispositivi medici opera fino al 31 dicembre 2012

Art. 15, co. 13, lett. b) (modifica all’art. 17, comma 1, lettera a), del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111): (omissis) Qualora sulla base dell’attività di rilevazione di cui al presente comma, nonché sulla base delle analisi effettuate dalle Centrali regionali per gli acquisti anche grazie a strumenti di rilevazione dei prezzi unitari corrisposti dalle Aziende Sanitarie per gli acquisti di beni e servizi, emergano differenze significative dei prezzi unitari, le Aziende Sanitarie sono tenute a proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti che abbia l’effetto di ricondurre i prezzi unitari di fornitura ai prezzi di riferimento come sopra individuati, e senza che ciò comporti modifica della durata del contratto. In caso di mancato accordo, entro il termine di 30 giorni dalla trasmissione della proposta, in ordine ai prezzi come sopra proposti, le Aziende sanitarie hanno il diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a carico delle stesse, e ciò in deroga all’articolo 1671 del codice civile. Ai fini della presente lettera per differenze significative dei prezzi si intendono differenze superiori al 20 per cento rispetto al prezzo di riferimento sulla base dei risultati della prima applicazione della presente disposizione.

Il D.L. 95/2012 è stato successivamente convertito in legge, con modifiche, con la L. 7 agosto 2012, n. 135. La legge 24 dicembre 2012, n. 228 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (c.d. Legge di stabilità 2013) da ultimo ha innalzato, a far data dal 1° gennaio 2013, l’entità della riduzione prevista dall’art. 15, co. 13, lett. a), del D.L. citato al 10 per cento.

A seguito dell’introduzione della previsione normativa di cui all’art. 15, co. 13, lett. a), del D.L. n. 95/2012, le aziende sanitarie hanno pertanto dovuto procedere innanzitutto a una rideterminazione degli importi dei contratti di appalto (di servizi e forniture): ciò ha imposto l’avvio di trattative (spesso complesse e prolungate nel tempo) con le imprese operanti anche nel settore delle pulizie in ambito ospedaliero volte alla rinegoziazione dei contratti in essere.

Dovendo intervenire non solo sugli importi contrattuali, ma anche sulle connesse prestazioni (nonostante vi siano stati tentativi da parte di alcune aziende sanitarie di applicare uno sconto “puro”), i contratti di appalto per servizi di pulizie hanno visto modificato in maniera consistente il proprio oggetto, dal momento che si è dovuto procedere nella maggior parte dei casi ad una riduzione delle frequenze di intervento sulle diverse aree di rischio. Ciò al fine di trovare il punto di equilibrio tra riduzione dell’importo contrattuale e contestuale riduzione delle connesse prestazioni.

Tutto questo, peraltro, a discapito del livello di qualità del servizio prestato, con possibile aumento dei fattori di rischi per la degenza.

Inoltre, l’aumento dell’entità del taglio agli importi contrattuali (e alle connesse prestazioni) disposto dalla Legge di Stabilità per l’anno 2013 (che, come già sopra precisato, ha portato l’obbligo di riduzione dal 5% al 10%) ha concorso e concorrerà ulteriormente a minare la sicurezza e la salute del paziente, oltre che, in estrema ipotesi, a rendere sostanzialmente ineseguibile il servizio, ovvero portarlo a standard qualitativi eccessivamente bassi e pertanto inaccettabili in ambito ospedaliero.

Conseguenze pressoché analoghe sono derivate dall’applicazione delle disposizioni previste dall’art. 15, co. 13, lett. b) del D.L. 95/2012. Quest’ultimo ha modificato l’art. 17, comma 1, lett. a), del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 (convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), attribuendo all’Osservatorio sui Contratti Pubblici il compito di predisporre per alcune tipologie di servizi in ambito sanitario (tra cui anche il servizio di pulizia) delle tabelle contenenti dei prezzi di riferimento, in base ai quali dovranno essere allineati tutti i prezzi effettivamente applicati nei contratti di appalto di servizi.

In particolare, la rinegoziazione dei prezzi è dovuta (e non è pertanto obbligatoria come invece la riduzione degli importi e delle connesse prestazioni prevista dalla lett a) soltanto qualora la differenza tra prezzo di riferimento e prezzo contrattuale sia “significativa”, circostanza che si verifica, secondo quanto indicato dalla norma in esame, qualora lo scostamento tra i due prezzi sia superiore al 20%.

Tale disposizione reca peraltro con sé un eventuale effetto “sanzionatorio” di non poco momento in capo all’impresa appaltatrice, in quanto è previsto che, in caso di mancato accordo nel termine di 30 giorni dalla presentazione della proposta negoziale, l’ente ha facoltà di recedere dal contratto di appalto.

Nel prosieguo del presente articolo si avrà modo di soffermarsi più approfonditamente sui limiti e sulle carenze delle tabelle formulate dall’Osservatorio.

Il Direttore Sanitario e la Clinical Governance

La trasformazione del Sistema Sanitario Nazionale in una rete di Aziende Ospedaliere e Aziende Sanitarie Locali ha portato a cambiamenti strutturali, organizzativi, culturali e professionali. L’Azienda Ospedaliera deve non solo garantire la salute del cittadino, ma ottenere risultati d’esercizio positivi, operando in funzione del raggiungimento di un attivo di bilancio.

In queste nuove Aziende centrale è il ruolo del Direttore Sanitario.

Tale figura è innanzitutto delineata e disciplinata da alcune norme presenti all’interno dell’ordinamento italiano. In particolare, l’art. 2 del D.P.R. 128/1969 (norma reintrodotta nell’ordinamento italiano in forza del Decreto Legislativo 1 dicembre 2009, n. 179 “Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246”) prevede che la direzione sanitaria debba curare “l’organizzazione tecnico-sanitaria ed il buon andamento igienico-sanitario dei servizi ospedalieri”. Il successivo art. 5 del D.P.R. citato dispone inoltre che “il direttore sanitario dirige l’ospedale cui è preposto, ai fini igienico-sanitari, e ne risponde al presidente o al sovraintendente sanitario, ove esista”.

In base poi all’art. 3, comma 7, del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (recante “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”), “il direttore sanitario dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi ed igienico-sanitari e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza”. Nominato dal direttore generale ai sensi dell’art. 3, co. 1-quinquies, del D.Lgs. cit., il direttore sanitario ha il compito, inoltre, di coadiuvare il direttore generale, nell’esercizio delle proprie funzioni (art. 3, comma 1-quater, D.Lgs. cit.). Il comma quinquies del Decreto in esame prosegue stabilendo che il direttore sanitario (unitamente al direttore amministrativo) partecipa con il direttore generale (che ne mantiene la responsabilità) alla direzione dell’azienda, assumendo diretta responsabilità delle funzioni attribuite alla sua competenza e concorrendo, con la formulazione di proposte e pareri, alla formazione delle decisioni della direzione generale.

Il Direttore Sanitario, pertanto:

è chiamato a dirigere i servizi sanitari ai fini organizzativi e igienico sanitari, partecipando al processo di pianificazione strategica aziendale e concorrendo alla definizione delle priorità rispetto ai bisogni di salute della comunità;

è responsabile del Governo Clinico complessivo dell’azienda, promuovendo e coordinando le azioni finalizzate al miglioramento dell’efficacia, dell’efficienza e dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie.

Per quanto riguarda l’aspetto della qualità, il Direttore Sanitario concorre alla definizione dei modelli organizzativi per la promozione della qualità e provvede, per quanto di competenza, all’attuazione della verifica della qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie; spetta, invece, al Direttore Medico di Presidio ospedaliero provvedere affinché i modelli organizzativi siano orientati al raggiungimento di buoni livelli di qualità gestionale, tecnico-professionale e di qualità percepita.

Secondo quanto definito dal Ministero della Salute, per Governo Clinico deve invece intendersi “un approccio integrato per l’ammodernamento del SSN, che pone al centro della programmazione e gestione dei servizi sanitari i bisogni dei cittadini e valorizza il ruolo e la responsabilità dei medici e degli altri operatori sanitari per la promozione della qualità2. Qualità è dunque la parola d’ordine per permea il concetto di Governo Clinico, il quale deve rappresentare “un esercizio di miglioramento continuo dei servizi erogati, di salvaguardia di alti standard assistenziali da parte dei professionisti e dell’organizzazione, di adozione di sistemi che garantiscano qualità e tendano all’eccellenza” (NHS 1998).

Come riuscire a far convivere gli obiettivi di governo economico, i risparmi imposti dalla spending review e le priorità di eccellenza e miglioramento continuo proprie del governo clinico? È possibile conciliare risparmio e qualità?

Il ruolo del servizio di pulizia

La pulizia, l’igiene e la sicurezza rappresentano in ambito ospedaliero dei fattori cruciali. La qualità del servizio di pulizia incide direttamente non solo sulla qualità “alberghiera” delle prestazioni ospedaliere, ma soprattutto sulla sicurezza e sul livello complessivo delle cure erogate.

Il livello di professionalità degli operatori, la loro conoscenza dei rischi, la standardizzazione dei processi, l’impiego di dispositivi moderni e di materiali sicuri, insieme alla possibilità di monitorare i risultati sono fattori che determinano la maggiore o minore qualità del servizio di pulizia. In questo senso la qualità fa davvero la differenza. Un servizio di pulizia di alto standard consente a medici e infermieri di lavorare bene, evita il diffondersi di infezioni nelle aree a rischio3, crea per il paziente condizioni ottimali per la guarigione. Ma non si tratta solo di questo. La pulizia dell’ambiente ospedaliero, anche nelle zone non a rischio, concorre a formare l’opinione che i pazienti hanno dell’ospedale. Un servizio di pulizia di qualità contribuisce a creare e mantenere, agli occhi dell’utente, un’immagine positiva, affidabile e sicura dell’Azienda. Quando si tratta di servizi di pulizia ospedalieri, competere unicamente sul prezzo significa inesorabilemente perdere in qualità4. Le conseguenze sono ben presto evidenti: scarsa igiene e pulizia, aumento delle infezioni, condizioni di lavoro inadeguate, non soddisfazione degli attori coinvolti. Se si considera che la voce di costo predominante nei contratti di pulizia è rappresentata dal personale (circa il 90%), si deve tenere presente che le riduzioni di prezzo incidono in maniera sostanziale sul fattore delle risorse umane. L’unico modo per diminuire il costo del servizio è infatti ridurre la frequenza degli inteventi, quindi ridurre i turni per gli addetti e di conseguenza il personale in servizio.

Nel servizio di pulizia, rinunciare a standard qualitativi adeguati ad esclusivo favore dell’economicità delle prestazioni, rappresenta un rischio, sotto molteplici aspetti:

rischio igienico per i pazienti, ma anche per il personale sanitario e il pubblico;

rischio di compromettere la salute del paziente;

rischio di creare un ambiente di lavoro insoddisfacente, sia per gli operatori del servizio, sia per infermieri e personale sanitario5;

rischio di stress negli operatori, sottoposti a pressioni e critiche per il lavoro ritenuto non adeguato alle esigenze reali con riflessi negativi anche in termini di maggiore conflittualità;

rischio di creare situazioni di non eticità in riferimento alle condizioni di lavoro;

rischio che l’ospedale sia giudicato non pulito – perdita di immagine e di “clientela”6.

È evidente che tutti questi fattori non hanno influenza unicamente sulla qualità del servizio stesso, ma su quella complessiva percepita dall’utente paziente. Al di là della solo sicurezza igienica, i “danni” della non qualità si estendono anche a livello di clima organizzativo, sociale, di immagine e quindi, se non nel breve, certamente nel medio-lungo periodo anche economico.

A tal proposito, è interessante osservare come anche la giurisprudenza amministrativa abbia sottolineato l’importanza dei servizi di pulizia in ambito ospedaliero, per i quali devono sempre essere garantiti elevati standard qualitativi di esecuzione.

Una recentissima sentenza del T.A.R. Lecce ha infatti precisato che i servizi di pulizia, di manutenzione del verde e le operazioni di disinfestazione e derattizzazione di ambienti destinati a ospitare prestazioni rese dalla ASL “si iscrivono senz’altro nel catalogo dei servizi indispensabili o strettamente correlati al raggiungimento delle finalità istituzionali dell’ente. Sembra, invero, rispondente a logica ritenere che un’amministrazione deputata all’erogazione di servizi di matrice sanitaria come la ASL debba assicurare con caratteristiche di indispensabilità la conformità a standard igienico sanitari adeguati degli ambienti ove si svolge la sua attività. La pulizia degli ambienti o, meglio, la conformità degli stessi a requisiti igienico sanitari non può ritenersi estranea alle finalità istituzionali dell’ASL” (T.A.R. Puglia – Lecce, sez. II, 10.04.2013, n. 817).

Spending review:
i risultati ottenuti

In seguito all’entrata in vigore del D.L. n. 95/2012 (e alla sua successiva conversione in legge e modifica attuata mediante la Legge di Stabilità 2013), le Aziende Ospedaliere hanno avviato negoziazioni con i vari fornitori per arrivare alla riduzione del 5% degli importi dei contratti di servizi e forniture. Secondo uno studio del FIASO7, la maggioranza delle Aziende (98%) ha avviato una negoziazione in bonis con i fornitori: la riduzione dei costi contrattuali è avvenuta cioè rimodulando sia gli importi contrattuali nei limiti imposti dalla legge, sia i volumi delle prestazioni. Soltanto il 13% delle Aziende sanitarie coinvolte ha cercato di imporre unilateralmente il taglio dei prezzi: di queste, il 3,8% ha concluso positivamente la trattativa con i fornitori, mentre il restante 9,2% è stato costretto a confluire sulle pratiche negoziali in bonis.

La scelta da parte delle Aziende di raggiungere un accordo negoziale con i fornitori è sintomatica di almeno due fattori: primo, la perplessità da parte dei Direttori Sanitari di applicare unilateralmente una modifica a contratti già in essere (a discapito della qualità del servizio), dall’altro, la volontà di onorare e mantenere rapporti di partnership con fornitori che si basano sulla collaborazione e sulla fiducia. Far “saltare” un contratto a causa di un mancato sconto viene considerata probabilmente un’operazione non appropriata, che minerebbe la relazione pluriennale con fornitori di fiducia, dimostratasi nel tempo valida sia economicamente, sia dal punto di vista dei risultati.

Negoziare i prezzi e le prestazioni ha significato per le Aziende impegnare ore e personale in questo compito: si stima che ogni Azienda abbia sostenuto a tal fine un costo pari a euro 10.540,00 ciascuna, dedicando in media 70 giornate uomo a un costo medio di 151 euro a giornata. Un simile sforzo appare non adeguatamente proporzionato al livello dei risultati raggiunti in termini di riduzione di costo, trasformando così l’impegno a ridurre i costi in un peggioramento della produttività aziendale.

Inoltre, sono le Regioni interessate dai piani di rientro ad aver conseguito i migliori risultati in termini di risparmio sulla spesa (con una quota del 2,6% per l’anno 2012 e una stima del 4,6% per il 2013). Mentre le cosiddette Regioni “virtuose” sono riuscite a conseguire un risparmio dell’1,8% per il 2012 e del solo 1,9% per il 2013. Significa che non è possibile ridurre le inefficienze oltre un certo limite senza compromettere la quantità e qualità dei servizi e dell’assistenza. Le Aziende più efficienti risultano quindi le più penalizzate, poiché avendo già posto in essere contratti favorevoli, non sono nella condizione di ottenere ulteriori riduzioni di prezzo.

La combinazione dei valori di sconto ottenuti attraverso la riduzione dei costi per la fornitura di beni e servizi e di quelli attribuibili alla rinegoziazione dei prezzi di riferimento, fa registrare una media del 2,2% di sconto complessivo per l’anno 2012. A fronte di questo risparmio minimo, il rischio di perdere in sicurezza e qualità delle cure è invece elevato.

Criticità del sistema dei prezzi di riferimento

Dall’indagine FIASO risulta che il 64% delle Aziende Ospedaliere qualifica i prezzi di riferimento come “poco confrontabili”. In particolare, questa difficoltà di paragone tra i prezzi e i contratti interessa proprio i servizi non sanitari, quali servizi di lavanderia, con una percentuale dell’85%, e servizi di pulizia (76%).

A tal proposito, si tenga in considerazione che anche l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, nella sua “Guida alla lettura dei prezzi di riferimento in ambito sanitario” ha voluto precisare che “i prezzi rilasciati vanno comunque interpretati con cautela tenuto conto dell’eterogeneità che spesso caratterizza i beni ed i servizi acquisiti (in particolare per i dispositivi medici e i servizi) e, talvolta, del modesto numero di osservazioni raccolte”, con ciò ammettendo apertamente una possibile carenza istruttoria nell’elaborazione dei prezzi di riferimento. Inoltre, l’AVCP informa che i prezzi sono stati rilevati a partire dal 31 dicembre 2009 e potrebbero riferirsi a gare espletate anche in anni precedenti8.

Per quanto riguarda il servizio di pulizia, l’Osservatorio ha elaborato i prezzi di riferimento relativamente a 5 aree di rischio (altissimo, alto, medio, basso, area esterna). Questa suddivisione non corrisponde però alla realtà dei fatti, poiché nella pratica i contratti di fornitura del servizio possono prevedere fino a 10 aree di servizio, o anche in numero maggiore. Secondo il documento “L’Igiene ambientale in sanità – Linee guida per i sistemi di esecuzione e controllo dei servizi di igiene ambientale per AO e ASL9, le aree oggetto del servizio di pulizia all’interno di un presidio ospedaliero possono essere classificate in 7 macroaree:

aree sanitarie

aree sanitarie ad alto rischio e B.CM.

aree operatorie

percorsi ad elevata intensità di traffico

aree extrasanitarie

aree di servizio

aree esterne

Oltre a non tenere in considerazione l’eterogeneità intrinseca di ciascun singolo contratto di appalto per servizi di pulizie (questi infatti difficilmente risultano essere omogenei tra loro – stante anche le profonde diversità dei capitolati di appalto da cui traggono origine – e prevedono spesso servizi aggiuntivi non quantificati nei prezzi di riferimento se non mediante il prezzo mediano), l’Osservatorio sui Contratti Pubblici, nell’elaborare le tabelle dei prezzi di riferimento, non ha considerato l’eterogeneità delle Aziende coinvolte, che hanno necessità diverse sia da struttura a struttura, sia all’interno del singolo ospedale, da reparto a reparto. Non bisogna dimenticare che la frequenza del servizio dipende da diversi fattori e che una riduzione generalizzata delle frequenze può portare a gravi conseguenze sulla salute e sul benessere dei pazienti. I prezzi di riferimento, così individuati, possono pertanto difficilmente essere ritenuti una valida base di partenza per ridefinire (laddove necessario ai sensi della lett. b dell’articolo 15, co. 13, del D.L. 95/2012) i prezzi contrattuali applicati nei singoli appalti.

L’illegittimità dei prezzi di riferimento per i dispositivi medici

L’inadeguatezza dei prezzi di riferimento elaborati dall’Osservatorio è stata peraltro riscontrata anche dal T.A.R. Lazio (sezione III) che in una recentissima pronuncia (sentenza n. 4401 del 2 maggio 2013) ha annullato l’elenco dei prezzi di riferimento limitatamente a quello relativo ai dispositivi medici, ritenendo in modo particolare illegittima la metodologia utilizzata per la definizione dei valori stessi. Il T.A.R., in particolare, ha evidenziato le seguenti censure:

il numero di rilevazioni effettuate per stabilire il benchmark è troppo esiguo e il prezzo può quindi considerarsi inadeguato, dal momento che il campione non è rappresentativo dell’intera categoria di prodotti;

i prezzi di riferimento sono stati determinati in relazione a categorie generali o astratte di dispositivi medici e in modo sostanzialmente avulso dalle caratteristiche dei contratti. Le classi di prodotto sono eccessivamente ampie e non sono considerate le caratteristiche delle singole forniture di acquisti, anche per quanto riguarda la durata dei contratti o le prestazioni accessorie dei servizi.

In particolare, la sentenza richiamata sottolinea che “un prezzo di riferimento che si impone alla parte privata presuppone innanzitutto che esso sia riferibile a dispositivi effettivamente confrontabili per caratteristiche qualitative e funzionali con quelli oggetto dei singoli contratti10.

Come già evidenziato, tuttavia, questa sentenza si riferisce unicamente ai dispositivi medici e le rilevazioni del FIASO hanno dimostrato che le Aziende Ospedaliere ritengono che le difficoltà di confronto maggiori si manifestano proprio con riferimento ai servizi di pulizia, mentre i dispositivi medici sono giudicati non confrontabili in proporzione minore (51%). In quest’ottica, dunque, ci si chiede se anche i prezzi di riferimento relativi ai servizi di pulizia possano essere contestabili.

Purtroppo, una prima risposta (di segno negativo) è pervenuta dallo stesso T.A.R. Lazio, il quale, investito della questione per mezzo di un ricorso presentato da alcune associazioni di imprese operanti nei settori delle pulizie e della ristorazione, le quali chiedevano l’annullamento dell’elenco dei prezzi di riferimento per i servizi di ristorazione, pulizia e lavanolo, ha giudicato legittimo l’operato dell’Osservatorio e dell’Autorità di Vigilanza (Ordinanza T.A.R. Lazio, sez. III, 10.01.2013, n. 68).

In particolare, il tribunale amministrativo ha considerato sufficientemente prolungata la fase istruttoria che ha condotto all’elaborazione dei prezzi di riferimento, i quali hanno tenuto conto anche di servizi aggiuntivi e dell’eterogeneità degli stessi. Il T.A.R. ha considerato infine idoneo il campione di strutture sanitarie preso in esame, anche in relazione alle specifiche funzionalità di rilevazione demandate dal D.L. n. 95/2012 nei settori oggetto di ricorso.

Servizi di pulizia: nuovi protocolli di intervento a difesa della qualità

Sono diverse le linee guida e i documenti che ribadiscono l’importanza di eseguire i servizi di pulizia guardando non tanto al minor prezzo, ma alla miglior qualità al miglior prezzo, valutando attentamente tutti gli aspetti riguardanti la qualità delle prestazioni che compongono il servizio11. Ragionare in questi termini significa ottenere standard qualitativi elevati. Guardando alle conseguenze della spending review, che portano necessariamente a una riduzione del livello e delle frequenze di pulizia degli ambienti sanitari, può un’Azienda Sanitaria limitarsi a erogare servizi appena in grado di soddisfare i requisiti igienici minimi imposti? Sia a livello internazionale che nazionale è ormai opinione diffusa che questa non possa essere una soluzione percorribile. È fondamentale che i servizi di igiene ambientale in presidi sanitari siano piuttosto erogati con livelli di servizio ben superiori ai minimi accettabili e con standard di qualità elevati9.

Per questo, i capitolati prestazionali che descrivono le metodologie di intervento suddivisi per aree:

devono essere sempre più spesso integrati da ulteriori protocolli d’intervento a fronte di specifiche patologie infettive;

devono essere adeguati in maniera dinamica a fronte dell’evoluzione delle forme dell’organizzazione delle attività sanitarie (es. organizzazione per “intensità” di cura”);

devono essere sempre più dettagliati in funzione delle diverse situazioni per permettere di tarare al meglio efficacia ed efficienza delle prestazioni previste, anche al fine di non smarrire l’attenzione sull’equilibrio tra i prezzi e le prestazioni.

Al fine di raggiungere l’obiettivo del mantenimento dei necessari standard qualitativi in un momento di contrazione delle risorse disponibili, si ritiene necessario elaborare capitolati prestazione che prevedano:

una maggiore articolazione delle aree di intervento in funzione dell’evoluzione delle diverse organizzazioni presenti nelle strutture sanitarie;

un aggiornamento delle “prestazioni minime richieste” in ciascuna area, fornendo una indicazione di “frequenze minime di intervento”. Questo permette di avere una maggiore confrontabilità e trasparenza nella valutazione dei costi del servizio e può consentire di realizzare analisi di benchmark maggiormente attendibili in quanto basate su dati omogenei (ad esempio scorporando dai confronti le frequenze aggiuntive di intervento definite a fronte di specifiche condizioni, quali il sovraccarico di utenza nei pronti soccorso dei principali ospedali), diversamente da quanto avviene oggi con i prezzi di riferimento;

un maggiore dettaglio delle prestazioni che non si ritengono, in base a un’osservazione attenta del settore, riconducibili al Minimo Comune Denominatore delle prestazioni minime richieste. Anche tale rappresentazione del servizio e delle forme di gestione contrattuale permette, inoltre, di avere una maggiore confrontabilità e trasparenza nella valutazione dei costi del servizio e può permettere di realizzare analisi di benchmark maggiormente attendibili in quanto basate su dati omogenei.

Nuove tabelle
di frequenza per aree d’intervento

Come ricordato in precedenza, onde ottenere una riduzione del 5% (e successivamente del 10%) degli importi contrattuali così come imposto dalla spending review, le Aziende Ospedaliere hanno rinegoziato i contratti con le imprese erogatrici dei servizi di pulizia. La riduzione, come espressamente disposto dal dettato normativo, non ha riguardato unicamente gli importi contrattuali, bensì anche le prestazioni, il che, in termini di servizi di pulizia, ha significato principalmente ridurre la frequenza degli interventi. Vi sono però dei livelli minimi, sotto i quali la sicurezza igienica dei locali non può essere garantita soprattutto in considerazione delle valutazioni di risk management dalle quali non si può e non si deve prescindere in un contesto ospedaliero. In considerazione degli obiettivi della spending review e della classificazione in cinque aree di rischio, come previsto dalla tabella dei prezzi di riferimento predisposta dall’Osservatorio, è possibile sviluppare una suddivisione delle aree sanitarie ed extra sanitarie (relative sottoaree), al fine di consentire all’Amministrazione un’adeguata personalizzazione dei servizi e dei livelli qualitativi. L’Amministrazione può comunque identificare all’interno di ciascuna area delle ulteriori sotto aree aventi caratteristiche specifiche, anche in virtù di particolari esigenze organizzative o strutturali.

Modalità
di esecuzione
del servizio

Le metodologie di lavoro necessarie per soddisfare idonei standard qualitativi devono garantire:

la sanificazione dei locali, degli arredi e delle attrezzature in essi contenute, in rapporto alla loro specifica destinazione d’uso, al fine di garantire l’igiene ambientale degli stessi;

il mantenimento delle caratteristiche fisiche ed estetiche di tutte le superfici soggette al servizio di pulizia.

Le prestazioni minime considerate prevedono l’esecuzione della sanificazione ordinaria con un unico passaggio di detergente ovvero detergente disinfettante, secondo quanto richiesto dalla Direzione Medica Ospedaliera, con l’eccezione delle sale operatorie, locali di terapie invasive, aree ad Alto Rischio Infettivo ed a B.C.M., in cui ove prevista la disinfezione, la stessa va eseguita con la seguente sequenza metodologica:

Detergenza: intesa come metodica di pulizia che si avvale dell’uso di prodotti detergenti per la rimozione e l’asportazione dello sporco dalle superfici e la conseguente riduzione della carica microbica;

Disinfezione: intesa come metodica separata e successiva alla detergenza che si avvale dell’uso di disinfettanti per ridurre ulteriormente, sulle superfici deterse, la carica microbica e mantenere, per un certo periodo di tempo, il livello di sicurezza delle superfici.

Le operazioni di sanificazione periodica sono da eseguirsi secondo frequenze differenziate rispetto alle diverse Aree, al grado di formazione di sporco, al tipo di attività e all’intensità di traffico.

Conclusioni

Approvata dal Comitato Regionale Europeo dell’OMS nel settembre 2012, dopo due anni di consultazioni con gli Stati Membri, la Salute 2020 è la nuova politica europea di riferimento in ambito sanitario mirante a “migliorare in misura significativa la salute e il benessere delle popolazioni, ridurre le disuguaglianze nella salute, potenziare la sanità pubblica e garantire sistemi sanitari centrati sulla persona, che siano universali, equi, sostenibili e di elevata qualità”.

Le Aziende Sanitarie, i Direttori Sanitari e le Amministrazioni hanno come missione e obiettivo la salute dei pazienti e il miglioramento continuo della qualità dell’Azienda. Al contempo si trovano a dover gestire al meglio situazioni di scarsità di risorse. Riuscire a garantire uno standard qualitativo elevato – ovvero al di sopra dei minimi richiesti – può voler dire rivedere piani e programmazione. Con il presente articolo si sono voluti proporre spunti di riflessione in relazione alle priorità di un’Azienda sanitaria e ai mezzi utilizzati per risparmiare sui costi, fornendo anche dei suggerimenti di nuovi protocolli e capitolati prestazionali per i servizi di pulizia adeguato alla realtà delle Aziende Sanitarie in regime di spending review.

I servizi di pulizia e sanificazione devono essere erogati secondo standard adeguati al perseguimento degli impegni presi dalle aziende ospedaliere verso i pazienti/utenti, secondo quanto dichiarato nelle carte dei servizi. Livelli troppo bassi di igiene e pulizia rappresentano, invece che un risparmio, un costo dovuto alla non-qualità. La scelta di un servizio di pulizia di elevata qualità è, in un’ottica globale e di lungo periodo, una scelta che porta a efficienza e efficacia. La qualità deve pertanto essere considerata come un investimento per il futuro.

 

 

AAR – Comparti operatori e assimilabili Freq. minime Ulteriori freq. richieste
AAR1- Sale operatorie Sale operatorie e zone pulite del comparto operatorio 10/7
Sale parto 7/7
AAR2- Comparti operatori Altre zone del comparto operatorio 10/7
AAR3- Ambulatori attività invasiva e sale dialisi Ambulatori attività invasiva e sale dialisi 12/7
AR- Zone a alto rischio / alta intensità di cura Freq. minime Ulteriori freq. richieste
AR1- Degenze AR Reparti A.R. e B.C.M., T.I., Rianimazione, … 14/7
AR2- Zone a protocollo Zone a protocollo speciale 6/7

 

 

MR- Zone a medio rischio / media intensità di cura Freq. minime Ulteriori freq. richieste
MR1- Degenze MR Reparti degenza a medio rischio 14/7
MR2- Aree sanitarie Servizi sanitari ( ambulatori, laboratori, radiologie ed assimilabili 6/7

Nuova classificazione aree con frequenza.

 

 

BR- Zone a basso rischio Freq. minime Ulteriori freq. richieste
BR1- Percorsi collegamento Percorsi di collegamento principali delle aree comuni 14/7
BR2- Uffici e assimilabili Uffici, aree amministrative, sale riunioni, aule, ……. ‘3/7
BR3- aree servizio a frequenza ridotta Archivi a frequente utilizzo,depositi, scale sicurezza esterne, …. ‘1/7
BR4- Aree tecniche Centrali, depositi, archivi senza operatori,… ‘1/30

 

 

AE- Aree esterne Freq. minime Ulteriori freq. richieste
AE1- Zone esterne pavimentate e percorsi pedonali Accessi edifici, ……. ‘3/7
AE2- Strade interne e parcheggi Strade interne e parcheggi, marciapiedi perimetrali,…. ‘1/7
AE3- Aree a verde Aree a verde ‘1/7

Nuova classificazione aree con frequenza.

 

* Presidente Nazionale A.N.M.D.O.
** Segretario Scientifico Nazionale A.N.M.D.O.
*** Collaboratrice A.N.M.D.O.

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