Homefacility managementCentrali di committenza: contesto normativo e modelli organizzativi

Centrali di committenza: contesto normativo e modelli organizzativi

Nell’ambito del mercato dei servizi, il Codice degli appalti – recependo la Direttiva 18/2004/CE – ha codificato la figura e il ruolo delle centrali di committenza. Nel pieno di una crisi che colpisce tutti i comparti del Paese, il processo di centralizzazione degli acquisti di servizi pubblici coinvolge ormai tutte le Regioni nel tentativo di riduzione della spesa,di efficienza nella gestione di procedure complesse,di standardizzazione dei servizi acquisiti e trasparenza nella gestione degli appalti.

 

L’istituto delle centrali di committenza

 L’attuale crisi economico-finanziaria ha aperto un ciclo dominato da un forte stress fiscale, che sta imponendo sforzi ingenti di riduzione della spesa pubblica: in questo contesto la spesa per l’acquisto di beni e servizi è chiamata a fornire più che mai il suo contributo.

Si tratta, peraltro, di un’esigenza che ha assunto rilevanza diretta a livello europeo. Il precedente Governo, infatti, in considerazione del fatto che le politiche di razionalizzazione nell’uso delle risorse pubbliche possono concorrere alla creazione delle condizioni strutturali necessarie alla crescita ed alla risoluzione delle difficoltà economiche e finanziarie, si è impegnato a realizzare, in tempi brevi, la diffusione di processi specificamente orientati in tal senso.

Nel diritto interno e con riferimento al settore degli acquisti di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, questa esigenza è perseguita anche attraverso la disciplina e la promozione delle centrali di committenza, quali modelli organizzativi applicabili ai diversi livelli di governo del nostro sistema.

Inizialmente prevista al solo livello comunitario, la figura delle centrali di committenza è stata regolata dal D.Lgs 163/ 2006 (c.d. Codice dei contratti) e, quasi contestualmente, da alcune leggi finanziarie. A seguito della riforma costituzionale del 2001, l’utilizzo delle centrali così come, più in generale, il processo di centralizzazione degli acquisti pubblici, è stato influenzato dal principio di leale collaborazione tra livelli di governo, cardine delle relazioni ordinamentali fondate sul novellato art. 118 della Costituzione: uno dei frutti più evidenti di questa impostazione è il celere avvio del processo di attuazione del Sistema a rete previsto dalla legge finanziaria 2007.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il quadro normativo: aspetti generali

 

La Direttiva 18/2004/CE, che ha disciplinato per la prima volta le centrali di committenza a livello comunitario, ha rilevato che la loro presenza in alcuni Stati membri, comportando la centralizzazione degli acquisti in capo a una sola amministrazione aggiudicatrice, ha prodotto “un aumento della concorrenza e dell’efficacia della commessa pubblica” (considerando 15).

Secondo tale norma, “Una centrale di committenza è un’amministrazione aggiudicatrice che: acquista forniture e/o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici” (art. 1, par. 10).

Questa definizione è stata ripresa dal Codice dei contratti (in specie, dall’art. 3, co. 34, del D.Lgs. 163/2006), ma già alcuni mesi prima, la legge finanziaria 2006 aveva previsto che le aggregazioni di enti locali o di enti decentrati di spesa potessero espletare la funzione di centrali di committenza in favore delle amministrazioni ed enti regionali o locali con sede nel medesimo ambito territoriale.

Alle centrali di committenza territoriali veniva, inoltre, assegnato il compito di operare valutazioni in ordine all’uso delle convenzioni stipulate o degli acquisti effettuati ai fini del rispetto dei parametri di qualità e prezzo imposti da Consip (vedi in proposito L. 266/2005 art. 1, co. 157 e 158).

Successivamente, la legge finanziaria 2007 ha disposto che, ai fini del contenimento e della razionalizzazione della spesa pubblica effettuata per gli approvvigionamenti, le Regioni potessero costituire, anche associandosi tra loro, centrali di committenza operanti sul modello delineato dal Codice degli appalti e aventi come destinatari le amministrazioni e gli enti (anche del Servizio Sanitario Nazionale) con sede sul territorio regionale (vedi L. 296/2006 art. 1, co. 455).

Tra i due modelli indicati dal Codice dei contratti, quest’ultima norma in questione ha prediletto quello più simile al modello Consip ovvero una centrale di committenza deputata a stipulare convenzioni di acquisto con i fornitori, alle quali poi accedono, secondo i loro interessi specifici, le amministrazioni territoriali interessate (L. 296/2006 art. 1, co. 455).

Recentemente, sono inoltre state emanate alcune norme volte a valorizzare il ruolo delle centrali di committenza nella fase di esecuzione del contratto.

Ci si riferisce, in specie, al Regolamento di esecuzione del Codice degli appalti (D.P.R. 207/2010), che contiene alcune previsioni espressamente riferite alle centrali di committenza. 

In primo luogo, l’art. 274 del Regolamento, nel prevedere la figura del responsabile del procedimento negli acquisti tramite centrali di committenza, dispone che queste possano acquisire in via telematica dati, informazioni e documentazione in ordine alla fase di esecuzione del contratto, anche in rapporto alle modalità tecniche e procedurali per la qualificazione dei contraenti generali. Il successivo art. 312 stabilisce, invece che, fermi gli obblighi vigenti in capo alle stazioni appaltanti, “le centrali di committenza possono svolgere attività di supervisione e controllo…al fine di accertare la piena e corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali rese dall’affidatario a favore delle stazioni appaltanti”.

Inoltre, se il direttore dell’esecuzione ha contestato un grave inadempimento contrattuale o, a seguito di verifica, le prestazioni sono state dichiarate non collaudabili, le centrali possono disporre la risoluzione del rapporto con l’affidatario e procedere alla aggiudicazione al soggetto che segue in graduatoria.

 

Il rapporto tra centrali di committenza

e stazioni uniche appaltanti (SUA)

 

La L. 136/2010, nell’ambito del Piano straordinario contro le mafie, ha promosso “l’istituzione, in ambito regionale, di una o più stazioni uniche appaltanti (SUA), al fine di assicurare la trasparenza, la regolarità e l’economicità della gestione dei contratti pubblici e di prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose”. In sua attuazione è stato emanato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 giugno 2011, che reca alcune indicazioni circa i caratteri propri delle SUA. Nel dettaglio, il suddetto regolamento stabilisce che le SUA hanno natura giuridica di centrale di committenza. Ciò vuol dire che alle stesse possono essere applicate le norme suesposte specificamente dedicate a tale modello giuridico e che, come meglio si vedrà nell’analisi delle centrali esistenti a livello regionale, non si hanno stringenti vincoli riguardo alla forma organizzativa che le SUA debbono assumere. Piuttosto, come nell’ipotesi di centrali non SUA (perché preesistenti o perché costituite al di fuori delle disposizioni in esame che, si ricorda, hanno carattere promozionale e non cogente), spetta all’autonomia dell’amministrazione interessata individuare il miglior modello strutturale attraverso cui dar vita alla stazione appaltante.

Il regolamento contiene, invece, una disposizione di interesse riguardo ai compiti delle SUA, laddove prevede che le stesse curino la gestione della procedura di gara, collaborando con gli enti aderenti, nonché l’aggiudicazione di contratti pubblici di lavori, di servizi e di forniture in ambito regionale, provinciale ed interprovinciale, comunale ed intercomunale. Si apre così alla possibilità che il modello della centrale non sia limitato alle sole procedure di acquisto di beni e servizi, potendo essere di ausilio all’amministrazione o alle amministrazioni coinvolte anche in relazione alla gestione delle procedure finalizzate alla realizzazione di lavori pubblici.

Infine, su richiesta delle Prefetture territorialmente competenti, le SUA devono fornire ogni dato e informazione utili ai fini di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata. Questa funzione è di evidente ausilio al sistema di prevenzione e repressione di condotte illegali, anche in rapporto alla facoltà per le medesime Prefetture di acquisire, attraverso un solo referente, le informazioni ed i dati inerenti a più appalti pubblici svolti nel medesimo ambito regionale.

È bene ricordare, in generale, che il modello delle SUA non è nuovo nel nostro ordinamento: infatti, la L. 26/2007 della Regione Calabria aveva già istituito un’autorità regionale con funzioni simili e non mancano all’attivo esperienze anche di livello infraregionale, come nel caso della SUA istituita nell’ambito della Provincia di Crotone.

 

Le novità della manovra estiva 2011

 

Le centrali di committenza sono oggetto anche di alcune disposizioni contenute nei provvedimenti della manovra finanziaria per il periodo 2012-2014, il che conferma il ruolo fondamentale riconosciuto alla razionalizzazione della spesa per  l’acquisto  di beni e servizi in relazione al perseguimento degli obiettivi di  finanza  pubblica

Ad esempio, l’art. 11 del D.L. 98/2011 (convertito dalla L. 111/2011) prevede l’avvio, da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di un piano volto all’ampliamento della quota  di  spesa  per  gli acquisti di beni  e  servizi  gestita  attraverso  gli  strumenti  di centralizzazione nel contesto del sistema a rete. A tal fine, viene disposta la pubblicazione, con cadenza trimestrale, delle categorie merceologiche oggetto del suddetto piano sul sito www.acquistinretepa.it nonché il rafforzamento del ruolo di Consip nel supporto alla razionalizzazione dei processi di approvvigionamento. È, inoltre, perseguita la finalità di incentivare gli acquisti in via telematica attraverso la messa a disposizione, nel “Sistema a rete” e per i soggetti istituzionali ivi operanti, del sistema informatico di negoziazione in riuso del Ministero  dell’Economia  e  delle  Finanze.

L’art. 23, co. 5, del D.L. 201/2011 (c.d. decreto “salva Italia”, convertito dalla L. 241/2011) ha, invece, previsto una nuova modalità di gestione accentrata degli appalti per i Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia. In tali ipotesi, a partire dal 31 marzo 2012, alle amministrazioni comunali viene imposto di avvalersi di una centrale di committenza unica per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture. Le modalità concrete attraverso cui il processo deve svilupparsi sono due: i Comuni possono avvalersi delle unioni dei Comuni già esistenti o, in alternativa, possono sottoscrivere un apposito accordo consortile dando così vita ad un nuovo soggetto giuridico sulla base delle regole indicate a questo proposito dal D.Lgs. 267/2000 (c.d. testo unico sull’ordinamento degli enti locali – TUEL).

La disposizione deve essere letta congiuntamente ad altri interventi volti a razionalizzare l’organizzazione dei Comuni di piccole dimensioni a fini di contenimento della spesa pubblica e attraverso i quali sono state imposte forme di gestione associata obbligatoria delle funzioni e dei servizi come ad esempio l’art. 14, co. 28, del D.L. n. 78/2010 e l’art. 16 co. 4 e ss. del D.L. n. 138/2011.

Nelle richiamate previsioni, tuttavia, il legislatore ha espresso un “favor”, tra le forme associative previste dal TUEL per le convenzioni e le unioni di Comuni, mentre in questo caso in controtendenza con quanto  disposto sulla soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali dall’art. 2, co. 186, della L. 191/2009, si prevede anche la possibilità di gestione consortile. La concreta attuazione della disposizione richiamata non appare semplice. Di ciò pare essersi accorto lo stesso legislatore che con il D.L. n. 216 del 2011 (convertito dalla legge n. 14 del 2012) ha prorogato di un anno il termine di operatività della previsione, inizialmente indicato nel 31 marzo 2012.

 

Il “Sistema a rete”

 

L’attuazione del “Sistema a rete” è condizione necessaria per il corretto ed efficace funzionamento del disegno legislativo sinora descritto.

Il Sistema è stato disciplinato per la prima vota dalla legge finanziaria 2007, a mente della quale  “Le centrali regionali e la Consip spa costituiscono un sistema a rete, perseguendo l’armonizzazione dei piani di razionalizzazione della spesa e realizzando sinergie nell’utilizzo degli strumenti informatici per l’acquisto di beni e servizi” (L. 296/2006 art. 1, co. 457).

Il primo atto adottato per l’attuazione del “Sistema a rete” è stato l’Accordo Stato-Regioni del 24 gennaio 2008. Il documento richiama la necessità di predisporre un piano integrato di sviluppo della rete per l’acquisto di beni e servizi, che tenga conto del precetto normativo ma lo integri con uno studio sia dei modelli territoriali già operanti, sia di quelli in via di costituzione, così da puntare ad un’armonizzazione complessiva delle funzioni svolte dalle diverse centrali di committenza.

A distanza di tre anni dai primi accordi volti a costituire il “Sistema a rete”, l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori servizi e forniture (AVCP) ha rilevato un sensibile ritardo nel quadro di attuazione del progetto rispetto al piano previsto. Almeno in parte, il ritardo pare dovuto ai tempi occorsi per la nomina dei nuovi rappresentanti del Governo a seguito dell’avvio della XVI Legislatura. Il differimento nell’attuazione delle fasi previste, tuttavia, “può evidentemente contribuire a ridurre fortemente i possibili impatti positivi attribuiti dalla legge alla messa a regime del sistema” (v. “Censimento ed analisi dell’attività contrattuale svolta nel biennio 2007-2008 dalle Centrali di Committenza Regionali e verifica dello stato di attuazione del sistema a rete”, 27-28 gennaio 2010, p. 10).

 

L’esercizio dell’autonomia regionale

e i modelli organizzativi

 

In tale contesto normativo, le Regioni hanno sfruttato pienamente la propria autonomia legislativa e organizzativa, emanando numerose leggi volte a definire modelli di centralizzazione degli acquisti.

Guardando alla data istitutiva delle centrali di committenza regionali si nota che alcune sono state istituite prima della Direttiva 2004/18 e del Codice dei contratti e che alcune Regioni hanno adottato strumenti di centralizzazione degli acquisti anche prima del 2001.

Ciò dimostra che la spinta nella centralizzazione della funzione acquisti non è direttamente connessa al rinnovato assetto dei poteri legislativi derivante dalla riforma del Titolo V, che in molti ambiti ha spinto le Regioni a legiferare per affermare i propri spazi di autonomia: rilevano piuttosto le esigenze di contenimento della spesa pubblica comuni a tutti i livelli territoriali nonché di razionalizzazione organizzativa e di semplificazione procedurale.

I modelli di centralizzazione degli acquisti adottati nei sistemi regionali  presentano forti diversità da territorio a territorio. Analizzando il grado di strutturazione prescelto per l’organizzazione della funzione acquisti, si riscontrano:

  • modelli “leggeri” in cui i soggetti istituzionali operano sulla base di accordi e convenzioni, sfruttando anche alcune delle forme associative previste dal Testo unico sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs.  267/00), come ad esempio i consorzi;
  • modelli in cui l’amministrazione regionale ha deliberato l’istituzione di un nuovo soggetto giuridico cui imputare l’esercizio della funzione acquisti.

In entrambe le ipotesi, tuttavia, si rinvengono ulteriori modulazioni dell’assetto organizzativo che poggiano sulla distinzione tra esercizio associato delle attività di approvvigionamento senza costituzione di un soggetto ad hoc e svolgimento delle stesse con imputazione ad un soggetto appositamente costituito.

Quindi, costruendo una scala atta ad indicare il grado di esternalizzazione della funzione acquisti rispetto all’organigramma dell’amministrazione regionale, è possibile individuare:

  • uffici regionali che, in diverso modo, svolgono funzioni di aggregazione della domanda di più amministrazioni presenti sul territorio;
  • uffici regionali o altri soggetti giuridici (spa) che svolgono la medesima funzione aggregativa ma attraverso l’esercizio di gare sulla base di piattaforme telematiche poste a servizio delle amministrazioni interessate;
  • amministrazioni (spesso afferenti al SSN) che, sulla base di specifici accordi o convenzioni, svolgono gare quali consorzi di acquisto, individuando tra di esse una SUA;
  • consorzi o agenzie regionali, formalmente esterne rispetto all’organigramma della Regione di riferimento, ma prive di personalità giuridica e strettamente dipendenti dalla Regione;
  • società per azioni, a capitale interamente regionale, operanti secondo logiche e regole privatistiche.

Sotto il profilo della natura giuridica, i modelli prescelti dalle Regioni italiane possono tutti essere ricondotti alla nozione di centrale di committenza indicata dal Codice degli appalti.

Se, però, si esamina il grado di esternalizzazione della funzione, emerge che non paiono presentarsi forme di esternalizzazione “forte”: in nessuna ipotesi, infatti, la competenza sugli approvvigionamenti di beni e servizi è affidata a soggetti formalmente e sostanzialmente distinti dalla stessa Regione. Si può piuttosto parlare di esternalizzazione “debole”, specie per i casi in cui la scelta del modello giuridico risponde all’obiettivo di trasferire all’esterno del plesso organizzativo la funzione acquisti, imputandola però a soggetti strettamente controllati dall’amministrazione regionale. Peraltro, se non si ha la costituzione di un nuovo soggetto giuridico ma si procede mediante la costruzione di rapporti collaborativi e cooperativi tra più amministrazioni, sulla base di appositi atti consensuali, non può parlarsi di vera e propria esternalizzazione. Vi è, inoltre, una significativa differenza nelle ipotesi in cui la funzione acquisti è svolta a mezzo di consorzi e agenzie regionali oppure mediante società per azioni: solo nelle seconde, infatti, la centrale è sicuramente dotata di personalità giuridica nonché di ampia autonomia organizzativa e gestionale; nei primi deve, invece, essere effettuata una verifica caso per caso.

D’altro canto, anche in presenza di forme giuridiche più strutturate, si tratta di società per azioni a totale partecipazione pubblica riconducibili sostanzialmente al modello in house e condizionate dal possesso dei requisiti prescritti dal diritto comunitario: partecipazione pubblica totalitaria, soggezione al controllo analogo svolto sugli uffici dell’ente proprietario e obbligo di svolgere la parte prevalente dell’attività in suo favore.

 

Problemi aperti

e prospettive di sviluppo

 

L’analisi dei modelli adottati dalle Regioni per la centralizzazione degli acquisti evidenzia una crescente diffusione delle centrali di committenza. In proposito è possibile formulare alcune osservazioni.

In primo luogo, la costituzione di centrali di committenza regionali non presuppone l’individuazione di una forma giuridica autonoma e, dunque, una collocazione esterna della centrale rispetto all’organigramma della Regione di riferimento. Nonostante ciò, si deve considerare che sta comunque emergendo la tendenza all’affidamento della funzione acquisti a soggetti esterni all’organizzazione amministrativa regionale oppure a soggetti giuridici già esistenti, in diverso modo controllati dall’ente regionale.

In secondo luogo, con riferimento al modello giuridico prescelto spesso le competenze di gestione centralizzata sono attribuite a soggetti già esistenti e dotati di due caratteri ricorrenti: la forma societaria e lo svolgimento di funzioni principali ultronee rispetto a quelle relative agli acquisti di beni e servizi. Nel secondo caso, le Regioni si sono avvalse di società che già si occupavano di innovazione tecnologica e, in tal modo, è stato possibile ottenere tempi brevi per la realizzazione dei progetti di centralizzazione e minimizzare i costi infrastrutturali derivanti dalla costruzione delle architetture poste a base dei nuovi sistemi di procurement.

In terzo luogo, i sistemi regionali nei quali si è deliberato l’avvio di forme di centralizzazione sono giunti alla formalizzazione definitiva ed alla messa in esercizio permanente del modello dopo sperimentazioni pluriennali. Ne è conseguita, specialmente negli anni più recenti, la constatazione di assetti regionali in rapido quanto continuo mutamento, secondo caratteri diversi rispetto alle frequenti modifiche normative intervenute a livello statale con riguardo al sistema Consip: la sequenza di provvedimenti emanati è stata, infatti, funzionale ad accompagnare l’andamento dei processi sperimentali volti alla misurazione dei costi e dei benefici nell’opzione di centralizzazione prescelta, prima di sancirne l’adozione definitiva.

Si tratta di una pratica lodevole, non comune ai processi di esternalizzazione che le amministrazioni pubbliche pongono in essere, nei quali è frequente l’assenza di sperimentazioni prospettiche che indichino i possibili effetti del mutamento organizzativo sull’assetto dell’istituzione coinvolta: le scelte sinora adottate dalle Regioni sono, quindi, un buon punto di partenza per la trasposizione di soluzioni efficaci anche ad altri ambiti di governo.

 

——————————————————————-

Riferimenti bibliografici

 

–      R. Caranta, Le centrali di committenza, in R. Garofoli, M. A. Sandulli (a cura di), Il nuovo diritto degli appalti pubblici nella direttiva 2004/18/CE e nella legge comunitaria n. 62/2005, Milano, Giuffrè, 2005;

–      L. Fiorentino, Le centrali di committenza, in L. Fiorentino, C. Lacava (a cura di), Le nuove direttive europee sugli appalti pubblici, Milano, Ipsoa, 2004;

–      L. Fiorentino (a cura di), Lo Stato compratore. L’acquisto di beni e servizi nelle pubbliche amministrazioni, Bologna, Il Mulino, 2007;

–      L. Fiorentino (a cura di), Gli acquisti delle amministrazioni pubbliche nella Repubblica federale, Bologna, Il Mulino, 2011;

–      V. D. Sciancalepore, R. Tomei, Centrali di committenza, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, Utet, 2000.

 

——————————————————————

Francesca Di Lascio – Docente Università “Roma Tre”

 

CONTENUTI SUGGERITI